fbpx Prima indagine sull'organizzazione delle biobanche U.S.A. | Scienza in rete

Prima indagine sull'organizzazione delle biobanche U.S.A.

Primary tabs

Read time: 2 mins

A dieci anni dalla fine dello Human Genome Project (HGP), la rivista Genome Medicine ha pubblicato sul numero del 25 gennaio 2013 la prima indagine sulle biobanche negli Stati Uniti, condotta da un team di ricercatori dell’Università di Chapel Hill nel North Carolina guidato da Gail E. Henderson.

L'enorme sviluppo della genetica ha incrementato in modo considerevole il numero delle biobanche, depositi che assemblano e conservano campioni di origine umana e i dati che li riguardano per utilizzarli nella ricerca. Il ruolo cruciale di questi depositi è tuttavia minacciato, secondo i risultati di questo studio, da carenze organizzative strutturali.

Le risposte date dalle 456 biobanche che hanno aderito al sondaggio online restituiscono un panorama intricato e complesso: il 95% sono enti no-profit, due terzi si sono costituite nel corso dello scorso decennio e il 17% esiste da oltre vent’anni. Se il 29% nasce per lo sviluppo della ricerca in generale, oltre la metà si è costituito per potenziare la ricerca su patologie quali cancro, malattie neurodegenerative e HIV/AIDS. Molte fanno capo a università (78%), ospedali (27%), e istituti di ricerca (15%) o, nel caso di piccole realtà, a biobanche più estese. Solo una minoranza sono imprese profit e quindi, sottolinea Henderson “non stupisce che molte biobanche non siano consapevoli di trovarsi in un mercato competitivo, benché, allo stesso tempo, le principali preoccupazioni siano la disponibilità di fondi e il sottoutilizzo dei campioni”. Spesso la sopravvivenza delle biobanche dipende dalla fusione con grandi istituzioni. Proprio il fenomeno della fusione, assieme a un veloce turn-over che vede nascere e sparire rapidamente molte di queste banche, complica l'individuazione del "luogo decisionale", ovvero di dove viene elaborata la politica che le biobanche seguono. In realtà, per raggiungere l’obiettivo di curare gravi malattie come cancro o AIDS il sistema delle biobanche – secondo Henderson – non ha bisogno una politica unica di bensì di varie governance su misura delle diverse finalità e dei diversi contesti in cui agiscono queste complesse organizzazioni.

Federica Lavarini, master MCS - SISSA

Autori: 
Sezioni: 
Genetica

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.