fbpx Dezinformatsiya: la militarizzazione dell’informazione | Scienza in rete

Dezinformatsiya: la militarizzazione dell’informazione

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

A pochi giorni dall'invasione russa dell'Ucraina, internet è pieno di disinformazione sulla guerra. Gli account di Instagram, Twitter, TikTok, Telegram e altri sono stati inondati di informazioni fuorvianti e immagini manipolate che pretendono di mostrare come si sta svolgendo l'attacco russo in Ucraina. Normalmente in guerra si usa la propaganda, e non si può escludere che manipolazioni ed enfatizzazioni di quanto sta realmente succedendo sul campo siano in gioco anche in questa guerra su entrambi i fronti. Tuttavia, molte fonti specializzate nello studio della disinformazione bellica stanno documentando come gli apparati russi stiano usando la disinformazione in modo sistematico come un'arma. Non è un segreto che la Russia ha usato per decenni campagne mirate di propaganda e disinformazione, targettizzando Europa, Stati Uniti e Canada. Marcus Kolga, fondatore di DisinfoWatch.org, afferma che molti di questi sforzi sono dedicati agli obiettivi primari del Cremlino: ricreare l'impero sovietico, proteggere il regime di Putin e preservare la sua sfera di influenza. «Vladimir Putin si impegna a usare la disinformazione, o come la chiamo io, la “guerra cognitiva”, per aiutare a consolidare e mantenere il suo potere. La sua posizione gli impone di presentare che c'è una minaccia costante per la Russia, che ci sono crisi costanti da cui solo Vladimir Putin può salvare il popolo russo».

Secondo Kolga, una delle narrazioni più comunemente utilizzate è l'idea che la Russia sia una vittima, questo è stato molto chiaro durante la crisi ucraina. Infatti, come pretesto per l'invasione, i disinformatori online filorussi hanno inondato Internet con immagini e video che raffigurano l'Ucraina come paese aggressore. Su Rossiya 1 e Channel One - i due canali più popolari della Russia, entrambi controllati dallo stato - le forze ucraine sono accusate di crimini di guerra nella regione del Donbas. La minaccia ai civili in Ucraina non viene dalle forze russe, ma dai "nazionalisti ucraini", dice il presentatore di Rossiya 1. «Usano i civili come scudo umano, posizionando deliberatamente i sistemi di attacco nelle zone residenziali e intensificando il bombardamento delle città del Donbas». Il presentatore di Channel One annuncia che le truppe ucraine «si stanno preparando a bombardare case residenziali» e a bombardare magazzini con ammoniaca, in «atti di provocazione contro i civili e le forze russe». Gli eventi in Ucraina non sono indicati come guerra. Invece, l'offensiva è descritta come un'operazione di smilitarizzazione che mira alle infrastrutture militari o una «speciale operazione [militare] per difendere le repubbliche popolari» . In tutta la TV controllata dallo stato, i presentatori e i corrispondenti usano un linguaggio emotivo e immagini per tracciare "paralleli storici" tra la "speciale operazione militare" della Russia in Ucraina e la lotta dell'Unione Sovietica contro la Germania nazista.

Questo tipo di retorica proviene «direttamente dalla bocca di Putin», secondo Frantisek Vrabel, il fondatore e CEO di Semantic Visions, con sede a Praga, che identifica la potenziale disinformazione basata sull'uso di modelli linguistici onlineI temi principali sono che i russi sono i liberatori e che c'è un genocidio in Ucraina». Un paese che secondo questa retorica, non solo è sanguinario e neonazista, ma che, secondo Putin, costituisce “un’invenzione della Russia Sovietica” e quindi una sua estensione, che non ha diritto di esistere se non come parte dei domini russi. L’Ucraina storicamente più antica di Kiev, scompare dai suoi discorsi, per divenire una provincia russa indisciplinata. Il Global Engagement Center del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, nel suo rapporto Pillars of Russia’s Disinformation and Propaganda Ecosystem afferma che ci sono in tutto 116 domini, che sono attivi nel portare avanti la propaganda filo-russa. Tra i tre siti più influenti si trovano Sputnik News, Russia Today e Tass. Queste affermazioni prive di fondamento sono poi riprese e amplificate dai media statali russi, il che dà loro ulteriore portata. Quando ci sono così tante informazioni false messe in giro, diventa difficile e dispendioso in termini di tempo passare al setaccio i fatti. In questo modo la popolazione russa «conosce soltanto questa propaganda e disinformazione, le quali finiscono per diventare la verità» afferma sempre Vrabel. Una verità che non può essere discussa: il governo russo ha chiuso i media indipendenti, come TV Rain e la stazione radio Eco di Mosca e ha arrestato oltre 6.000 manifestanti contro la guerra. I siti web del canale televisivo indipendente Dozhd e della popolare stazione radiofonica liberale Ekho Moskvy sono stati bloccati per presunti inviti all'estremismo e alla violenza, e per la «sistematica diffusione di false informazioni sulle attività dell'esercito russo».

