fbpx Al Museo la ricerca dal vivo sulle nanotecnologie | Scienza in rete

Al Museo la ricerca dal vivo sulle nanotecnologie

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Il progetto NanoToTouch – Nanotecnologie dal vivo, finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del settimo programma quadro, affronta il nodo della comunicazione delle nanoscienze e nanotecnologie con un approccio molto diverso dalla consueta semplificazione, o dall'effetto "camera delle meraviglie". L’idea di fondo è portare la ricerca scientifica fuori dai luoghi dove normalmente viene svolta, come le università ed i centri di ricerca, e di renderla visibile nei suoi termini reali in alcuni fra i più importanti musei scientifico-tecnologici d’Europa. All’interno di ambienti innovativi il vasto pubblico avrà la possibilità di conoscere come si svolge la ricerca in ambito nanotecnologico e discuterne, anche attraverso il coinvolgimento diretto dei ricercatori attivi nei laboratori, i quali seguono uno specifico percorso di formazione alla comunicazione scientifica.

Nell’ambito del progetto NanoToTouch, è stato allestito nei locali del Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano un laboratorio di ricerca universitario per svolgere studi sulle proprietà di materiali nanostrutturati. Il laboratorio è il frutto della collaborazione tra il Centro Interdisciplinare Materiali ed Interfacce Nanostrutturati (CIMaINa) dell’Università degli Studi di Milano ed il Museo. Pur conservando le caratteristiche e l’aspetto di un normale laboratorio di ricerca, gli spazi sono stati disegnati in modo da rendere visibili, sotto diverse angolazioni, tutte le fasi del lavoro sperimentale. Uno spazio separato dal laboratorio da un’ampia finestra vetrata permette ai visitatori di intrattenersi a discutere con i ricercatori e permette lo svolgimento di attività guidate condotte dagli animatori del museo.

Nato nel 2004, in seguito al bando del MIUR per il sostegno di centri di eccellenza scientifica, il CIMaINa è dal Luglio 2007 Centro Interdisciplinare di Ateneo per il coordinamento della ricerca nel campo delle nanotecnologie; esso non riceve finanziamenti istituzionali ed opera con risorse provenienti dai propri progetti finanziati su bandi pubblici, oltre che dai compensi ricevuti per consulenze, misure, o ricerche commissionate da terzi.

Il CIMaINa promuove la cooperazione tra ricercatori dell’Università degli Studi di Milano con diverse competenze (fisica, chimica, biologia, farmacologia, medicina), distinguendosi per un approccio pienamente interdisciplinare.


#LLL# Figura | Apparato per la deposizione
di film sottili nanostrutturati

Le nanoparticelle vengono prodotte
nella sorgente (a sinistra), accelerate fino
a velocità supersoniche e collimate (6)
e successivamente depositate su un substrato
opportuno, eventualmente mascherato
in modo da produrre pattern regolari
come quello a forma di stella mostrato
nel riquadro di destra
(dimensioni 5micron x 5micron).
Nel riquadro di sinistra è mostrata
la tipica morfologia di un film sottile
nanostrutturato (dimensioni 500nm x 500nm),
caratterizzata da granularità
e porosità su scala nanometrica.

Nei laboratori universitari del CIMaINa sono state sviluppate tecniche innovative per la sintesi di materiali nanostrutturati, basate sulla deposizione di nanoparticelle prodotte in fase gassosa. Tra le caratteristiche più evidenti dei materiali composti di grani di dimensioni nanometriche, vi è senz’altro l’elevatissima estensione della superficie di contatto tra il materiale di cui essi sono costituiti e il fluido in cui sono immersi. E’ dunque chiaro come lo studio dei processi chimici e fisici che possono avvenire su questa superficie sia rilevante e come questi materiali possano risultare promettenti in numerose applicazioni.

Il laboratorio allestito presso il Museo “Leonardo da Vinci” di Milano è attrezzato per effettuare in maniera controllata un ampio spettro di misure elettrochimiche e foto-elettrochimiche su nanomateriali, e di fornire dunque informazioni dettagliate riguardo alla chimica di superficie, alla struttura elettronica ed alle caratteristiche morfologiche di questi materiali. Tra le applicazioni direttamente collegate alle misure realizzabili presso il laboratorio si possono citare accumulatori di energia elettrica ad altissima densità di potenza e di energia, o anche elettrodi per conversione energetica attraverso processi foto-catalitici, quali ad esempio le nanostrutture basate su biossido di titanio per la produzione di idrogeno o di energia elettrica attraverso lo sfruttamento dell’energia solare.

Nanosciences live in science centres and museums (NANOTOTOUCH)

ritratto di Paolo Piseri Paolo Piseri
Fisica, dipartimento di fisica dell'università degli studi di Milano

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. E non lo sa.

Immagine tratta dalla campagna "Uno su trenta e non lo sai" sul test del portatore sano della fibrosi cistica: persone viste dall'alto camminano su una strada, una ha un ombrello colorato

La fibrosi cistica è una malattia grave, legata a una mutazione genetica recessiva. Se è presente su una sola copia del gene interessato non dà problemi. Se però entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato, possono passare le due copie al figlio o alla figlia, che in questo caso svilupperà la malattia. In Italia sono circa due milioni i portatori sani di fibrosi cistica, nella quasi totalità dei casi senza saperlo. La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta conducendo una campagna informativa sul test del portatore sano, che consente ai futuri genitori di acquistare consapevolezza del proprio stato.

Se due genitori con gli occhi scuri hanno entrambi un gene degli occhi chiari nel proprio patrimonio genetico, c’è una probabilità su quattro che lo passino entrambi a un figlio e abbiano così discendenza con gli occhi chiari. Questo è un fatto abbastanza noto, che si studia a scuola a proposito dei caratteri recessivi e dominanti, e che fa sperare a molti genitori con gli occhi scuri, ma nonni o bisnonni con gli occhi celesti, di ritrovare nei pargoli l’azzurro degli occhi degli antenati.