Se non avete mai provato il brivido della cattiva condotta accademica, adesso potete farlo senza rischiare la vostra reputazione, grazie ad un nuovo gioco da tavolo messo fuori da due simpatici ricercatori. Se però non dovesse bastarvi, nulla può sostituire l’adrenalina dell’emozione dal vivo. Per farvi correre meno rischi possibili, senza tuttavia rinunciare ai vantaggi di una sana frode scientifica, mi permetto di consigliarvi qualche semplice trucchetto, adattato al nostro Bel Paese.
Stanchi di ottenere risultati caotici e inspiegabili? Stanchi di fare notte in laboratorio? Stanchi di dover sempre dimostrare che una vostra ipotesi non spiega affatto quanto si osserva in natura? E, soprattutto, stanchi di quei colleghi che insistentemente chiedono di vedere i dati alla base delle vostre pubblicazioni e mettono in dubbio i vostri lavori? Forse è arrivato il momento di intraprendere una lunga e oscura carriera nel settore della frode scientifica. Considerata la mia modesta esperienza nel settore investigativo, mi sento di dare qualche disinteressato consiglio e correre in vostro aiuto. Non è che io sia il primo; qui per esempio troverete una serie di utilissimi e intelligenti consigli per ridurre al minimo il rischio di essere scoperti. Ma si sa, l’Italia è un caso speciale; le particolarità del nostro Paese sono tante, e meritano di essere esplorate tutte. Dunque, cari ricercatori fasulli, eccovi una piccola selezione di errori banali da evitare e di suggerimenti da seguire per riuscire nella vostra luminosa carriera, senza rischiare di incappare in qualche fastidioso intoppo.
1. Scegliete bene il Paese e il laboratorio dove situare i vostri esperimenti immaginari.
Per vostra fortuna, l’Italia è quasi del tutto priva di regole in materia di frode scientifica, che non è riconosciuta dall’ordinamento giuridico. Di conseguenza, non vi sono sanzioni previste dalla legge per chi falsifica una o cento pubblicazioni; il che vi mette relativamente al sicuro. Però attenzione: alcuni enti si sono dotati di qualche linea guida che, anche se un po’ deboli sul lato sanzionatorio, potrebbero in ipotesi molto remota dare esito a delle azioni amministrative contro di voi. Evitate quindi per esempio l’Università di Napoli – che recentemente ha preso provvedimenti contro un suo professore accusato di manipolazione di immagini – o quella di Messina, che è arrivata “perfino” a sospendere il figlio di un suo ex-rettore accusato di plagio. Se lavorate in queste o altre università, per essere più tranquilli è meglio far partire una collaborazione con laboratori in altri posti, e basare laggiù gli esperimenti; sarà molto più difficile essere coinvolti in una successiva indagine accademica!
Se nonostante tutto, dovesse poi capitare che qualcuno vi chiami a rispondere del vostro operato, non per la giuridicamente inesistente frode scientifica, ma magari per appropriazione indebita di denaro pubblico (i finanziamenti alle vostre ricerche fasulle) o altre amenità, non preoccupatevi: il tempo medio tra la pubblicazione di un articolo falso e la sua scoperta è intorno a 5 anni. Sommando questo ai tempi tecnici di accertamento, a quelli delle aule giudiziarie eccetera, potete star ragionevolmente certi che il peggio che potrà capitarvi è una prescrizione in appello.
2. Non raccontate grandi storie su grandi riviste, ma quello che nel vostro settore è più o meno atteso
Non rincorrete storie straordinarie e grandi avanzamenti scientifici – possono portarvi la gloria, ma anche le attenzioni moleste di qualcuno che voglia controllare. Leggendo i lavori degli altri e partecipando a qualche convegno è facile farsi un’idea di ciò che viene dato per scontato sia il prossimo piccolo avanzamento in un dato campo; mentre gli altri perdono tempo con gli esperimenti, inventate i dati che servono e scrivete il vostro prossimo articolo, poi un altro e un altro ancora. Al massimo ci resterà male un singolo collega in un altro Paese che stava cercando di ottenere il risultato da voi pubblicato. E ricordate: il “bias da conferma” è un vostro alleato. Quando un revisore leggerà un vostro manoscritto, trovandovi ciò che tutto sommato si aspetta sia vero, sarà di sicuro meno critico che se leggesse un fatto straordinario.
3. Siate endogamici! (accademicamente)
Tenete sempre a mente una cosa: per aumentare il proprio H-index è sufficiente che i propri articoli siano citati abbondantemente – il che può essere raggiunto facilmente, dato che si riesce persino ad innalzare l’impact factor di intere riviste mettendosi d’accordo con qualche collega. Di conseguenza, pubblicate sempre su argomenti collegati alla vostra specializzatissima area di ricerca, “consigliando” a qualche collaboratore e amico di ricordarsi di citare i vostri lavori, rendendo al momento buono il favore. Più la comunità cui vi rivolgete è ristretta perché super-specializzata, più sarà composta da persone a voi note, e meglio la cosa funziona, perché ci si cita “in famiglia” senza rischi; ognuno ha il suo tornaconto, e a nessuno verrà in mente di venire a farvi le pulci. Fondate il vostro micro-settore di ricerca, difendetelo con le unghie tenendo il più possibile fuori quelli che non conoscete e pubblicate per sempre nel vostro recinto, con i vostri amici.
