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Stabilimenti a rischio incidente, la mappa dell'ISPRA

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In Italia sono 1142 gli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante (RIR), di cui il 50% sono concentrati in 4 regioni del nord (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Lombardia, capofila di questa statistica ospitando il 25% del totale). 
A dirlo è l'edizione 2013 del Rapporto Mappatura dei pericoli di incidente rilevante in Italia  realizzato dall' Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente, da oggi disponibile online sul sito dell'ISPRA.

Le recenti vicende che hanno interessato il rapporto tra industria, ambiente e salute dimostrano, una volta di più, la necessità dell’acquisizione e della diffusione con tempestività a tutti livelli (operatori, decisori, opinione pubblica) degli elementi conoscitivi sui fattori di pressione per il territorio connessi alla presenza di attività industriali. Il Ministero dell’Ambiente e l’ISPRA hanno predisposto, aggiornato ed utilizzato l’Inventario Nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti, continuamente aggiornato dalle notizie che pervengono al MATTM, oltre che dai gestori degli stabilimenti “Seveso”, dal Ministero dell’Interno-Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Prefetture.

Nella mappa dei siti industriali più a rischio sono considerati ed analizzati 6 diversi indicatori: il numero degli stabilimenti e le loro le tipologie; i Comuni con siti a rischio (756, pari al 9% del totale dei Comuni italiani); i quantitativi di sostanze e di preparati pericolosi presenti; il numero di stabilimenti ubicati entro 100 metri da un corpo idrico superficiale e dalla linea di costa; i quantitativi complessivi di sostanze pericolose per l'ambiente detenuti nei diversi siti; la distribuzione territoriale della pericolosità sismica di sito associata agli stabilimenti. 
Nonostante sia il nord industrializzato a fare da traino per questo record, si registrano percentuali importanti anche in alcuni regioni del centro-sud Italia: Sicilia, Lazio e Campania con poco più del 6%, Toscana con il 5%circa, Puglia e Sardegna, 4%, e infine Valle d'Aosta, la regione con il minor numero di stabilimenti RIR (appena 6).

Il rapporto è arricchito da oltre 40 tabelle e mappe esplicative. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stabilimenti a rischio sul territorio nazionale e loro diffusione per provincia
(fonte Rapporto MATTM ISPRA)


Analisi per province

A livello provinciale, nella quasi totalità delle province italiane è ubicato almeno uno stabilimento con pericolo di incidente rilevante; la distribuzione per province con numero elevato di stabilimenti pericolosi (maggiore o uguale a 20) vede il nord con Milano capofila (69 stab.), seguito da Brescia (45), Ravenna (37), Novara (28), Varese (28), Venezia (26), Torino (24), Vicenza (22), Alessandria (22), Bologna (20). Al centro Roma presenta il maggior numero di stabilimenti (26), seguita da Frosinone (21); al sud ed isole, Napoli la fa da padrone con 33 stabilimenti. Assenti nella sola provincia di Macerata stabilimenti RIR, mentre  nelle province di Gorizia, Prato, Pesaro-Urbino, Crotone, Reggio Calabria, Enna e nella  provincia regionale sarda  dell’Ogliastra è presente solo uno stabilimento. Aree di particolare concentrazione sono state rilevate in corrispondenza dei tradizionali poli di raffinazione e/o petrolchimici, quali Trecate (nel Novarese), Porto Marghera, Ravenna e Ferrara, Gela (CL), Augusta-Priolo-Melilli-Siracusa, Brindisi, Taranto, Porto Torres (SS) e Sarroch (CA).

Rispetto alla precedente edizione del Report (che raffronta i dati tra il 2007 e il 2012), le riduzioni maggiori del numero di stabilimenti RIR si  registrano nel centro sud (Lazio, Umbria, Campania, Sicilia, Sardegna), mentre si segnalano incrementi in alcune regioni del nord (Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria).

Analisi per Comuni:

Il numero complessivo dei Comuni interessati, con almeno uno stabilimento Seveso sul proprio territorio, risulta essere pari a 756, ovvero circa il 9% degli 8.101 comuni italiani. In 40 comuni italiani sono presenti 4 o più stabilimenti, distribuiti  in 12 regioni e nei quali è ubicato oltre il  23% degli stabilimenti RIR presenti in Italia; le regioni in cui si trova il maggior numero di questi comuni sono la  Lombardia (7), la Sicilia (6) e il Lazio (6). Tra i comuni caratterizzati dalla presenza di un numero elevato di stabilimenti si evidenziano Ravenna (con 26 stabilimenti) e Venezia (con 15 stabilimenti), seguite da Genova (14), Trecate (10), Napoli, Livorno e Brindisi (9), Brescia, Filago e Roma (8).

