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Florence e gli altri asteroidi che "sfiorano" la Terra

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Un asteroide passa vicino alla Terra. Credit: ESA / P. CARRIL.

Non è certo una novità che un asteroide, nel corso della sua orbita, finisca col ronzare dalle parti del nostro pianeta. Finché in questo passaggio mantiene le dovute distanze, la Terra e i suoi abitanti non corrono alcun rischio. Anzi, il passaggio può costituire una ghiotta occasione per sapere qualcosa di più della popolazione di questi corpi celesti potenzialmente pericolosi. Proprio quanto è capitato lo scorso 1° settembre, quando l’asteroide 3122 Florence è passato a circa 7 milioni di chilometri dalla Terra.

Una compagnia numerosa

Florence venne scoperto il 2 marzo 1981 da Schelte John Bus scrutando i cieli australiani di Siding Spring. Al momento di scegliere quale nome sostituire all’asettico 1981 ET3 con il quale era stato codificato alla scoperta, Bus ebbe l’ottima idea di proporre quello di Florence Nightingale, l'infermiera britannica considerata la fondatrice dell'assistenza infermieristica moderna.

L’asteroide percorre un’orbita molto ellittica che, nel punto di massimo allontanamento, lo conduce fino a 2,5 unità astronomiche di distanza dal Sole, ma al suo perielio lo fa veleggiare solamente a una unità astronomica dalla nostra stella. Peccato, però, che quest’ultima distanza sia anche quella che mediamente caratterizza l’orbita della Terra, con l’inevitabile conseguenza che Florence passi periodicamente a farci un saluto ravvicinato. Nell’ultimo suo appuntamento con la Terra, lo scorso 1° settembre, ci è passato abbastanza vicino, transitando a circa 18 volte la distanza Terra-Luna. Nessun rischio che le due orbite si incrocino, ma sul fatto che non possa succedere in un lontano futuro non abbiamo certezze.

Florence non è un caso isolato. Attualmente (dati di metà settembre) sono circa 16500 gli oggetti conosciuti che periodicamente ronzano dalle parti della Terra, ma il numero è in continua crescita. Gli astronomi li chiamano NEO (Near Earth Object) e le loro orbite sono costantemente tenute sotto controllo, segnalando opportunamente i loro passaggi nei pressi del pianeta.

Diagramma dei NEO noti al 22 settembre 2017 raggruppati secondo la stima del loro diametro. A questo proposito, è opportuno ricordare che le nostre stime delle dimensioni di un oggetto si basano sulla sua luminosità, cioè su quanta luce solare l’asteroide riflette, e sulla sua possibile composizione superficiale, cioè sulla sua capacità di riflettere la luce. Questo spiega perché, generalmente, di un NEO non è possibile indicare le dimensioni in modo assolutamente preciso. Preoccupante notare che vi sono ben 881 oggetti caratterizzati da dimensioni superiori al chilometro.

In base alle caratteristiche della loro orbita, i NEO sono stati catalogati dagli astronomi in differenti gruppi dinamici; inoltre, visto che non tutti hanno lo stesso grado di potenziale pericolosità per la Terra e i suoi abitanti, è stata introdotta una classe particolare per catalogare i più problematici. Chiamati collettivamente con l’acronimoPHA (Potentially Hazardous Asteroids), gli oggetti catalogati in questa classe sono considerati pericolosi o per le loro dimensioni (diametro di almeno 150 metri) o perché transitano a meno di 7 milioni e mezzo di chilometri dalla Terra. Per chi vuole spulciare l’elenco aggiornato, lo trova a questa pagina del sito del Minor Planet Center.

Con i suoi 4,5 chilometri di diametro, Florence appartiene a pieno titolo alla classe dei PHA e il suo passaggio del mese scorso costituisce un autentico record per un oggetto di quella stazza. Da quando gli astronomi tengono sotto controllo i NEO, infatti, mai nessun asteroide delle dimensioni di Florence ci era passato così vicino. Gli astronomi hanno dunque approfittato dell’occasione per mettere in campo una serie di dettagliate osservazioni radar dell’asteroide.

L’occhio del radar

Nonostante le dimensioni di Florence, la sua distanza dalla Terra non permetteva di intraprendere osservazioni telescopiche molto differenti da quelle già effettuate in passato. Lo studio delle sue variazioni di luminosità, infatti, già ci aveva suggerito che ci trovavamo in presenza di un’autentica trottola spaziale, in grado di compiere una rotazione completa in neppure due ore e mezza. In casi simili, però, risulta decisamente redditizia la tecnica radar, usata già più volte e con notevole successo in occasione dei passaggi ravvicinati dei NEO.

Sono dunque scesi in campo sia la parabola da 70 metri di Goldstone, nel deserto del Mojave, sia la grande antenna di Arecibo, sull’isola di Porto Rico, dal diametro di oltre 300 metri. I radar hanno tenuto d’occhio Florence dalla fine di agosto fino ai primi giorni di settembre e ci hanno svelato alcune caratteristiche davvero importanti.

Non solo, infatti, ci hanno confermato che si tratta di un oggetto grossomodo sferico in rapida rotazione, ma hanno anche svelato la presenza di due satelliti. Florence, dunque sarebbe un oggetto triplo, una vera rarità visto che tra tutti i NEO conosciuti ve ne sono solamente altri due (anch’essi smascherati da osservazioni radar).

