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Il data sharing può favorire il progresso scientifico

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Esiste ormai un ampio consenso  nella comunità scientifica sull’importanza  che la disponibilità integrale dei risultati della ricerca riveste ai fini della verifica di nuove ipotesi, del controllo di eventuali errori sperimentali, della validazione di nuovi strumenti d’analisi e della pianificazione di nuovi studi. In un solo concetto, per un più veloce progresso scientifico!
Tuttavia, manca ancora un passaggio essenziale per trasformare i buoni propositi in realtà: non sappiamo ancora quanto e come si condividono i nuovi risultati nei vari settori scientifici, due elementi la cui conoscenza è decisiva sia per mettere a fuoco i problemi che limitano la disponibilità di nuove conoscenze che per sviluppare nuove e più efficaci strategie di condivisione.

Lo studio dell’Università di Roma “La Sapienza”, pubblicato sul numero del 5 giugno 2012 dalla rivista Plos One, si muove in questa direzione. La ricerca si è concentrata sugli studi di genetica umana. La natura codificata dell’informazione genetica, la riproducibilità dei risultati e l’ampia disponibilità di portali e database online per l’archiviazione e la disseminazione dei dati fanno si che in questo settore sarebbe logico attendere un grado di condivisione non lontano dal 100%. Lo studio quindi, pur in mancanza di conoscenze complessive, puo’ fornire un prime elemento di valutazione della situazione generale nella ricerca scientifica. La ricerca ha analizzato 508 lavori scientifici pubblicati tra il 2008 e il 2011, mettendo in evidenza che una parte consistente dei dati, superiore a un quinto del totale,  non viene condivisa;  questo valore scende di poco (dal 21.9% al 16.6%) considerando anche le risposte degli autori interpellati nel corso dello studio. Importante è anche l’osservazione che il livello di condivisione non supera l’80% nemmeno  nelle riviste scientifiche più citate o le cui politiche editoriali raccomandano una disponibilità integrale dei dati.

E’ evidente allora quanto sia necessario attivare strategie che aumentino la propensione dei ricercatori a mettere a disposizione senza riserve i loro risultati perfino in uno dei  settori  la condivisione potrebbe essere “common-practice”.

Lo studio avanza allora 3 proposte, che possono essere probabilmente applicate  anche ad altre aree di ricerca. In primo luogo, è necessario che le riviste scientifiche considerino come uno step obbligatorio, piuttosto  che una semplice raccomandazione, il deposito dei risultati in database online liberamente fruibili e che assicurino anche  un controllo di qualità. Non meno importante sarà adattare le strategie ai problemi specifici di ogni  ambito di ricerca. La scarsa propensione alla condivisione dei dati in genetica medica osservata nel corso dello studio, molto inferiore rispetto a quanto accade in genetica forense o in genetica evoluzionistica, suggerisce quanto sia importante mitigare il potenziale conflitto d’interesse tra “data sharing” e l’alto  livello di competitività e  le possibilità  di sfruttamento commerciale di questo specifico campo.
Infine, come investimento a più lungo termine, occorre rendere pienamente consapevoli non solo gli studiosi ma anche l’opinione pubblica della necessità di sfruttare maggiormente le risorse dedicate alla ricerca scientifica. La ricerca ha permesso di stimare che una percentuale di risorse vicina al 30% del totale è stata impiegata per produrre risultati non condivisi. Vi sono quindi margini importanti su cui lavorare per ottimizzare il rapporto tra nuove acquisizioni e risorse impiegate, in modo da far progredire più velocemente le conoscenze scientifiche in genetica umana e, con ogni probabilità, in molti settori della ricerca. 

 

Lo studio, realizzato in collaborazione con l’Università di Cagliari e l’Istituto Italiano di Antropologia, ha utilizzato un protocollo creato ad hoc basato sull’utilizzo del popolare motore di ricerca PubMed mantenuto dalla  United States National Library of Medicine. Tassi e modalità di condivisione sono stati verificati sia attraverso l’ispezione dei contenuti delle pubblicazioni che mediante richieste specifiche agli autori dei lavori. Coerentemente con una filosofia “open data”, sono stati messi a disposizione non solo tutti i dati raccolti per verifiche e approfondimenti, ma anche gli strumenti per replicare facilmente lo studio in altri settori di ricerca.

Milia M, Congiu A, Anagnostou P, Montinaro F, Capocasa M, Sanna E & Destro-Bisol G. Mine, yours, ours? sharing data on human genetic variation. Plos One,  June 5th 2012. http://dx.plos.org/10.1371/journal.pone.0037552

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