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Stradivari senza segreti grazie ai Raggi X

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Raggi ultravioletti, raggi X e, persino, la tecnica di datazione che si usa per gli alberi, la dendrocronologia. È il mix di tecniche non invasive utilizzato per far luce sulla composizione e le caratteristiche della tavola armonica di un violino costruito da Antonio Stradivari circa tra secoli fa.

La ricerca, realizzata dal Laboratorio Arvedi dell’Università degli Studi di Pavia, in collaborazione con il Centro Universitario per le Datazioni dell’Università di Milano-Bicocca e il Dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano è stata pubblicata di recente sulla rivista Applied Physics A (M. Malagodi, C. Canevari, L. Bonizzoni, A. Galli, F. Maspero, M. Martini, A multi-technique chemical characterization of a Stradivari decorated violin top plate).

La tavola Stradivari appartiene all’inglese Charles Beare, uno dei più noti esperti di violini a livello mondiale, che l’ha messa a disposizione grazie alla partnership di ricerca avviata con la Fondazione Antonio Stradivari Museo del Violino di Cremona e la Civica Scuola di Liuteria di Milano.

Durante lo studio della tavola Stradivari, il gruppo di ricerca dell’Università di Pavia che fa capo al CIRSRIC-Centro Interdipartimentale di Studi e Ricerche per la Conservazione del Patrimonio Culturale, diretto dal prof. Marco Morandotti e al Laboratorio Arvedi, con il dr Marco Malagodi, ha utilizzato le più recenti tecniche di indagine per il riconoscimento e la caratterizzazione dei materiali costitutivi della vernice e delle decorazioni.

Il Laboratorio Arvedi di Pavia infatti, costituito grazie al contributo della Fondazione Giovanni Arvedi e Luciana Buschini di Cremona, è un centro di alta specializzazione nella ricerca scientifica e diagnostica per la conservazione del legno, punto di riferimento per lo studio dei manufatti lignei policromi e degli strumenti musicali antichi.

In particolare, nel caso dello Stradivari i ricercatori del Laboratorio Arvedi hanno condotto una mappatura fotografica sia in luce visibile sia ultravioletta, per il riconoscimento dei residui di vernice sulle superfici della tavola armonica e per l’identificazione degli adesivi utilizzati.

La campagna di rilievo micro dimensionale delle superfici e degli elementi decorativi della tavola è stata eseguita in microscopia ottica in luce riflessa con ingrandimenti fino a 100x e ha permesso di mappare gli aspetti strutturali e morfologici della tavola, comprensivi anche delle fasi di alterazione.

La parte di ricerca realizzata all’Università di Milano-Bicocca ha impiegato diverse tecniche di indagine, tutte assolutamente non distruttive, ed è stata condotta dal professor Marco Martini, direttore del dipartimento di Scienza dei Materiali e dai suoi collaboratori Anna Galli (ricercatore CNR-IFN) e Francesco Maspero (tecnico del CuDaM, il Centro Universitario per le Datazioni di Milano-Bicocca).

In particolare, mediante la tecnica EDXRF, basata sull’irraggiamento dell’opera con raggi X e condotta in collaborazione con Letizia Bonizzoni del Dipartimento di Fisica di Unimi, sono stati studiati i materiali e le decorazioni della tavola armonica ed è stato possibile caratterizzare i materiali delle strisce decorative, rivelando l’utilizzo di un particolare inchiostro, chiamato ferro gallico, noto per essere utilizzato all’epoca come inchiostro da scrittura.

Applicando, inoltre, la tecnica della dendrocronologia sulla tavola, la stessa tecnica che si usa per datare i tronchi degli alberi, il gruppo di lavoro dell’Università di Milano-Bicocca ha potuto confermare che il periodo di fabbricazione dello strumento corrisponde al periodo di attività del famoso liutaio cremonese. Questa tecnica di datazione assolutamente non distruttiva lega lo spessore degli anelli degli alberi al loro periodo di crescita: confrontando le misure sperimentali con opportuni database è possibile risalire alla collocazione storica dell’oggetto ligneo in esame.

«Questo studio - afferma il Dr. Marco Malagodi, Ricercatore del Laboratorio Arvedi dell’Università di Pavia – fornisce un contributo alla conoscenza delle tecniche costruttive di Stradivari e delle antiche ricette usate nella decorazione dei suoi strumenti».

«L’utilizzo di tecniche scientifiche sofisticate e non invasive – dicono Martini e i suoi collaboratori - contribuisce sempre più alla conoscenza del patrimonio culturale, permettendo di studiare i manufatti  senza lasciare traccia dell’intervento».

Ufficio Stampa Milano-Bicocca 

 

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