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Le sfide della svolta energetica

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L'attuale politica energetica del governo tedesco e dei suoi ministeri per l’economia e l’ambiente punta a rendere la Germania indipendente dal nucleare e dai combustibili fossili. E' la Energiewende, una rivoluzione energetica epocale che coinvolgerà, in forme diverse, tutta l'Europa. Karl-Ludwig Schibel di Alleanza per il Clima Italia ne ha discusso con Stephan Kohleril direttore della nuova Agenzia Energetica federale tedesca (Dena – Deutsche Energieagentur) e co-autore del primo studio sulla “Svolta energetica" (Öko-Institut, 1980), toccando anche i parallelismi con l'Italia. Un'occasione per fare il punto sulla situazione della strategia nazionale energetica sarà la consegna dei Premi per i Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile di Eccellenza 2013 (A+CoM), il prossimo 24 maggio presso la sala Auditorium del GSE a Roma, che prevede la partecipazione di Kohler tra gli interventi.

K.S. Un grande paese industriale, quale la Germania, intende non solo uscire dal nucleare nei prossimi anni, ma anche rinunciare quasi completamente alle energie fossili entro la metà del secolo. Che cosa ha reso possibile questa decisione politica a favore della svolta energetica che trova il sostegno dell’80% dei tedeschi?

S.K. Va detto che la svolta energetica è iniziata nel 2000 perché in quell’anno era già stata decisa l’uscita dal nucleare e una nuova graduatoria di priorità: efficienza energetica e promozione delle energie rinnovabili. In quel periodo però - e questo è decisivo – si trattava di un progetto rosso-verde e solo con Fukushima la svolta energetica è diventata un progetto di tutti i partiti. Prima dell’incidente gli schieramenti politici erano quello rosso-verde (socialdemocratici e verdi) a favore dell’uscita dal nucleare contro l’attuale governo nero-giallo (democristiani e liberali) che aveva addirittura esteso sei mesi prima le licenze di funzionamento delle centrali nucleari. Questa spaccatura si è arginata con Fukushima. Oggi tutte le maggiori forze politiche sono a favore dell’uscita dal nucleare.

Nell’implementazione della svolta energetica la Dena (Agenzia Energetica Tedesca) che lei dirige, gioca un ruolo centrale. In diverse interviste e prese di posizioni pubbliche siete però stati una voce critica che ha lamentato la mancanza di una progettazione centrale, la mancanza di una road map, di un processo coordinato meglio. Perché questa insistenza su una strategia nazionale? Non è che con l’avanzamento delle energie rinnovabili dovrebbe anche nascere un sistema energetico con più autonomia territoriale basata sulla produzione decentrata?

Attualmente in Germania non si sta realizzando una sola svolta energetica, ma sedici svolte energetiche, poiché ogni Land sviluppa dei propri programmi energetici. Visto che stiamo puntando molto sull’espansione delle energie rinnovabili - e per la Germania significa più che altro fotovoltaico ed eolico - dobbiamo affrontare due sfide che richiedono la concertazione nazionale o meglio ancora europea. L’eolico aumenta principalmente nella Germania del nord, soprattutto in ambito off-shore, nel Mare del Nord e Baltico. L’energia prodotta però supera largamente il fabbisogno, quindi deve essere trasportata nella Germania occidentale e nel sud dove si collocano i baricentri di consumo. I nuovi parchi eolici non stanno nascendo lì dove c’è la domanda di energia elettrica e dunque occorre una strategia nazionale per nuove reti di distribuzione. L’altro punto è che oggi in Germania ci sono oltre 30.000 MW di fotovoltaico pari alla potenza installata dell’eolico. Quando splende il sole, il fotovoltaico funziona come un'unica grande centrale elettrica, anche se gli impianti sono distribuiti su centinaia di migliaia di tetti, ed è quindi necessario gestire e integrare questa resa attraverso una strategia nazionale. Per dirlo in altre parole, la svolta energetica comporta un decentramento della produzione, che non significa però rinunciare a un coordinamento centrale per la ristrutturazione e l’espansione della rete ed a un’integrazione dell’energia fotovoltaica ed eolica. Occorre, il prima possibile, un progetto vasto e trasversale, una road map con un orizzonte fino al 2030 visto che si sta parlando di investimenti di grandi capitali con effetti determinanti per lunghi periodi.

