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Neuroscienziati boicottano lo Human Brain Project

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Più di 600 neuroscienziati hanno firmato una lettera di protesta indirizzata alla commissione europea, avanzando forti perplessità nella gestione dello Human Brain Project (HBP).

Il progetto di ricerca lanciato dall’Unione europea con un finanziamento di 1,2 miliardi di euro che ha lo scopo di raccogliere tutte le conoscenze scientifiche disponibili sul cervello umano su un solo super computer.
Mettendo insieme le informazioni che i ricercatori hanno acquisito sul funzionamento delle molecole, dei neuroni e dei circuiti neuronali, abbinate a quelle sui più potenti database attualmente sviluppati grazie alle tecnologie ICT, l’obiettivo è costruire un simulatore dell’intera attività del cervello umano. Un modello con cento miliardi di neuroni permetterebbe finalmente di studiare possibili terapie per contrastare malattie quali Alzheimer, Parkinson, epilessia e schizofrenia.

Con un progetto così ambizioso e impegnativo, la cosa che ci si poteva aspettare è che gli studiosi si mettessero in fila per partecipare alla ricerca del decennio.
 Ma da qualche giorno, alcuni scienziati, che prendono parte all’HBP, hanno però definito il progetto prematuro e disorganizzato. Lo hanno fatto attraverso una lettera per cercare di modificare obiettivi e modalità di attuazione.
Secondo i firmatari, l’Human Brain Project è troppo focalizzato e mal gestito e tutto questo potrebbe portare al fallimento dell’intero progetto.
 “Cerchiamo di risolvere questi problemi, e se non siamo in grado di risolverli, utilizziamo le risorse destinate alle neuroscienza in modo diverso”, spiega Zachary Mainem del Champalimaud Centre for the Unknown di Lisbona e fra i promotori della missiva.

Proprio in questi giorni la Commissione europea sta discutendo su come distribuire il secondo round di finanziamento dell’HBP, ci sono in gioco circa 100 milioni di euro. Una cifra importante ma che vede gli stessi scienziati pronti a boicottarla se non verranno accolte le osservazioni presenti nella loro lettera, indirizzate a migliorare la “qualità della governance e la mancanza di flessibilità”.

I punti portati alla luce nella lettera riguardano sia la sostanza: sono molti a ritenere che il progetto abbia più un indirizzo informatico che realmente neuroscientifico.
Gli scienziati sottolineano come in HBP si stia seguendo un unico tipo di approccio: quello botton-up. Partire dai cambiamenti molecolari per metterli in correlazione con le modifiche comportamentali-cognitivi. Viene completamente tralasciato l’approccio inverso: iniziare dai disturbi cognitivi per arrivare ai cambiamenti molecolari.

Ma un altro nodo della “protesta” sta nella forma con cui si sta conducendo il progetto.
I neuroscienziati denunciano una mancanza di trasparenza e di controllo sull’enorme contributo. 
Senza menzionarlo apertamente, la lettera è una critica diretta alla gestione “chiusa e inflessibile” che il coordinatore di HBP, l’israeliano Henry Markram, sta attuando. 
Uno dei 600 estensori della lettera, Stanislas Dehaene del Collège de France e specialista di neuroscienze, non usa mezze misure: “Lasciar intendere che si riprodurrà il cervello e che poi lo si accenderà come si accende un computer è semplicemente disonesto. “Noi non vogliamo uccidere il HBP, ma non possiamo stare a guardare che questo progetto deragli e con esso lo studio delle neuroscienze in Europa”.

Anche se il numero di firmatari continua a salire, fra questi anche l’italiano Giacomo Rizzolatti, Markram non sembra preoccupato: “abbiamo a che fare con un nuovo paradigma: ogni nuovo paradigma incontra queste difficoltà all’inizio, e le frizioni sono inevitabili. In ogni caso, precisa, il cervello artificiale non è un progetto di neuroscienze, ma serve a sviluppare nuove tecnologie e, dunque, non sottrae fondi alla ricerca di base”.

Ecco il punto centrale della lettera: ma se ci sono così tante difficoltà non è il caso di ridistribuire le risorse verso altri progetti europei nel campo delle neuroscienze? Ora tocca alla Commissione europea trovare una risposta.


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