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I test genetici smentiscono le cellule STAP

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Si fa sempre più intricata la controversa vicenda della biologa giapponese Haruko Obokata e delle cellule staminali ottenute attraverso una stimolo con un “bagno” in una soluzione acida. Un metodo facile e rivoluzionario. A distanza però di qualche settimana dall’annuncio, molti blog specializzati hanno messo sotto la lente d’ingrandimento i due studi pubblicati su Nature portando alla luce molti aspetti controversi e poco chiari della ricerca. I numerosi rumors e la difficoltà di altri laboratori di replicare la sperimentazione hanno portato al ritiro dei lavori.
Poche prove ma tanti dubbi, ma è di oggi la notizia che le cellule riportate nel lavoro non sono le stesse su cui si è lavorato nei laboratori del Riken. Ad affermarlo è Teruhiko Wakayama a capo del laboratorio Riken dove Obokata ha affermato di aver creato cellule STAP. Ma per capire il ruolo di Wakayama in questa storia bisogna fare un passo indietro.
Durante gli esperimenti, Wakayama ha dato i topi neonati ad Obokata che li ha utilizzati per prelevare cellule della milza e per poi immergerle nel bagno d’acido così da creare le cellule STAP. Una volta formate le STAP, la ricercatrice ha consegnato queste cellule a Wakayama che li ha iniettate in embrioni di topo. Così facendo Wakayama ha creato dei topi chimerici per cercare di dimostrare la pluripotenza delle cellule.

Quando sui giornali sono emerse le notizie su presunti problemi legati alla ricerca, Wakayama ha iniziato a chiedersi se le cellule che ha ricevuto erano davvero state fatte con il metodo STAP. Ha mandato le otto linee di cellule staminali che sono stati presentate nel paper all'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche (NIRS) a Chiba, per farle analizzare. I genetisti del NIRS hanno esaminato la presenza della proteina fluorescente (GFP), usata dai ricercatori per marcare l'espressione di alcuni geni.
Nei topi che Wakayama ha dato a Obokata, il gene GFP era sul cromosoma 18. Ma nelle cellule STAP era sul cromosoma 15. Questo suggerisce fortemente che sono stati utilizzati diversi tipi di topi. “Nel mio laboratorio, non ci sono né topi, né le cellule staminali embrionali con GFP sul cromosoma 15. Non possiamo però dire con certezza che le cellule STAP non sono mai esistite”, ha precisato Wakayama.

Ma test simili sono stati effettuati all’interno del RIKEN e pubblicati in questi giorni. Anche nell’indagine fatta dall’istituto giapponese è stata analizzata la GFP nelle sei linee cellulari conservate nel laboratorio di Obokata. “I risultati sono in accordo con i risultati delle analisi dei campioni tenuti da Wakayama,”  ha scritto sul sito web del Riken Masatoshi Takeichi direttore dell’istituto. Takeichi osserva che le cellule con GFP sul cromosoma 18 sono “di provenienza sconosciuta”. A questo punto si cercherà di capire l’origine di queste cellule.

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