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CRISPR e le gemelle cinesi: rigore, please

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He Jiankui durante il secondo Summit internazionale sull’editing del genoma umano (Crediti: 湯惠芸/Wikimedia Commons. Licenza: pubblico dominio)

“Le forbici molecolari tagliano il DNA dovunque volete” scrivono Carafoli e Bucci. Sì, è proprio così: si possono rimuovere o inattivare geni, eliminare porzioni, o introdurne altre. E non c’è nessuna ragione, secondo me, per non ricorrere al gene editing se questo davvero sapesse eliminare tante tare ereditarie dalla faccia della Terra. Però, quando uno si mette a farlo, scopre che le cose sono molto più complesse e in fondo prima di discutere se lo si debba fare o no, gli scienziati – che poi siamo tutti noi – dovrebbero porsi il problema di saperlo fare, e di saperlo fare bene. Insomma, dobbiamo assicurarci che quello che vorremmo fare riusciamo a farlo davvero, senza creare problemi magari più gravi della malattia che vorremmo guarire.

Il caso delle gemelline cinesi è emblematico e allora vediamo che cosa sono riusciti a fare davvero He Jiankui e i suoi colleghi rispetto a quello che avrebbero voluto fare. L’idea dei ricercatori cinesi era (sembra) quella di proteggere le gemelline dal virus dell’HIV eliminando 32 paia di basi nel gene CCR5 tramite la tecnologia CRISPR. Però in una delle due gemelline, Lulu, uno dei due alleli è rimasto inalterato (da quello che si è capito dai risultati presentati da He Jiankui al meeting di Hong Kong per il secondo Summit internazionale sull’editing del genoma umano); nell’altro allele c’è stata davvero una delezione e proprio del gene CCR5, ma solo di 15 paia di basi. Questo basta a disattivare il gene? Forse no. E’ verosimile che si crei una proteina molto vicina a quella normale che potrebbe pure funzionare.

Invece Nana, l’altra gemellina, non ha avuto una delezione delle 32 basi in nessuno dei due alleli. Quello che è successo davvero è che in un allele si è inserita una base e nell’altro se ne sono perse 4. E sapete perché? Perché la tecnica usata da He Jiankui si basa su quello che in termine tecnico si definisce non-homologous end joining: vuol dire che dopo il taglio del DNA, indotto dalla famosa forbice molecolare, si possono introdurre praticamente a caso inserzioni o delezioni proprio nel momento in cui il DNA si richiude.

E allora? A dirla tutta siamo al punto di prima. Non è successo quello che avrebbero voluto e non sappiamo nemmeno di sicuro quali saranno le conseguenze di quello che hanno fatto. Chissà… Ma queste varianti bloccheranno in futuro l’ingresso del virus dell’HIV nelle cellule delle gemelline? Forse sì, ma non è nemmeno detto che sia davvero così. E la questione della memoria e dell’intelligenza? Anche lei è legata al gene CCR5, che non solo governa l’ingresso del virus dell’HIV nelle cellule ma è un inibitore naturale delle sinapsi fra neuroni nell’ippocampo (la regione del cervello che ci aiuta a ricordare). Se fossero riusciti a fare davvero quello che volevano, è possibile che un giorno le gemelline Lulu e Nana avranno più memoria e saranno più intelligenti degli altri bambini, proprio come i topi cui si toglie CCR5, che hanno più memoria e sembrano essere più intelligenti degli altri.

E allora? Un piccolo insegnamento dagli “esperimenti” di He Jiankui senza nessuna pretesa: la scienza va avanti ed è un gran bene che sia così. Ma mentre i filosofi e i bioetici discutono su ciò che sia giusto o non giusto fare, noi dobbiamo sempre restare fedeli a tre principi: rigore, rigore e rigore, please.

 


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