Fonte: Bundesnetzagentur (Agenzia Federale per la Rete), Bozza del Piano per lo Sviluppo della Rete 2013 


La Dena sottolinea con grande insistenza il ruolo determinante dell’efficienza energetica per la svolta energetica e in una recente presa di posizione lei ha criticato che in Germania “mancano delle condizioni quadro chiare, attraenti e affidabili”. Come dobbiamo immaginarci queste condizioni a favore dell’efficienza energetica?

Quello che manca e di cui abbiamo bisogno sono mercati funzionanti per l’efficienza energetica che si basano su tre pilastri: 1) regolamenti normativi, come ad esempio gli standard energetici per le nuove costruzioni, 2) strumenti di incentivazione e 3) trasparenza del mercato. Per quanto riguarda il secondo punto mancano delle condizioni quadro affidabili perché in passato si è trattato di programmi a breve termine che addirittura subivano delle modifiche in itinere e ovviamente non incoraggiavano gli investimenti. In più erano sempre in discussione nuovi strumenti, contribuendo ad un ulteriore disorientamento del mercato. Sono ad esempio state discusse per due anni le possibili detrazioni fiscali degli interventi di efficientamento energetico nell’edilizia esistente, con il risultato di far attendere tanti per i propri investimenti augurandosi di trarre vantaggio da una nuova legge in arrivo. Alla fine la legge non è passata, ma l’incertezza nel mercato ha creato in questi due anni molti danni e non abbiamo raggiunto gli obiettivi previsti per quel periodo. Per quanto riguarda il terzo punto, manca un mercato trasparente. Molte persone non sanno quali misure potrebbero prendere. Un primo passo sarebbe, per parlare dell’edificato, un certificato energetico impostato sul fabbisogno che fornisce delle indicazioni chiare sullo stato tecnico-energetico dell’edificio e con quali misure può essere ristrutturato energeticamente. Non si tratta di una singola, ma di un ampio spettro di misure.

Quindi lei sta dicendo che le misure da intraprendere sono conosciute e vanno prese con un orizzonte esteso per creare trasparenza e sicurezza sul mercato? Se così dovesse essere, da dove nascono le resistenze in un campo d’azione che appare come una situazione win-win?

Ci sono varie ragioni. Una controversia in corso è se favorire misure per l’isolamento termico o di impiantistica, un’altra è sulla convenienza economica delle misure, mentre ad esempio per quanto riguarda la detrazione fiscale c’è stato un conflitto tra governo federale e Länder su come suddividersi i costi, o meglio i mancati introiti, e quel conflitto alla fine ha bloccato il tutto.

In Germania ci sono conflitti sui tracciati delle grandi linee elettriche, in Italia sono nati numerosi comitati civici che si oppongono agli impianti a biomassa che anche in Germania incontrano resistenze. Il settimanale “Der Spiegel” descrive sotto il titolo “Nemici naturali” il conflitto tra protezione della natura e svolta energetica. Esiste questa contraddizione e come si risolve democraticamente?

La contraddizione esiste e va vista in un contesto più ampio. Con il sistema energetica odierno siamo causa di interventi pesanti sull’ambiente in molte parti del mondo. La Germania importa il 70% della sua energia il che significa che esporta il 70% dei danni ambientali in tante parti del mondo. Se nel Golfo del Messico brucia una piattaforma petrolifera che poi affonda, una causa è l’importazione del 70% della nostra energia. Con la svolta energetica riportiamo la produzione di energia nel nostro paese, nel nostro ambiente, che parimenti comporta interventi nella natura e nel paesaggio. Sostituiamo però le importazioni dall’estero e i danni ambientali che lì causiamo. Naturalmente questo porta a dei conflitti nel nostro paese perché vengono costruiti impianti eolici, coltivate piante energetiche come il mais o la colza, nasce la concorrenza nell’uso del suolo, si verificano modifiche paesaggistiche e nei cicli naturali. Dal mio punto di vista valutando costi e benefici siamo di fronte a interventi meno pesanti dell’estrazione di uranio in Australia o dell’estrazione di petrolio da acque profonde nel Golfo del Messico. Facendo un raffronto oggettivo tra il sistema attuale e il sistema futuro quest’ultimo si contraddistingue per una minore profondità d’intervento nei cicli naturali e nel paesaggio, avviene però lì dove noi viviamo, lavoriamo e passiamo il nostro tempo libero, e questo è causa di conflitti.

