I risultati della ricerca clinica più rigorosa, la evidence
based medicine, è condizione necessaria ma non sufficiente per chi opera in
sanità. Come riconosceva lo
stesso fondatore della medicina basata sulle prove, Archibald Cochrane, gli
studi clinici non bastano né per trattare il singolo paziente in ambulatorio,
né per occuparsi di sanità pubblica, dove la popolazione presenta
caratteristiche non sovrapponibili a quelle dei campioni analizzati negli studi
clinici.
La realtà è più sporca e imprevedibile dei setting clinici, ma
forse a questo si può ovviare integrando
le prove con la messe di dati e informazioni che provengono da osservazioni di
diverso genere, costantemente archiviate su internet e i social media.
E' così che si sviluppa una nuova disciplina, la real-world evidence, che
va a caccia di prove di efficacia nel mondo reale: per dirla all'inglese, la real-world evidence fa fare all'evidence based medicine un passo
avanti verso il decision-making.
Se la ricerca clinica permette di trasformare i dati sperimentali in prove di
efficacia rigorose, il nuovo passo sta nell'integrare le prove di efficacia con
le informazioni raccolte nel mondo reale. Non solo quelle derivate dagli
archivi amministrativi come le SDO (le schede di dimissione ospedaliera) o il
consumo di farmaci, ma anche quelle contenute nelle conversazioni su Facebook e
Twitter.
In Italia, la real world evidence è praticata presso il Centro Healthcare Research & Pharmacoepidemiology, la cui attività è stata presentata il 26 ottobre all'Università Milano-Bicocca. «Il nostro obiettivo - spiega Giovanni Corrao, che dirige il Centro – è di creare un collegamento, reale e non virtuale, tra il mondo dei ricercatori e quello dei decisori istituzionali».
Il Centro li accoglie tutti: al momento vi aderiscono 8
Regioni (Lombardia, Trentino, Friuli, Marche, Abruzzo, Umbria, Sicilia e Sardegna), 16 Università e alcune Società scientifiche, ma anche singoli
ricercatori italiani e stranieri esperti nella generazione di prove di
efficacia a partire dal mondo reale.
Il Centro, che si avvale della competenza metodologica acquisita
dal Laboratorio di Farmacoepidemiologia del Dipartimento di Statistica e metodi
quantitativi dell'Università Milano-Bicocca, coordina una rete di Laboratori regionali,
che elaborano i dati sulle prestazioni sanitarie locali, in ottemperanza alla
normativa sulla privacy.
La diffusione territoriale sostiene l'ambizione di diventare un
organismo di riferimento scientifico per quanti più interlocutori possibile:
”Siamo convinti che i dati del mondo reale facilitino il lavoro di clinici e
amministratori, andando a colmare alcune lacune della ricerca sperimentale –
per esempio sul reale confronto tra benefici e rischi di un trattamento" – spiega Corrao “ma anche quello dei ricercatori, che possono trarre vantaggio
dall'enorme quantitààe varietà di informazioni disponibili e la
velocità con cui vengono
raccolte e processate”.
di Giulia Candiani