fbpx Così “respira” il mostro cosmico Cygnus X-3 | Scienza in rete

Così “respira” il mostro cosmico Cygnus X-3

Primary tabs

Read time: 3 mins

Mentre a Ginevra i fasci di protoni hanno ripreso a circolare nel più grande anello di accelerazione di particelle mai costruito dall’uomo, il Large Hadron Collider, a 37 mila anni luce dalla Terra, nella costellazione del Cigno, un acceleratore naturale, estremamente più potente di quello costruito al Cern per dare la caccia al bosone di Higgs, è stato colto per la prima volta nell’atto di caricarsi ed espellere violentissimi getti relativistici di radiazione gamma. Uno “scoop” per astrofisci, pubblicato oggi dalla rivista scientifica Nature. Il merito è di un gruppo internazionale del quale fanno parte astrofisici italiani dell’Istituto nazionale di astrofisica e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, ma anche statunitensi, inglesi e russi,  con la guida italiana di Marco Tavani, dell’INAF, nonché PI del satellite italiano AGILE (Astro-rivelatore Gamma ad Immagini LEggero) che ha immortalato l’evento.

Il “mostro” cosmico, ripreso mentre sbuffa fasci di materia ad altissima energia come fosse una locomotiva si chiama Cygnus X-3. È un sistema binario molto particolare e ancora misterioso, formato da una stella massiccia, grande come 10-20 masse solari, accompagnata probabilmente da un buco nero (sarebbe il più vicino nella Via Lattea) o forse una stella di neutroni. Certamente, un oggetto compatto capace di esercitare un fortissimo campo gravitazionale che risucchia parte del vento gassoso della  stella vicina, sprigionando enormi getti di materia ad altissima velocità.

Da decine di anni, il microquasar Cygnus X-3 è un sorvegliato speciale per gli astrofisici, intenti a decifrare le emissioni di questa prolifica sorgente galattica nella speranza di carpirne i segreti. Ma il comportamento imprevedibile, fatto di una spasmodica attività nei raggi X e una occasionale (una o due volte l’anno) produzione di potentissimi getti radio, si è rivelato un vero rompicapo. Cygnus X-3 sembrava sfuggire a schemi predefiniti, con osservazioni spesso controverse. È stata quindi una inaspettata sorpresa per il gruppo di astrofisici riuscire catturare segnali gamma provenienti dal sistema binario. Li avevano previsti, ma mai osservati. Soprattutto, a lasciare di stucco i ricercatori è stata la regolarità del “respiro” di Cygnus X-3. Secondo quanto riferito su Nature, infatti, le emissioni di particelle gamma avvengono in particolari condizioni, o “stati” della sorgente e si ripetono nel tempo, anche se in modo non periodico. Tutto lascia pensare a un meccanismo sottostante, di cui finora si era all’oscuro, che regola i fenomeni di altissima energia. Per giungere a tale conclusione, i ricercatori hanno puntato il satellite AGILE verso Cygnus X-3 per quasi 300 giorni in due anni e mezzo, da metà 2007 a metà 2009. I sofisticati rivelatori al silicio del  telescopio, frutto della collaborazione tra l’Agenzia spaziale italiana, ASI, l’INAF e l’INFN, hanno catturato quattro esplosioni gamma (di energie superiori ai 100 MeV), durate alcuni giorni. All’aumentare dei dati, è balzato all’occhio che l’accelerazione di particelle precedeva di alcuni giorni la produzione di fortissimi getti radio di potenza. Ed ecco la terza sorpresa:  l’accelerazione estrema di particelle relativistche non viene prodotta a caso, né durante e dopo la formazione dei getti radio, ma prima.

“È come se Cygnus X-3 si preparasse a liberare l’enorme energia dei getti, rimanendo per qualche giorno prima in uno stato particolare di caricamento di energia in cui si accelerano le particelle a energie elevatissime”, spiega Marco Tavani. “Da erratico e ‘pazzo’ Cygnus X-3 sembra quasi che si comporti come un orologio”. “È un  altro importante risultato reso possibile dall’utilizzo di rivelatori realizzati per la fisica delle particelle elementari”, aggiunge Piergiorgio Picozza dell’INFN e Università di Roma Tor Vergata. Nonostante le croniche difficoltà di finanziamenti, la ricerca italiana in campo astrofisico, in particolare nello studio dell’Universo violento, mantiene livelli di eccellenza. Lo dimostra anche una recente analisi di Essential Science Indicators, una sorta di agenzia di rating della Reuters, secondo cui l’INAF ha avuto il più alto incremento percentuale di citazioni tra febbraio e marzo di quest’anno, con 1.217 articoli citati più di 15mila volte nei primi sei mesi del 2009.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La scoperta di un nuovo legame chimico

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Hokkaido ha fornito la prima prova sperimentale dell'esistenza di un nuovo tipo di legame chimico: il legame covalente a singolo elettrone, teorizzato da Linus Pauling nel 1931 ma mai verificato fino ad ora. Utilizzando derivati dell’esafeniletano (HPE), gli scienziati sono riusciti a stabilizzare questo legame insolito tra due atomi di carbonio e a studiarlo con tecniche spettroscopiche e di diffrattometria a raggi X. È una scoperta che apre nuove prospettive nella comprensione della chimica dei legami e potrebbe portare allo sviluppo di nuovi materiali con applicazioni innovative.

Nell'immagine di copertina: studio del legame sigma con diffrattometria a raggi X. Crediti: Yusuke Ishigaki

Dopo quasi un anno di revisione, lo scorso 25 settembre è stato pubblicato su Nature uno studio che sta facendo molto parlare di sé, soprattutto fra i chimici. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Hokkaido ha infatti sintetizzato una molecola che ha dimostrato sperimentalmente l’esistenza di un nuovo tipo di legame chimico, qualcosa che non capita così spesso.