Sette miliardi di euro per salvare i circa quattro milioni di ettari di terreno agro-forestale a rischio dissesto: l’ingente investimento servirà a fronteggiare la costante perdita di suolo agricolo e sarà spalmato in dieci anni. Più di tre miliardi di euro serviranno a proteggere le aree destinate alla semina, un miliardo e mezzo circa per la ricostruzione del potenziale ecologico, oltre un miliardo e mezzo alla stabilizzazione del reticolo idrografico minore. Altri 700 milioni di euro, infine, per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché il ripristino e ricostruzione dei terrazzamenti agricoli.
I suoli italiani necessitano quindi di cure, non più procrastinabili. Non pochi i benefici che ne seguirebbero, tra cui la riduzione dei colmi di piena, degli eventi alluvionali e della quantità di sedimento immessa nella rete fluviale e quindi il miglior funzionamento degli invasi artificiali idroelettrici, la conservazione della biodiversità del territorio, l’incremento dell’assorbimento di CO2 per la mitigazione dei cambiamenti climatici, lo sviluppo socio-economico e turistico legato anche alle produzioni di qualità e la tutela dei paesaggi agricoli tradizionali.
Questi dati sono contenuti nelle “Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale”, predisposte da AGEA, ISPRA e Rete Rurale Nazionale (qui consultabili). Lo scenario degli interventi prevede anche interessanti ricadute in termini occupazionali: stimate in circa 410 milioni le ore di lavoro incrementali in 10 anni, pari a circa 19.000 posti di lavoro equivalenti per anno.
Non male, se si riuscisse a tradurre in azione un piano così importante, che potrebbe mettere letteralmente in salvo i circa due milioni di ettari di suolo destinati a seminativo, i trentatremila ettari di suolo terrazzato con colture permanenti e i quarantamila chilometri di reticolo idrografico minore.
