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Dalla pandemia 2009 a Covid-19: non buttiamo via quanto abbiamo costruito

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Non siamo proprio degli sprovveduti nell'affrontare emergenze come quella di COVID-19. A patto, però, di non cancellare quanto già fatto in passato, e in particolare quanto messo a punto con la pandemia influenzale del 2009. Nell'immagine l'ingresso principale dell'Istituto Superiore di Sanità, il cui Centro di Epidemiologia è stato diretto da Stefania Salmaso fino al 2015

In questi giorni di emergenza Covid-19 mi sembra utile richiamare l’esperienza e la memoria di quanto già disponibile, tanto per rinfrancarci con l’idea che non siamo proprio degli sprovveduti nell’affrontare emergenze di questo tipo, a patto che non si rimuova quanto già fatto in passato. Mi riferisco in particolare a quanto già messo a punto per la pandemia influenzale del 2009 e purtroppo messo frettolosamente da parte dalle critiche di chi definì la pandemia “una bufala” montata per interessi privati.

Negli anni prima del 2009 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva richiesto a tutti i Paesi di mettere a punto e testare, per quanto possibile, piani di emergenza per fronteggiare una prossima pandemia e anche l’Italia aveva fatto i compiti diligentemente, con un piano nazionale discusso e concordato tra istituzioni nazionali e le Regioni e le Province Autonome, nell’ambito di un quadro di ruoli e responsabilità definite non solo dalle norme, ma anche da discussioni su tavoli tecnici, in cui, più che gli orientamenti politici, pesavano l’approccio razionale e la credibilità scientifica.

Per fronteggiare le epidemie con simulazioni e modelli previsionali, già nel 2005 si era costituito presso il CNESPS (Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) un gruppo di lavoro con esperti di diverse istituzioni (denominato EPICO) che sottolineava come “Le simulazioni effettuate indicano che è possibile mitigare l’effetto di una pandemia, ma solo associando gli interventi di prevenzione tra loro. È quindi necessaria una precisa organizzazione a livello territoriale e regionale, poiché tempistica e qualità degli interventi risultano essenziali” (1).

Al momento della dichiarazione di pandemia la macchina della risposta, preparata negli anni, si mise in moto anche in Italia e una nutrita batteria di sistemi integrati di sorveglianza epidemiologica (sorveglianza attiva dei casi importati e autoctoni, indagine epidemiologica dei casi confermati e dei contatti stretti, sorveglianza dei quadri clinici, sorveglianza dei casi gravi e dei decessi, monitoraggio degli accessi settimanali ai Pronto Soccorsi, monitoraggio di uso di farmaci anti-influenzali) (2) hanno fornito le informazioni fondamentali per alimentare i modelli usati per modulare la risposta sanitaria. E parlare di modelli matematici in questi contesti non è affatto teorico: con i modelli dell’epoca si erano disegnati gli scenari più probabili e su questi si era valutato l’impatto di ogni misura di contenimento e mitigazione, quali ad esempio la chiusura delle frontiere, la chiusura delle scuole, il carico di accessi agli ospedali.

La risposta molto articolata si avvaleva del precedente lavoro capillare di costruzione di un vero network di competenze epidemiologiche, nel tessuto dei servizi sanitari regionali e nei punti di riferimento nazionali. Il motto “se vuoi la pace, prepara la guerra” non è mai stato così vero. I pilastri della risposta avevano come fondamenta la buona scienza, per la quale il riconoscimento reciproco di capacità tra i diversi interlocutori istituzionali era determinante e la rete di operatori in ogni area del Paese, formati a svolgere indagini epidemiologiche e interventi di prevenzione.

Il buon approccio scientifico era sostenuto dal livello delle collaborazioni nazionali ed internazionali e testimoniato dalle pubblicazioni (3,4), i cui contenuti venivano diffusi tempestivamente anche su canali accessibili a tutti gli operatori sanitari, come per esempio il sito web EpiCentro (www.epicentro.iss.it ).

La rete di operatori, forza vitale per la promozione della salute di popolazione e supporto essenziale per la realizzazione delle indagini e interventi di popolazione, era costituita e alimentata da programmi realizzati nel corso di decadi, tra i quali un programma di formazione biennale di epidemiologia per gli operatori sanitari delle Regioni e PA, coordinato dal CNESPS, basato, oltre che sull’approccio metodologico, anche sulla conoscenza reciproca e sullo scambio di esperienze tra operatori di diverse aree e di diversi contesti.

Nonostante la preparazione, oppure proprio per quella, la risposta alla pandemia del 2009 fu giudicata sopra le righe e passato il primo momento di (ormai) consueto panico, l’osservazione di una minore pericolosità dell’infezione ha innescato le solite critiche e polemiche, tanto da minare la fiducia dell’opinione pubblica verso le istituzioni coinvolte e le autorità sanitarie. C’è stata fretta di bollare come sbagliata un’esperienza costruita su basi razionali e di dimenticare e quindi non mantenere aggiornati gli strumenti utilizzati all’epoca.

Nel corso del tempo i tagli lineari alla Sanità, operati dai governi di tutti i colori, hanno ridotto in modo indiscriminato la rete degli operatori, tralasciando il fatto che la salute della popolazione (e la sanità che se ne prende cura) è uno dei determinanti principali del benessere economico, di cui ora ci rendiamo conto. La discussione e il clima politico hanno di fatto depotenziato, tra gli altri, anche i tavoli tecnici di coordinamento per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, che sono stati preziosi ambiti di compensazione tra le spinte di autonomia e il centralismo. Il riordino dell’Istituto Superiore di Sanità ha inoltre cancellato il CNESPS, smembrando le sue competenze in settori specialistici e riducendo drasticamente la sua massa critica. Salvo ora rimpiangerne l’assenza…

Bisogna allora avere il coraggio di ricordare e imparare dall’esperienza per non ripartire sempre da zero.

 

Note

1) Scenari di diffusione e controllo di una pandemia influenzale in Italia: https://www.epicentro.iss.it/focus/flu_aviaria/modello

2) Ciofi degli Atti ML, Merler S, Rizzo C, Ajelli M, Massari M, Manfredi P, et al. (2008) Mitigation Measures for Pandemic Influenza in Italy: An Individual Based Model Considering Different Scenarios. PLoS ONE 3(3): e1790.

3) Istituto Superiore di Sanità “Sorveglianza epidemiologica integrata della pandemia influenzale da virus A/H1N1v nella stagione 2009-2010”. Caterina Rizzo, Antonino Bella, Silvia Declich, Maria Cristina Rota e il Gruppo di Lavoro Influenza Pandemica 2010, iv, 48 p. Rapporti ISTISAN 10/46

4) Ajelli M, Merler S, Pugliese A, Rizzo C. Model predictions and evaluation of possible control strategies for the 2009 A/H1N1v influenza pandemic in Italy. Epidemiol Infect 2011;139(1):68-79.

 


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