fbpx ILVA: risanamento un anno dopo | Scienza in rete

ILVA: risanamento un anno dopo

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

È passato un anno dal decreto che affidava per tre anni al commissario Enrico Bondi, amministratore delegato della società, e al sub-commissario Edo Ronchi, già Ministro dell'Ambiente, le sorti del risanamento ambientale dell'Ilva di Taranto. Sebbene non siano ancora stati completati gli interventi più costosi, quello che è emerso il 19 giugno scorso a Roma alla presentazione il dossier Il risanamento ambientale dell'ILVA dopo un anno di commissariamento, organizzata dalla fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, sembra chiaro: "L'Ilva è in via di risanamento ambientale – si legge nel comunicato stampa – ma per continuare servono risorse certe e sufficienti e poteri reali di commissariamento ambientale".
Che cosa dunque è stato fatto in questo primo anno? E soprattutto, quali sono queste risorse di cui c'è bisogno per completare i lavori e dove si può attingere? "La situazione dell'Ilva oggi è incredibilmente migliorata – spiega Ronchi – ma due sono ancora i punti su cui dobbiamo lavorare: primo, necessitiamo di una disponibilità finanziaria complessiva di 550 milioni di euro entro il 2014 e di ulteriori 250 milioni entro la fine del 2015; secondo, servono poteri reali di decisione e di intervento di un Commissario per l’attuazione del DPCM". Partiamo dalle buone notizie.
Come è emerso dalla Relazione sulla qualità dell'aria a Taranto nel 2013, resa nota dall'Arpa Puglia, tutte le stazioni della città hanno registrato un calo significativo delle medie annuali di Bap (Benzoapirene), una sostanza considerata cancerogena, portandole di molto al di sotto del valore desiderato, soprattutto nella stazione di via Machiavelli, dove si registravano i valori più alti di Bap nell'aria dell'intera area. Il valore si è ridotto infatti di 10 volte, arrivando a 0,18 nanogrammi/m3, dove l’obiettivo di qualità di legge è 1 nanogrammi/m3. Stessa tendenza si rileva anche per quanto riguarda gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), che compongono il particolato atmosferico.

 Ipa totali misurati nella stazione di via Machiavelli (Tamburi) tra il 2010-2013 (dati Arpa Puglia)

"Ad oggi l'81% dei numerosi interventi che erano stati prescritti dall'AIA nel 2011 e nel 2012 sono stati attuati e il 98% degli interventi è stato avviato" spiega Ronchi.
In particolare tutte le prescrizioni previste nel Decreto dell'8 aprile 2011 sono state attuate, tranne 5 ancora in corso, delle 55 previste invece dal decreto datato 26 dicembre 2012 più della metà – 55 su 98 – sono state attuate, mentre le altre sono in fase di attuazione; infine delle ulteriori 26 azioni aggiunte dal Decreto Ministeriale dell'8 maggio 2014 una è già stata attuata e le rimanenti sono in corso. Sempre secondo i dati forniti da Ronchi, il Piano Ambientale Ilva prevede un costo finale di 1.800 milioni di euro a fronte di oltre 575 milioni di euro di importi emessi, così ripartiti:

"Molto è stato fatto certo, ma ci sono ancora obiettivi importanti da raggiungere, non dimentichiamo che gli interventi più costosi non sono ancora stati completati." ribadisce Ronchi. "L'unico modo per rispettare le scadenze che ci siamo imposti da qui a giugno 2015 però è avere accesso a ulteriori fondi, per un totale di 800 milioni di euro.
La legge 6 dello scorso 6 febbraio infatti, la nota 'Legge Ilva/Terra dei Fuochi', all'articolo 7 prevedeva la possibilità di accedere alle risorse sequestrate per reati fiscali agli azionisti dell'Ilva, in riferimento alla procura di Milano. Per fare questo però è necessario un buon piano industriale e il nostro timore in questo senso è che si vada troppo per le lunghe."
Non sembrerebbe difficile dunque trovare questi fondi, quanto piuttosto fare in modo che si riesca ad attingervi in tempo.
Inoltre, la questione finanziaria va di pari passo con la necessità di poter esercitare pieni poteri decisionali e di intervento. "Le procedure in cui ogni giorno ci stiamo imbattendo sono troppo articolate e affaticano l'intero processo» spiega Ronchi. "La strada verso l’attuazione del DPCM, passa a mio giudizio anzitutto attraverso l'alleggerimento del percorso burocratico: eliminare la figura del sub-commissario e introdurre un commissario straordinario. Un sub-commissario, senza alcun potere di intervento non è più sufficiente per raggiungere gli obiettivi AIA."


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. E non lo sa.

Immagine tratta dalla campagna "Uno su trenta e non lo sai" sul test del portatore sano della fibrosi cistica: persone viste dall'alto camminano su una strada, una ha un ombrello colorato

La fibrosi cistica è una malattia grave, legata a una mutazione genetica recessiva. Se è presente su una sola copia del gene interessato non dà problemi. Se però entrambi i genitori sono portatori sani del gene mutato, possono passare le due copie al figlio o alla figlia, che in questo caso svilupperà la malattia. In Italia sono circa due milioni i portatori sani di fibrosi cistica, nella quasi totalità dei casi senza saperlo. La Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica sta conducendo una campagna informativa sul test del portatore sano, che consente ai futuri genitori di acquistare consapevolezza del proprio stato.

Se due genitori con gli occhi scuri hanno entrambi un gene degli occhi chiari nel proprio patrimonio genetico, c’è una probabilità su quattro che lo passino entrambi a un figlio e abbiano così discendenza con gli occhi chiari. Questo è un fatto abbastanza noto, che si studia a scuola a proposito dei caratteri recessivi e dominanti, e che fa sperare a molti genitori con gli occhi scuri, ma nonni o bisnonni con gli occhi celesti, di ritrovare nei pargoli l’azzurro degli occhi degli antenati.