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Charles Darwin, geologo

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L'anno darwiniano sta per concludersi: in occasione del bicentenario della sua nascita il grande naturalista inglese Charles Darwin è stato celebrato, osannato, criticato con mostre, conferenze, dibattiti, articoli, in Italia e all'estero. La sua opera, complessa e rivoluzionaria, che spiega la meravigliosa varietà delle forme della natura e le riconduce tutte indietro a un unico antenato lontano nel tempo, è stata ancora una volta oggetto di spiegazioni e integrazioni scientifiche e di contestazioni ideologiche [1].

C'è però una parte della sua vita e un segmento della sua opera che sono da sempre in secondo piano: alludo all'attività di Darwin come geologo e alle opere che scrisse in questo campo [2]. Anche le numerose ricostruzioni e analisi del viaggio intorno al mondo con il brigantino Beagle al comando di Robert FitzRoy celebrano volentieri le scoperte paleontologiche di Darwin sulle coste orientali dell'America latina, le intuizioni trasformiste di specie di fringuelli che l'hanno colpito durante il soggiorno alle Galapagos, ma trascurano l'attività di geologo che lo occupò durante la maggior parte del viaggio di quasi cinque anni [3]. "Io sono un geologo, ho una vaga idea di terra coperta da oceani, di animali del passato, di una lenta forza che spezza la superficie" scriverà nel 1838 nel Taccuino M., e Niles Eldredge conferma: "Va ricordato che Darwin, nella misura in cui ricevette una qualche istruzione scientifica formale, fu più geologo che botanico, zoologo o paleontologo."[4] Scriverà ben 1383 pagine di appunti di geologia contro le 368 pagine di botanica e zoologia.

A questa parzialità nella comune esegesi dell'opera di Darwin hanno pensato di rimediare alcuni geologi italiani: sotto il patrocinio dell'Associazione Ardito Desio [5] (fondata dalla figlia dell'esploratore e conquistatore del K2), e grazie ad alcune sponsorizzazioni (del Museo di Storia Naturale di Milano, del gruppo Nestlè-San Pellegrino e della ditta Soil di Milano) hanno compiuto, nello scorso mese di marzo, un'esplorazione geologica all'Isola di Santiago nell'Arcipelago di Capo Verde.[6]

Perché proprio a Santiago di Capo Verde? Perché quell'isola - la prima tappa del viaggio - tenne a battesimo il geologo ventiduenne Charles Darwin. Qui, su un'isola vulcanica brulla e battuta dal vento, egli si confrontò con tutti i temi topici della geologia dell'epoca: il sollevamento e l'abbassamento uniforme di placche della crosta terrestre (in linea con l'insegnamento uniformista di Charles Lyell), l'ampiezza dei tempi della terra, la forza dell'erosione, la formazione dei vulcani. Darwin aveva fatto un tirocinio sommario con il suo professore nel Galles: come se la cavò l'inesperto geologo? E' sorprendente la quantità di stimoli che egli seppe individuare in un paesaggio apparentemente uniforme e monotono e la cui geologia era completamente sconosciuta. Viaggiava senza carte topografiche che lo aiutassero a leggere la morfologia del suolo, non aveva a disposizione una letteratura di autori che lo avessero preceduto, si spostava a cavallo. Eppure vide le tracce della formazione dell'isola sotto le acque dell'oceano, poi del suo emergere, e le alterazioni delle rocce a contatto con il fuoco delle eruzioni successive.

Distinse le varie colate che s'erano succedute

varie colate che s'erano succedute

vide le impronte di antichissimi vulcani di lave e vulcani di scorie rosse

impronte di antichissimi vulcani di lave e vulcani di scorie rosse

si interrogò sull'origine delle profonde incisioni di vallate dal fondo piatto nei pianori di lave durissime

profonde incisioni di vallate dal fondo piatto nei pianori di lave durissime

si interrogò sul sollevamento e sulle curiose pieghe di uno strato calcareo bianco incluso come una fetta di formaggio tra gli scuri banchi basaltici

Sollevamento e pieghe di uno strato calcareo bianco incluso tra gli scuri banchi basaltici

Per altro, la missione ha messo in evidenza alcuni condizionamenti di un contesto accademico che, se pure da Darwin appena sfiorato, erano tuttavia presenti nella letteratura dell'epoca: soprattutto è evidente l'imbarazzo che gli causa la difficoltà di situare una successione di eventi geologici, letti nelle strutture che gli stanno sotto gli occhi (per esempio l'erosione delle vallate nelle colate di lave basaltiche), nell'ambito di un tempo della terra che la scienza dell'epoca gli consentiva. Ma, proprio in virtù dell'esperienza geologica acquisita qui e nel prosieguo del viaggio, si batterà sempre per il "tempo profondo" che la geologia gli offriva (e gli imponeva) e di cui aveva bisogno per collocarvi il lento processo della trasformazione delle specie. L'esperienza di geologo lo accompagnerà per tutta la vita. Negli ultimi anni Darwin si dedica allo studio dei lombrichi, di cui si era già occupato nel 1837, e nel 1881 (un anno prima di morire) pubblica: "La formazione del terreno vegetale per opera dei lombrichi, con osservazioni sulle loro abitudini". Anche dalla più umile e semplice delle creature Darwin trae insegnamenti fondamentali, e - ancora una volta - stupisce il mondo scientifico attribuendo ai lombrichi la facoltà di modellare il paesaggio con l'efficacia di una causa ricorrente: quella che scava le vallate, solleva le montagne e trasforma le specie.

Bibliografia

  1. Ricordo che l'intera opera di Darwin è disponibile sul sito: www.darwin-online.org 
  2. Per i tipi della HEVELIUS EDIZIONI S.r.L. è uscito nello scorso marzo: «Charles Darwin, Opere geologiche». (pp. 432 con 54 illustrazioni b.n, e 2 tavole a colori f.t., € 34,00). Si tratta di un'antologia della tre opere geologiche del naturalista inglese che compongono THE GEOLOGY OF THE VOYAGE OF H.M.S. BEAGLE, e cioè: The Structure and Distribution of Coral Reefs (1842), Geological Observations on the volcanic islands (1844) e Geological Observations on South America (1846). In appendice viene proposto il Saggio che, nel 1838, Darwin lesse alla Geological Society di Londra, sulla connessione tra vulcanesimo e orogenesi: On the Connexion of certain Volcanic Phenomena in South America; and on the Formation of Mountain Chains and Volcanos, as the Effect of the same Power by which Continents are elevated. Dei tre libri che formano il corpus delle opere geologiche di Darwin soltanto il primo era stato tradotto in italiano nel 1888, da Giovanni Canestrini, e anche il Saggio del 1838 è inedito nella nostra lingua. Le due tavole a colori riproducono gli originali di Darwin: la distribuzione delle isole vulcaniche negli oceani e tre sezioni geologiche attraverso le Ande. L'antologia è curata dal sottoscritto; presso lo stesso editore, si trova anche «Charles Darwin geologo» (pp. 207, € 16,00).
  3. A queste lacune intende ovviare il sito: www.darwingeologo.com
  4. In Le trame dell'evoluzione, Cortina Editore, p. 75.
  5. http://www.arditodesio.it
  6. Hanno partecipato, oltre al sottoscritto, Giorgio Pasquarè, già professore di geologia all'Università di Milano, al quale è stata affidata la direzione scientifica, Federico Pezzotta, geologo e conservatore al Museo di Storia Naturale di Milano, e Aldo Battaglia, geologo alla ditta Soil di Milano.

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