Immagini radar ottenute presso l'Osservatorio di Arecibo il 4 settembre. Ognuna delle cinque immagini accostate mostra Florence e le due lune in momenti diversi nell'arco di 2 ore e mezza. A causa del loro moto intorno al corpo centrale, le lune appaiono come sottili linee verticali che cambiano di posizione nel corso del tempo. Su Florence sono visibili molte caratteristiche superficiali che cambiano di posizione man mano che l’asteroide ruota. La risoluzione dell'immagine è di 15 metri.

Le dimensioni dei due satelliti non sono ancora state determinate con precisione, ma si aggirerebbero tra i 180 e i 240 metri per quello più interno e tra i 300 e i 360 metri per quello esterno. Incerto anche quanto tempo impieghino le due lune a orbitare intorno a Florence, anche se gli astronomi ritengono possa essere tra le 7 e le 8 ore per il satellite più vicino e tra le 21 e le 23 ore per quello più distante. Senza dubbio gli astronomi proveranno a ricostruire con simulazioni computerizzate i possibili scenari dinamici che hanno immesso quelle due lune in orbita attorno a Florence e sarà molto interessante vedere come nei vari scenari verrà considerata l’elevata velocità di rotazione dell’asteroide. Oltre che essere la diretta conseguenza di un impatto, infatti, potrebbe suggerire la possibilità, in presenza di una struttura non monolitica, che si sia verificata una parziale frammentazione del corpo principale.

Oltre alle due lune, le immagini radar hanno mostrato la presenza di una sorta di dorsale lungo l’equatore di Florence e di alcune discontinuità sulla sua superficie: almeno un grande cratere da impatto, due ampie regioni pianeggianti e numerose altre piccole particolarità topografiche. Una superficie non dissimile, insomma, da quella degli altri oggetti asteroidali visitati da una sonda.

Informazioni senza dubbio molto importanti, ma non è da escludere che l’analisi approfondita dei dati raccolti possa fornire agli astronomi anche preziose indicazioni per derivare il dato fisico che forse più desiderano, vale a dire quello della densità di Florence. Se, per esempio, per il satellite più interno venisse confermato un periodo orbitale di 7 ore, la densità di Florence sarebbe estremamente bassa, segno di una struttura sostanzialmente porosa. Poter conoscere la corretta densità dell’asteroide permetterebbe non solo di avanzare ipotesi attendibili sulla sua struttura interna, ma anche di scegliere l’opportuna strategia difensiva nel caso in cui, in un lontano futuro, l’umanità dovesse difendersi dalla sua invadenza.

Un'altra visita…

Una ventina di giorni dopo il passaggio di Florence, nei pressi del nostro pianeta è transitato anche un altro oggetto, tanto minuscolo e innocuo quanto importante. Alle 18:52 (ora italiana) del 22 settembre, infatti, la sonda OSIRIS-REx (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security - Regolith Explorer) ha effettuato un flyby con la Terra per modificare la sua orbita e dirigersi verso il suo obiettivo: il NEO 101955 Bennu. Già che c’era, la sonda ha approfittato del sorvolo per mettere in funzione i suoi strumenti e puntarli verso Terra, quasi una prova generale di quanto dovrà fare a partire dal prossimo agosto.

Lanciata l’8 settembre 2016 dalla base di Cape Canaveral, infatti, la sonda ha come primo compito un accurato studio di Bennu sia dal punto di vista fisico che da quello chimico. Una volta accumulato il necessario bagaglio di conoscenze, nel luglio 2020 è previsto che, con una ardita manovra, la sonda si abbassi nell’immediata prossimità della superficie dell’asteroide e con un apposito dispositivo, il Touch-And-Go Sample Acquisition Mechanism (TAGSAM), raccolga un campione della sua polvere. Dopo aver custodito con estrema cura quel prezioso materiale all’interno di un’apposita capsula, il 24 settembre 2023 OSIRIS-REx provvederà a recapitarlo a Terra, facendo atterrare la capsula in Utah.

Il momento del distacco dalla piattaforma di lancio di Cape Canaveral del razzo Atlas V 411 che trasporta la sonda OSIRIS-REx. La sonda ha le dimensioni di un grosso armadio (2,4 x 2,4 x 3,4 metri) il cui peso, senza considerare il carburante, è di 880 kg. In configurazione di volo, una volta dispiegati i pannelli solari, la sonda ha una lunghezza di oltre 6 metri. (Crediti: United Launch Alliance)

Lo studio dettagliato di Bennu segnerà un ulteriore fondamentale capitolo della nostra conoscenza dei NEO. Pur essendo molto più piccolo di Florence – il diametro medio di Bennu si aggira intorno ai 550 metri – questo NEO desta qualche preoccupazione. La sua orbita, infatti, lo conduce ad avere ripetuti incontri con il nostro pianeta e l’analisi dinamica ha portato nel 2009 Andrea Milani e collaboratori a pubblicare uno studio su Icarus in cui individuano una serie di otto potenziali impatti con la Terra tra il 2169 ed il 2199.

Ancora decisamente troppo presto per sapere quale sarà il destino del nostro pianeta in occasione di quegli otto passaggi da brivido (per il momento i dati in nostro possesso indicano che la probabilità complessiva di impatto è di 1 su 2700), ma cominciare ad affrontare con largo anticipo una potenziale emergenza futura non sarebbe affatto una cattiva idea.

 


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