Gli stessi bambini russi non sono esenti da questa retorica. Questa settimana, il ministero dell'istruzione russo ha fornito agli insegnanti "informazioni per una sessione di studi sociali". Da leggere ad alta voce nelle loro classi prima di proiettare un video del presidente Vladimir Putin. Se i bambini chiedono se la Russia è in guerra, gli insegnanti dovrebbero rispondere di no: sta conducendo una «operazione speciale di mantenimento della pace» per fermare un «incubo di genocidio» contro "milioni" di russi etnici e russofoni nelle regioni di Donetsk e Luhansk. La leadership russa «non ama fare guerre, creare conflitti e soccombere alle provocazioni», ha «fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi pacifici e politici» e «non ha intenzione di imporre niente a nessuno con la forza». Un numero crescente di giovani russi tende a ottenere le loro notizie da siti web indipendenti o dai social media, e più la guerra va avanti, più immagini e video di soldati morti e prigionieri di guerra stanno emergendo. Ma le autorità stanno rispondendo a questo e girando le viti sul reporting indipendente. Il 4 marzo, il parlamento russo ha approvato all'unanimità un progetto di legge che secondo i legislatori punirebbe le critiche che "screditano" le forze armate russe e la diffusione di "false informazioni" sulla guerra in Ucraina con un massimo di 15 anni di prigione. A tal riguardo, Putin afferma «Voglio che tutti capiscano, e che la società capisca, che stiamo facendo questo per proteggere i nostri soldati e ufficiali, e per proteggere la verità».

Oltre ad essere uno strumento di controllo interno, quest’arma viene applicata direttamente nel conflitto per influenzarne le sorti, cercando di “colpire” direttamente i soldati ucraini al fine di scoraggiarli e indurre la resa attraverso la disinformazione. Un funzionario degli Stati Uniti ha detto al Time in una dichiarazione di venerdì: «Le nostre informazioni indicano che la Russia sta diffondendo false narrazioni sulle truppe ucraine che si arrendono, comandanti che abbandonano le loro truppe, affermazioni di successi che in realtà non si sono verificati», aggiungendo che il Cremlino «minaccia di uccidere i familiari dei soldati ucraini se non si arrendono». L’obiettivo primario è seminare il panico e la confusione non solo tra i soldati ma anche tra i civili: numerosi ucraini hanno ricevuto sms sui loro telefoni che li avvisavano che i bancomat avevano smesso di funzionare, false affermazioni che sono state rapidamente dissipate dalla polizia informatica Ucraina. Questa tattiche non sono nuove, infatti la Russia le aveva già utilizzate nel 2014, sempre contro l’Ucraina, prendendo di mira le truppe ucraine che combattono i separatisti filorussi nella parte orientale del paese, con messaggi come «Andate via e vivrete», «Nessuno ha bisogno che i vostri figli diventino orfani» e «Soldati ucraini, troveranno i vostri corpi quando la neve si scioglie».

Una campagna di disinformazione che ha avuto una copertura globale grazie all’uso di chat di messaggistica criptata (per esempio Telegram), che sono decentralizzate e meno vincolate delle piattaforme di social media. «Le truppe russe hanno circondato Kiev. Zelensky potrebbe essere fuggito. La Russia non sta combattendo contro il popolo e l'esercito ucraino, ma contro i battaglioni nazisti e i mercenari stranieri», si legge in un messaggio che è stato inoltrato in decine di canali Telegram di destra statunitensi venerdì.

Strickland, direttore delle indagini presso il Centre for Information Resilience, un'organizzazione non profit con sede a Londra che controlla attivamente le campagne di disinformazione, conclude che «in ogni conflitto c'è una nebbia di guerra che colpisce tutti coloro che hanno accesso alle fonti di comunicazione», ha detto. «E al giorno d'oggi, questo significa tutti noi».

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Abbiamo diritto alla pace

Il diritto internazionale umanitario nei conflitti armati nasce ufficialmente nel 1864. Il giurista Lorenzo Gagliardi sostiene che la scienza giuridica è una disciplina che elabora il diritto in modo tale che l’interpretazione delle norme sia compiuta attraverso procedure logiche verificabili in ogni passaggio. Tutt'oggi, però, nessuna scienza sfugge a questa definizione più di quella del diritto umanitario.

In copertina: Minerva protegge la Pace da Marte, Rubens (1629). Crediti: Wikimedia Commons

Il 20 luglio 2023, il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha pubblicato il documento Una nuova agenda per la pace, che sollecitava gli Stati membri a lavorare per «Raggiungere l’universalità dei trattati che vietano le armi inumane e indiscriminate».

Vox clamantis in deserto: di lì a pochi mesi sarebbe giunta l'ennesima conferma che nel terzo millennio le guerre ancora spingono la loro crudeltà ben oltre il raggiungimento degli obiettivi militari, come hanno sempre fatto fin dal passato più remoto.