Si può dire che in Germania la popolazione non è del tutto cosciente delle sfide che comporta la svolta energetica?

Certo, si può dire. La colpa è anche da imputare a qualche discorso troppo euforico che presenta la svolta energetica come cosa desiderabile che consiste di una lunga serie di situazioni win-win, da cui tutti trarranno dei profitti. Io invece dico che non tutti faranno profitti. O meglio, guadagneranno, devono però rendersi conto e accettare che nel proprio ambiente il paesaggio potrebbe subire delle trasformazioni a causa dei tralici, della coltivazione di mais o altri interventi. Valutando i rischi che comporteranno il futuro sistema energetico e quello attuale ritegno che la svolta energetica sia giustificata, va fatta.

Torniamo alla dimensione europea della questione energetica. Ha detto prima che non vede l’autarchia energetica per le regioni ma neanche per il paese, il gioco si farà in una dimensione europea di rete di interconnessione e di un mercato europeo che va rafforzato. Quale ruolo vede per l’Italia in questo sistema europeo integrato? Anche la Strategia energetica nazionale che è stata presentata in marzo dai ministri Passera e Clini parla dello “sviluppo di un mercato elettrico pienamente integrato con quello europeo, efficiente (con prezzi competitivi con l’Europa) e con la graduale integrazione della produzione rinnovabile”. Questo secondo lei è realistico e auspicabile?

Ricordiamoci che il mercato europeo energetico interno già esiste, si tratta adesso di sviluppare una strategia in grado di far vivere questo mercato. La borsa dell’energia elettrica stabilisce il prezzo a livello europeo; il compito importante e la sfida del futuro sono come deve essere sviluppata e potenziata la rete energetica europea per dare una più ampia base al mercato europeo dell’energia e intensificare il commercio dell’energia elettrica. Altro tema importante sarà la sua futura configurazione, finora si tratta solo di un mercato dell’energia dove la merce sono le chilowattore. Il passo successivo che viene discusso in vari paesi europei è il mercato di capacità. Si comprano le capacità di produrre energia elettrica per avere risorse sicure. La struttura del futuro mercato interno dell’energia elettrica sarà un compito da risolvere appunto a livello europeo. Il terzo punto riguarda un accordo europeo per la distribuzione della capacità di produzione di energia dalle singole fonti rinnovabili. In questo contesto l’Italia riveste un ruolo centrale con il solare. Le ore di radiazione solare nell’Italia del Sud sono il doppio di quelle della Germania. Va elaborata quindi una coerente strategia europea delle rinnovabili. Queste sono principalmente le questioni da affrontare a livello europeo.

Quali sono dal suo punto di osservazione possibili misure nel campo energetico in Italia per uscire dalla crisi pesante che il paese sta subendo?

Se si vuole creare valore aggiunto nel paese, la risposta è l’efficienza energetica. Ristrutturare le abitazioni, l’infrastruttura, introdurre l’efficienza energetica nei distretti industriali, costruire impianti di co- e tri-generazione sono tutte attività che devono essere attuate a livello locale, nelle città, lì dove ci sono l’industria e il commercio. L’efficienza energetica ha la specifica qualità di creare lavoro poiché va attuata in un determinato territorio dal settore artigianale, dalle piccole e medie imprese. Per il nuovo governo italiano considero cruciale sviluppare dei programmi in questo ambito, programmi di incentivazione, iniziative per promuovere l’efficienza energetica sul lato della domanda, mobilità inclusa. Ricordiamoci che l’efficienza energetica in molti casi è economicamente conveniente, non stiamo parlando di misure diseconomiche, siamo di fronte ad alti potenziali di risparmio che producono un diffuso effetto positivo.


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