4. Scegliete esperimenti difficili da controllare e replicare
Gli studi su pochi pazienti e su singoli casi clinici sono difficili da controllare, perché per ragioni di privacy non si può risalire ai soggetti interessati. Ovviamente basandosi su campioni ristretti non valgono nulla da un punto di vista scientifico, ma cosa importa? Quasi tutte le riviste sono di bocca buona, purché gli si descrivano dati ottenuti su soggetti umani (veri o falsi). Non per nulla la stragrande maggioranza degli studi pubblicati è inconcludente da un punto di vista statistico. Il vantaggio è evidente per chi inventa i dati: in caso qualcuno su un campione ampio e in uno studio ben fatto trovi un risultato opposto al vostro, il vostro articolo (basato su dati falsi o dubbi) potrà essere presentato come un dato preliminare basato su un campione piccolo, una buona idea che non è stata confermata. Nessuno potrà condannarvi per questo, perché si sa: la Scienza procede per ipotesi e raffinamenti successivi.
Per aumentare la difficoltà di eventuali controlli, potete anche adottare una strategia diversa: lavorate (o sostenete di aver lavorato) su un modello sperimentale o un apparato poco diffuso, di cui voi e pochi altri siate realmente esperti. Se Hendrick Schoen non fosse incappato nell’errore di cui al punto 2, probabilmente il fatto di essere l’unico a lavorare con un certo apparato lo avrebbe protetto da qualunque verifica – perché la fatica di imparare ad usare davvero una macchina avrebbe tenuto lontano la maggior parte dei potenziali controllori dal suo lavoro (come avvenuto per anni).
5. Allargate il numero degli autori, senza preoccuparvi realmente del fatto che abbiano o meno contribuito
Vi sono molti vantaggi ad avere una lunga lista di autori nei propri lavori, Innanzitutto, sarà più difficile accertare responsabilità individuali. Scegliendo poi i nomi di ricercatori esterni al vostro gruppo, il vostro articolo apparirà frutto di più laboratori indipendenti, aumentandone la credibilità e influenzando il giudizio dei revisori. Basta solo non fare qualche ingenuità grossolana che attiri l’attenzione, come plagiare il testo.
6. Investite parte del vostro budget di ricerca nella pubblicazione su riviste predatorie o poco controllate
Il mondo dell’editoria scientifica pullula di riviste e collane pubblicate da uomini d’affari che non si faranno scrupoli di accettare qualunque cosa voi scriviate, fosse anche un lavoro scientifico che loda il Creatore. Se non sapete da dove cominciare, c’è un’apposita lista pronta per facilitarvi il compito della scelta delle riviste cui mandare le vostre pregevoli opere. È sempre aggiornata e vi garantisco che nessuno controllerà i vostri dati se sceglierete una delle riviste elencate – nemmeno i revisori, se mai ce ne saranno. Inventate qualche tabella, qualche figura, scrivete un testo decente, e con un budget di poche centinaia o al massimo qualche migliaia di euro il risultato è garantito. Il vostro materiale sarà pubblicato; applicate qualche politica per aumentare le citazioni come quella al punto 3, e la carriera è assicurata. A spese del contribuente, Ça va sans dir.
7. Frammentate le responsabilità tra i vostri collaboratori e scoraggiate la condivisione
Se proprio avete bisogno di un gruppo di ricerca, o se ormai siete ad un punto tale di carriera che vi piace la sensazione di averne uno, evitate assolutamente che i vostri collaboratori abbiano la visione complessiva di un certo lavoro. Scrivete in prima persona ogni articolo falso, lavorate sulle tabelle di dati e sulle immagini tenendo tutto in un solo PC ben custodito e impedite che qualcuno conosca nella sua interezza la storia che volete raccontare. Se ogni vostro collaboratore ignora ciò che gli altri hanno fatto, non controllerà altro che i propri dati; così nessuno si accorgerà delle manipolazioni che introdurrete, pensando che siano frutto e responsabilità di altri. Anche se ufficialmente certi insopportabili moralisti si ostinano a dichiarare che tutti gli autori hanno la responsabilità di ciò che è scritto in un dato lavoro scientifico, chi mai potrà davvero controllare? L’importante è che davvero ogni comunicazione interna al vostro gruppo, così come ogni scambio di dati con gruppi esterni, siano mediati da voi – del resto siete o no il capo? C’è un ulteriore vantaggio: semmai qualcosa andrà storto, nessuno saprà davvero chi ha prodotto quali dati (tranne voi, ovviamente); così sarà davvero difficile identificare il vero colpevole (e alla bisogna potrete sempre voi indicarne uno).
8. Pubblicate su un certo argomento dopo due o tre anni dacché qualcuno del vostro gruppo ci ha messo mano, e comunque dopo che qualche studente sia andato via
Questa è una precauzione che ha salvato moltissimi di coloro che per una ragione o per l’altra sono stati scoperti. Come revisore professionale dei manoscritti prima della pubblicazione, ho visto moltissime volte lavori evidentemente manipolati venire pubblicati ugualmente, dopo che il capo del gruppo coinvolto ha dichiarato che la responsabilità era di uno studente ormai irreperibile che aveva prodotto i dati anni prima della sottomissione. Ci si scusa, si manda una nuova figura o del nuovo materiale senza evidenti manipolazioni e il lavoro va avanti verso la pubblicazione. La stessa precauzione è valsa a salvare la rispettabilità di qualcuno (se non il particolare lavoro coinvolto) anche dopo che una frode, una volta pubblicata, è stata smascherata: era ugualmente colpa di uno studente ormai scomparso. Questa è in assoluto la giustificazione che ho sentito il maggior numero di volte e che avrà sempre un certo effetto nel salvarvi la faccia.
Bene; al termine di questo breve excursus, spero che quanti fra voi si cimenteranno nella nobile arte della frode scientifica, non dimenticheranno di aggiornarmi sui progressi compiuti. Il lavoro a noialtri cercatori di frodi non manca, ma il brivido di scoprire qualcuno cui sono servito da ispirazione ancora mi manca.
A presto dunque!