fbpx I ricercatori non crescono sugli alberi | Scienza in rete

I ricercatori non crescono sugli alberi

Tempo di lettura: 3 mins

Sono molti i libri usciti negli ultimi anni che trattano della crisi della ricerca scientifica e dell’Università in Italia e recentemente sembra vi sia stata addirittura una accelerazione nella pubblicazione di questa saggistica. Già questo può essere considerato un indicatore del crescente malessere di chi, per una ragione o per un’altra, si relaziona con questo settore, così importante, della nostra società. I titoli sono istruttivi: L’università dei tre tradimenti; Tre più due uguale a zero; La scienza negata; La ricerca tradita; L’università italiana: un irrimediabile declino?; L’università truccata; ….

I ricercatori non crescono sugli alberi di Francesco Sylos Labini e Stefano Zapperi (Saggi Tascabili Laterza, 118 pagine per 12,00 €) si è recentemente aggiunto alla lista contribuendo, con un altro tassello,  a un quadro sempre più deprimente che descrive il declino di un paese incapace di riconoscere all’Università e alla ricerca scientifica l’importanza che loro deriva dall’essere, soprattutto al tempo della società della conoscenza, i cardini su cui ruotano lo sviluppo e il benessere futuro di un paese.

Sylos Labini e Zapperi, due fisici che si occupano l’uno di astrofisica, cosmologia e fisica teorica presso l’Istituto dei sistemi complessi del CNR a Roma, e l’altro di fisica dei materiali disordinati presso il CNR-INFM di Modena, applicano al loro saggio lo stesso rigore cui sono abituati nel lavoro quotidiano di ricerca e forniscono numeri e dati per documentare la loro analisi. Toccano sì i temi su cui anche altri si sono soffermati: l’ormai cronica mancanza di risorse, le baronie e i nepotismi, la burocratizzazione del sistema, la mancanza di una politica organica di reclutamento – e lo fanno con grande chiarezza e consecutio logica – ma offrono anche una puntuale analisi della demografia universitaria (su cui gli autori vanno insistendo da tempo) e un lucida spiegazione della necessità della gestione e del finanziamento pubblico alla ricerca. Leggete il secondo capitolo del libro – un’università invecchiata – e capirete come sia possibile che gli autori, maturi quarantenni, siano, per il nostro sistema, ancora ragazzi. Sul tema della valutazione poi offrono una discussione critica dell’utilizzo di indicatori classici come il numero di citazioni e l’indice di Hirsch o dell’impact factor.

È un libro, questo  I ricercatori non nascono sugli alberi, che vale senz’altro la pena leggere (e si legge rapidamente e con interesse) e che raccomando a coloro che vogliono capire come mai, anno dopo anno, il nostro Paese perde posizioni nelle classifiche internazionali costruite per valutare la crescita, la capacità di innovazione, le prospettive di sviluppo, lo stato di benessere dei vari paesi.

Perché per dirla con Sylos Labini e con Zapperi  “il finanziamento alla ricerca, se ben gestito, non è un costo ma l’investimento più lungimirante che si possa fare per il futuro del paese e quello delle nuove generazioni”. Ma questo concetto, in Italia, è purtroppo ancora patrimonio di pochi.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Influenza aviaria: una marcia lenta ma continua

pollame

Il virus dell'influenza aviaria H5N1 sta dimostrando una preoccupante capacità di infettare non solo gli uccelli ma anche diverse specie di mammiferi, inclusi recentemente i bovini negli Stati Uniti. Sebbene il virus non abbia ancora acquisito la capacità di trasmettersi in modo efficace tra gli esseri umani, la sua continua evoluzione e adattamento a nuove specie rappresenta un rischio significativo per una futura pandemia, per la quale il mondo appare poco preparato, nonostante le lezioni apprese durante la pandemia di Covid-19.

Il mondo scientifico aveva previsto già diverse decadi fa la pole position dei virus dell’influenza per l’innesco della prossima pandemia umana, con previsioni catastrofiche soprattutto basate sull’esperienza della famosa pandemia di “spagnola” (almeno in Italia fu chiamata così) del 1918. Ma non sempre le previsioni si avverano: infatti la pandemia più recente e disastrosa è stata causata dal coronavirus Sars-CoV-2 e ci siamo trovati a fronteggiarla con piani pandemici influenzali, anche non aggiornati, ma soprattutto basati su parametri e modalità di contagio inadeguati.