Un gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano ha pubblicato su PLOS ONE un lavoro che svela il mistero dei potenti dardi d’acqua lanciati dal curioso predatore.
Superpoteri quali la capacità di incrementare a piacimento la propria potenza muscolare, vengono usualmente associati a creature immaginarie, come i supereroi. Sorprendentemente, alcuni esseri viventi sono dotati di poteri molto simili.
Il pesce arciere vive nelle acque salmastre degli estuari di alcuni fiumi dell’Asia e dell’Australia e possiede una tecnica di caccia molto caratteristica: cattura gli insetti che popolano la vegetazione che sovrasta tali zone acquitrinose colpendoli con un getto d’acqua molto preciso, in modo che questi cadano nell’acqua dove vengono prontamente divorati.
L’analisi di riprese ad alta velocità mostra come l’impatto del getto con le prede sia molto più potente rispetto alla forza consentita dall’intervento muscolare diretto del pesce. Apparentemente, quindi, una vera e propria sfida alle leggi della fisica.
L’origine dell’efficacia del getto del pesce arciere è un problema dibattuto per quasi 250 anni. Le ricerche precedenti hanno cercato di individuare strutture interne dedicate all’amplificazione della potenza muscolare che permettessero al pesce di sovrastare le intense forze di ancoraggio degli insetti alla vegetazione, ma in effetti tali strutture non sono mai state individuate.
Ora, uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE da ricercatori dell’Università degli Studi di Milano ( http://dx.plos.org/10.1371/journal.pone.0047867) ha svelato il segreto, mostrando come un meccanismo di amplificazione sia sì presente ma, inaspettatamente, sia localizzato al di fuori del pesce e non dipenda dalla presenza di strutture interne dedicate all’immagazzinamento di energia meccanica. Il “trucco” sta in un’instabilità idrodinamica del getto d’acqua spruzzato dal pesce, che promuove l’accumulazione progressiva di quantità di moto all’estremità del getto, in modo che la forza e la potenza rilasciate all’impatto siano molto più grandi rispetto a quelle sviluppabili tramite azione muscolare diretta. Il pesce arciere, in sostanza, utilizza le leggi della fluidodinamica per ottenere una specie di “proiettile liquido” la cui dimensione cresce nel tragitto verso la preda.
Il pesce arciere rappresenta un esempio notevole di animale che fa uso di un “utensile” esterno altamente sofisticato - in questo caso una leva idrodinamica – per amplificare la sua potenza muscolare, in maniera simile a quanto fa un arciere con il suo arco. Retrospettivamente, il nome della specie (Toxotes, termine greco per arciere), originato dalla sua abilità di sparare dardi d’acqua, appare lungimirante e più che meritato!
Lo studio è stato effettuato all’Università degli Studi di Milano da Alberto Vailati, del Dipartimento di Fisica, in collaborazione con Roberto Cerbino, del Dipartimento di Biotecnologie mediche e Medicina Traslazionale.