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Fiocco rosa per Saturno?

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La scoperta, annunciata su Icarus con un articolo pubblicato online a fine marzo, è opera di Carl Murray e altri quattro astronomi della Queen Mary University di Londra e del Jet Propulsion Laboratory della NASA. Una sorpresa davvero inaspettata. Tanto che, nel comunicato stampa della NASA rilasciato il 14 aprile, Murray confida: “Nessuno di noi aveva mai visto nulla di simile. Potremmo trovarci a osservare il verificarsi di una nascita, quando un oggetto sta abbandonando gli anelli e si avvia a diventare una luna per proprio conto.

La scoperta è conseguenza dell'analisi di una immagine raccolta il 15 aprile dello scorso anno dallo strumento ISS (Imaging Science Subsystem) della sonda Cassini, dal 2004 in orbita nel sistema di Saturno. L'immagine era destinata allo studio di Prometeo, il piccolo e irregolare satellite che governa le complesse dinamiche dell'anello F di Saturno. In effetti, nell'immagine della Cassini si notano chiaramente la piccola luna e il tenue anello che si trova appena all'esterno del sistema principale degli anelli di Saturno. Ciò che ha attirato l'attenzione degli astronomi, però, è la piccola irregolarità che appare sul bordo dell'anello principale (il cosiddetto anello A).

Diciamo subito che non è quella irregolarità il nuovo satellite ipotizzato da Murray e collaboratori: quella è la sua impronta. Quell'arco luminoso lungo 1200 chilometri e largo una decina è infatti il risultato dell'azione gravitazionale esercitata da un piccolo oggetto sulle minuscole particelle ghiacciate che compongono gli anelli di Saturno. Battezzata provvisoriamente con il nome di Peggy, la piccola luna non sarebbe più grande di un chilometro e risulta dunque invisibile nelle immagini.

Immediatamente, Murray e il suo team hanno consultato precedenti immagini della Cassini alla ricerca di quella insolita struttura. Ne hanno così trovate un centinaio, raccolte tra il maggio 2012 e il novembre 2013. Anziché chiarirsi, però, il mistero intorno a quella curiosa protuberanza ha finito col diventare più fitto. Nelle immagini precedenti al gennaio 2013, infatti, compariva un solo oggetto, ma qualche mese dopo faceva capolino una seconda struttura, non più presente nei mesi successivi.

Davvero difficile ricostruire con certezza l'accaduto. Si possono infatti ipotizzare scenari molto differenti. Si potrebbe per esempio spiegare la doppia struttura con la drammatica frantumazione di un oggetto faticosamente aggregatosi dalle particelle ghiacciate dell'anello. Tale frantumazione potrebbe essere imputata a un violento impatto con un altro inquilino dell'anello, oppure alla potente azione gravitazionale di Saturno. La struttura scoperta da Murray, insomma, sarebbe innescata da un frammento per il momento sopravvissuto a quell'ambiente decisamente ostile. Niente fiocco rosa per Peggy, dunque, ma - come simpaticamente suggerisce Phil Plait nel suo blog - l'ennesima riproposizione del mito di Saturno-Crono che divora i suoi figli.

Perfettamente lecito, però, uno scenario decisamente differente e meno drammatico, nel quale i fiocchi da appendere alla porta sarebbero addirittura due. Da qualche anno, infatti, alcuni astronomi suggeriscono che la struttura degli anelli di Saturno, oltre ad avere la sua origine nella distruzione di satelliti, potrebbe a sua volta diventare l'ambiente della loro rinascita. Nel 2010, sulle pagine di Nature, Sébastien Charnoz e Julien Salmon del Laboratoire AIM e Aurélien Crida dell'Università di Cambridge hanno presentato una serie di simulazioni che suggeriscono come all'interno del sistema di anelli di Saturno possano formarsi nuove piccole lune destinate, una volta espulse all'esterno, ad avere vita autonoma. Un anno più tardi, gli stessi tre ricercatori in collaborazione con altri astronomi hanno pubblicato su Icarus un nuovo studio in cui concludono che un simile meccanismo di creazione di satelliti possa essere stato estremamente efficiente e importante in passato, quando gli anelli erano molto più densi e ricchi di materiale (qui si può leggere il paper completo).

Oggi un simile meccanismo sarebbe decisamente meno efficiente, ma pur sempre possibile. E Peggy ne sarebbe la prova concreta. L'ottimismo potrebbe spingerci anche più in là. Perfettamente lecito, infatti, ipotizzare che anche la seconda struttura osservata nelle immagini della Cassini e successivamente scomparsa possa essere anch'essa ricondotta a una piccola luna che ha ormai abbandonato l'ambiente in cui è nata e ora orbita per conto suo. Inutile, comunque, provare a scorgere le due lune neonate nelle immagini che ci giungono da Saturno, sono troppo minuscole.


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