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Quando un farmaco è troppo costoso

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La protesta è stata avviata da un gruppo di medici del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center: hanno rifiutato di utilizzare un nuovo, costosissimo farmaco per la cura del cancro del colon perché non prometteva risultati migliori rispetto a quello molto meno caro impiegato fino ad allora. L’effetto sortito è stato dirompente, grazie anche all’eco mediatica creata da un editoriale apparso sul New York Times a firma di tre specialisti del prestigioso centro oncologico: la casa produttrice del farmaco ne ha dimezzato il prezzo.

La protesta da parte degli addetti ai lavori contro i costi proibitivi di alcune terapie, non sempre salvavita, ha ispirato recentemente un’iniziativa internazionale, grazie ad un nuovo editoriale, questa volta firmato da circa centoventi ricercatori provenienti da quindici diversi paesi e pubblicato online su Blood [1], la rivista della Società Americana di Ematologia, lo scorso aprile. Ci sono farmaci oncologici, oggi, che costano più di 100 mila dollari l’anno a persona, un prezzo insostenibile per la maggior parte dei pazienti ma anche per qualsiasi sistema sanitario. Alcuni, inoltre, hanno un impatto minimo sulla qualità di vita del paziente e sul decorso della malattia. L’ultima polemica si è sviluppata attorno al caso di una terapia attualmente in commercio per la cura della leucemia mieloide cronica, una malattia neoplastica relativamente rara (1-2 casi/100.000 abitanti/anno), e più specificatamente attorno al prodotto chiamato Glivec. Ne è scaturito un dibattito sulle politiche del farmaco, che vede i medici in prima linea per stimolare un’azione concreta da parte delle case produttrici e dei legislatori. Glivec è arrivato sul mercato statunitense nel 2001 con un costo iniziale di circa 30 mila dollari l’anno, che si è ben presto triplicato. In alcuni paesi, in India per esempio, i tribunali hanno bloccato il brevetto, dando spazio a generici meno costosi.

Il fatto che alcuni degli autori dell’editoriale abbiano legami dichiarati con l’industria farmaceutica, rende il loro gesto di denuncia ancora più incisivo. A capo della protesta c’è Hagop M. Kantarjian, direttore del dipartimento per la cura della leucemia del MD Anderson Cancer Center di Houston, che, mettendo in dubbio la moralità di certa gestione e commercializzazione di nuove molecole, sottolinea la necessità di abbassare i costi delle terapie salvavita, rendendole più accessibili a tutti gli ammalati.

Ovunque, più in generale, in un clima di crisi economica globale, ci si interroga su che direzione prendere per fronteggiare l'inevitabile aumento della spesa socio-sanitaria, soprattutto quella legata a patologie croniche. Nel settembre 2011, un gruppo di studiosi guidati dal professor Richard Sullivan del King’s College di Londra, ha pubblicato i risultati di una ricerca che ha fatto molto discutere. Lo studio [2] prendeva spunto dall'aumento incontrollato dei costi per la cura dei pazienti affetti da tumori terminali, che restano fra le principali cause di morte. Ogni anno circa 12 milioni di persone ricevono una diagnosi di cancro e la cifra potrebbe raggiungere i 27 milioni entro il 2030. I costi dei trattamenti oncologici ammontano attualmente a 893 miliardi di dollari. Un'alta percentuale della spesa si concentra nelle ultime settimane dell'ammalato, spesso con risultati irrilevanti sulla sua salute e qualità di vita. Qual è il senso etico di una scelta di questo tipo? Sì, dunque, alla promozione della medicina palliativa, secondo gli autori dello studio, ma attenzione all'abuso di terapie non risolutive che con i loro alti costi distraggono fondi utilizzabili per altri tipi di cure e sperimentazioni.

Il Global Burden of Disease Study 2010, la più ampia indagine epidemiologica mai effettuata per descrivere su scala mondiale la distribuzione e le cause delle malattie e dei loro fattori di rischio, offre l’opportunità di confrontare le malattie e i fattori di rischio e comprendere, in un determinato contesto, quali siano i principali determinanti per la perdita di salute. The Lancet, nelle scorse settimane [3], ha estrapolato i risultati, nazione per nazione, mettendo in luce, come tendenza generale, la crescita del numero delle vittime di malattie croniche degenerative che hanno alti costi e causano disabilità di difficile gestione.

È anche sulla base di queste proiezioni che i governi, da un lato, e l’industria e la ricerca, dall’altro, dovrebbero pianificare politiche di gestione e sviluppo sul lungo termine, in nome di una sostenibilità che mantenga sempre saldo il senso etico e morale dell’assistenza agli ammalati.

Referenze:

1
Price of drugs for chronic myeloid leukemia (CML), reflection of the unsustainable cancer drug prices: perspective of CML Experts. Blood. 2013 Apr 25. [Epub ahead of print]. 
2 Richard Sullivan et al. Delivering affordable cancer care in high-income countries, The Lancet Oncology, 1 settembre 2011, Vol. 12, Issue 10, pp. 933-980. 
3 Christopher J L Murray et al. UK health performance: findings of the Global Burden of Disease Study 2010, The Lancet, 23 marzo 2013, Vol. 381, Issue 9871, pp. 997-1020.


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