Tipologie più diffuse di stabilimenti a rischio di incidente rilevante e loro distribuzione:

La prevalenza è degli stabilimenti chimici e/o petrolchimici (circa 25%), concentrati in particolare in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, e di depositi di gas liquefatti, essenzialmente GPL, per una percentuale di circa il 24%. I depositi di GPL sono diffusi su tutto il territorio nazionale, in particolare nelle regioni meridionali (Campania e Sicilia) ma anche al nord (Lombardia e Veneto), ed in generale presso le aree urbane del territorio nazionale, con punte nelle province di Napoli, Salerno, Brescia, Roma, Bari e Catania. L’industria della raffinazione (17 impianti in Italia, ma con alcuni in fase di chiusura o trasformazione in attività di deposito) risulta, invece, piuttosto distribuita sul territorio nazionale, con particolari concentrazioni in Sicilia (5) e in Lombardia (3); analoga osservazione per i depositi di oli minerali, che risultano particolarmente concentrati in prossimità delle grandi aree urbane del Paese e nelle città con importanti porti industriali (Genova, Napoli, ecc.).

Numero di stabilimenti 2004-2006-2010:

Nel Rapporto è riportato anche il numero di stabilimenti, per ciascuna tipologia, relativi agli anni 2004, 2006 e 2010, per valutare gli effetti delle modifiche del campo di applicazione introdotte dai successivi decreti di recepimento nazionale delle Direttive europee. Con l’entrata in vigore del D.lgs.238/05, infatti, si sono verificate variazioni consistenti del numero di stabilimenti assoggettati alla normativa Seveso per alcune specifiche tipologie di attività: in particolare, è aumentato significativamente il numero degli stabilimenti per il trattamento superficiale dei metalli (triplicato nel 2006 ed ulteriormente raddoppiato nel 2010), dei depositi di esplosivi (quasi raddoppiati), degli impianti di trattamento e recupero (più che raddoppiati), degli impianti di lavorazione dei metalli (aumentati del 50%). Si è riscontrata, contestualmente, una marcata flessione del numero dei depositi di oli minerali (passati da 271 nel 2004 a 110 nel 2012) e di quello delle centrali termoelettriche, più che dimezzate dal 2004 al 2010, ma a partire dal 2011 di nuovo in aumento (a causa della nuova classificazione dell’olio combustibile denso utilizzato in alcune di esse).

Quantitativi e tipologia di sostanze e preparati pericolosi presenti negli stabilimenti:

Si rileva una cospicua presenza - distribuita su tutto il territorio nazionale - di prodotti petroliferi (benzina, gasolio e cherosene) e di gas liquefatti estremamente infiammabili (GPL e metano). Risulta consistente anche la presenza di metanolo ed ossigeno; si evidenziano infine, anche se concentrati in alcune regioni, quantitativi particolarmente significativi di cloro, formaldeide, nitrati di ammonio e di potassio (fertilizzanti), triossido di zolfo.

Distribuzione della presenza e dei quantitativi di sostanze pericolose per l’ambiente immagazzinati e vigilati negli stabilimenti localizzati in prossimità di corpi idrici superficiali e della linea di costa:

circa il 22% dei 514 stabilimenti Seveso notificati e, quindi, assoggettati ai controlli previsti dalla normativa Seveso, che detengono prodotti petroliferi e sostanze e preparati classificati come pericolosi per l’ambiente in quantità superiori alle soglie di assoggettamento, è ubicato entro 100 metri da un corpo idrico superficiale o dalla linea di costa. Inoltre, il 46 % dei quantitativi di prodotti petroliferi notificati (circa 8.6 milioni di ton) sono detenuti entro 100 metri da un corpo idrico superficiale mentre il  40% (7.5 milioni di ton) entro 100 metri dalla linea di costa; oltre il 40 % dei quantitativi notificati di altre sostanze pericolose per l’ambiente (oltre 4.6 milioni di ton) sono detenuti entro 100 metri da un corpo idrico superficiale e circa il 42 %  (oltre 4.7 milioni di ton) entro 100 metri dalla linea di costa.

 

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