Non è solo la
crosta terrestre, con i suoi movimenti naturali, a provocare terremoti. C'è
anche il contributo umano, meno imprevedibile delle tensioni geologiche, che
può essere considerato nel bilancio delle cause di un sisma. Il fenomeno è noto
da tempo e uno studio pubblicato questa settimana su Science fornisce l'ultima prova della
responsabilità antropica nei terremoti registrati in luoghi insospettabili dai
geologi.
Si tratta del fenomeno del terremoto
indotto, che si verifica in quelle aree particolarmente fragili che possono
rispondere al passaggio di un'onda sismica amplificandola. In Italia, per esempio, la liquefazione delle
sabbie è stata tra gli eventi naturali maggiormente sospettati di
aver contribuito al terremoto dell'Emilia nel 2012.
Ulteriori stress
esterni a cui un'area è tipicamente sottoposta, inoltre, per intervento umano
sono lo stoccaggio, in superficie o sottosuolo, di serbatoi e la "fratturazione idraulica", ovvero la tecnica utilizzata per facilitare l'estrazione
di petrolio e gas naturale forzando il sottosuolo con perforazioni e 'innesti'
di acqua. Questa tecnica, in realtà, non preoccupa particolarmente i sismologi,
dal momento che a fronte di più di centomila pozzi 'fratturati' negli ultimi
anni, l'effetto più importante è stato un sisma di 3.6 di magnitudo (mediamente
i microterremoti di questo tipo hanno una magnitudo inferiore a 2) troppo
piccolo per comportare un rischio di distruzione su larga scala.
A questi si aggiunge però lo smaltimento in profondità delle acque reflue dai siti industriali, che
secondo i ricercatori del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia
University, guidati da Nicholas van der Elst, comporta un tasso di rischio più
elevato.
L'iniezione
di acqua provoca, infatti, un allargamento delle cavità interne del terreno,
che diventa così più sensibile anche a onde sismiche a lunga distanza. Tra i
terremoti più sospetti in questo senso, va ricordato quello dello scorso Gennaio in
Oklahoma (5.6 di magnitudo, 14 case distrutte e 2 feriti il bilancio finale).
C'è una relazione tra queste forzature meccaniche e i terremoti di più vasta portata? Il team della Columbia University è partito dai dati relativi ai terremoti degli ultimi anni negli Stati Uniti, mostrando che c'è stato un aumento significativo di terremoti con magnitudo superiore a 3 a partire dal 2001, con un picco di 188 terremoti nel 2011, ovvero nel periodo in cui si è intensificata l'attività pervasiva di fracking e scarico di acque reflue nei pozzi di smaltimento. In particolare, i ricercatori hanno osservato una risposta a tre grandi eventi (il terremoto di magnitudo 8.8 in Cile, 2010; Giappone, 9.9, 2011; Sumatra, 8.6, 2012) in zone degli stati del MidWest (Texas, Colorado e Arizona), dove le perforazioni sono più frequenti.
Le conclusioni dello studio riguardano stato dell'arte e prospettive: secondo i ricercatori è indiscutibile che i terremoti indotti contribuiscano ad aumentare il rischio sismico, ma è necessario aumentare la mole d’informazioni disponibili, anche per migliorare l'attuale legislazione in merito alle regole di sicurezza dei pozzi di scarico di acque reflue, finora protetti solo dal rischio di contaminazione dell'acqua potabile.