fbpx Modificato il gene di un embrione umano. Riparte il dibattito | Scienza in rete

Modificato il gene di un embrione umano. Riparte il dibattito

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Tanto tuonò che piovve, verrebbe da dire. Un gruppo di ricercatori cinesi avrebbe, per la prima volta, modificato geneticamente alcuni embrioni umani. Lo rivela uno studio uscito il 18 aprile su Protein & Cell.
Il paper riapre l’acceso dibattito che, nelle ultime settimane, ha visto scontrarsi gran parte della comunità scientifica: è giusto manipolare gli embrioni umani? Sulle colonne di Science e Nature molti scienziati hanno espresso la propria preoccupazione per questo tipo di manipolazione genetica, considerandola uno strumento in grado di aprire le porte alla nascita di bambini selezionati geneticamente. Una posizione non condivisa da tutti.
Numerosi altri ricercatori, infatti, suggeriscono di andare avanti sebbene con le dovute cautele nell’interesse dei circa venti milioni di pazienti affetti da malattie rare nella sola Europa che potrebbero guarire definitivamente sottoponendosi alla tecnica del gene editing.
Ma la ricerca del gruppo guidato da Junjiu Huang dell’Università di Guangzho non è l’unica novità importante su questo argomento anche il direttore del NIH Francis Collins ha deciso di prendere posizione in merito alla modificazione genetica degli embrioni umani. Ma procediamo con ordine.

I ricercatori cinesi, secondo quanto riferisce Nature, hanno testato la capacità del sistema CRISPR / Cas9 di modificare il gene responsabile della β-talassemia in alcuni embrioni umani. Ma come è andata?
Nello studio sono stati utilizzati 86 embrioni “di scarto” cioè non impiantabili, ottenuti da un centro per la fertilità. Dei 71 embrioni sopravvissuti, 54 sono stati testati geneticamente. Dai risultati è emerso che solo 28 embrioni sono stati editati con successo e solo in un alcuni di questi è avvenuta la sostituzione del materiale genetico. Allo stesso tempo però sono avvenute mutazioni non intenzionali e questo ha fatto scattare un campanello di allarme: la tecnica non è ancora sicura.
Il team di Huang ha rilevato un sorprendente numero di mutazioni “fuori bersaglio”. I tassi di queste mutazioni erano molto più elevate di quelli osservate negli studi di gene-editing fatti su embrioni di topo o in cellule adulte umane. Ed è lo stesso Huang ad ammettere le difficoltà: “Se si vogliono ottenere degli embrioni normali, è necessario essere vicini al 100% della sostituzione tra il gene funzionale e quello difettoso. Inoltre, aggiunge il ricercatore, le mutazioni riscontrate sono forse inferiori a quelle che avremmo potuto ottenere, questo perché abbiamo lavorato solo sulla porzione di DNA definita exome. Tuttavia – continua Huang – il nostro studio è molto importante perché dimostra, attraverso dei dati, quello che potrebbe accadere applicando questa tecnica”.

Sull’importanza dello studio non sono concordi i redattori di Nature e Science che, secondo lo scienziato cinese, hanno rifiutato di prendere in esame il lavoro per implicazioni etiche.
A proposito della rivista che ha accettato di pubblicare la ricerca si può notare un particolare curioso: se si va sul sito Protein & Cell e si scarica il lavoro si può leggere che la redazione ha ricevuto il lavoro il 30 marzo e ha deciso di pubblicarlo il 1 di aprile. Un solo giorno per valutarlo? Un po’ pochino se si considera che di solito passa almeno qualche settimana, per non dire mesi, prima che una rivista scientifica accetti di pubblicare un lavoro. Insomma o siamo di fronti a dei revisori solerti e celerissimi oppure Protein & Cell ha voluto cavalcare il momento di dibattito in corso per fare uno scoop. "In questa situazione insolita, la decisione editoriale di pubblicare questo studio non deve essere vista come un avallo di questa pratica, né un incoraggiamento a simili tentativi", ha spiegato in un editoriale Xiaoxue Zhang, caporedattore della rivista. Dibattito che la pubblicazione del lavoro di Huang non ha fatto che riaccendere.
Rudolf Jaenisch, presidente dell’International Society for Stem Cell Research ha detto che “è troppo presto per applicare questa tecnologia alle cellule della linea germinale, in test clinici e a ogni ricerca che coinvolga l'uso di embrioni umani. Dovrebbe essere fatta con cura e in accordo a rigide linee guida etiche”. Gli fa eco George Daley, biologo presso la Harvard Medical School di Boston. “Lo studio di Huang dovrebbe essere un monito severo per qualsiasi professionista che pensa la tecnologia di gene editing applicata agli embrioni umani sia pronta per passare all’applicazione clinica”.  In questa vicenda quello che, forse, desta più preoccupazione è la differenza che vi è di legislazione tra le varie nazioni.

In uno studio pubblicato nel 2014, Motoko Ishii Araki e Tetsuya dell'Università di Hokkaido, hanno esaminato le regole in 39 paesi e hanno scoperto che 29 di loro (rosa più chiaro sulla mappa in basso) hanno un divieto su questo tipo di ricerca. In Austria, ad esempio, "è vietato qualsiasi intervento che coinvolge la linea germinale umana."
Nel nostro Paese ci sono leggi specifiche che vietano le manipolazioni sull’embrione e le cellule germinali. In altre nazioni, come la Cina, non vi è nessuna regolamentazione o quando è presente è alquanto ambigua. Ci sono delle linee guida che vietano la pratica, ma la leggi non vengono applicate. E negli Stati Uniti? Dai due ricercatori giapponesi gli USA vengono considerati come un “caso speciale”: no un totale divieto, ma delle le regole che sono molto restrittive. Vi è una legge del 1996 conosciuta come l'emendamento Dickey-Wicker che vieta espressamente il finanziamento a questo tipo di ricerca. Ma per fare chiarezza è intervenuto Francis Collins, direttore del NIH che ribadito con fermezza il divieto da parte della sua Agenzia nel fare ricerca in questo ambito.  

La National Institutes of Health è preoccupata per la sicurezza della tecnica e le implicazioni etiche correlate.
Collins ha sottolineato il fatto che ci sono poche situazioni cliniche in cui la modifica sarebbe l'unico modo per impedire il passaggio di una malattia genetica da genitore a figlio. Secondo Collins la questione della modifica embrioni è “una linea di ricerca che non dovrebbe essere attraversata”. 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Intelligenza artificiale ed educazione: la ricerca di un incontro

Formazione ed educazione devono oggi fare i conti con l'IA, soprattutto con le intelligenze artificiali generative, algoritmi in grado di creare autonomamente testi, immagini e suoni, le cui implicazioni per la didattica sono immense. Ne parliamo con Paolo Bonafede, ricercatore in filosofia dell’educazione presso l’Università di Trento.

Crediti immagine: Kenny Eliason/Unsplash

Se ne parla forse troppo poco, almeno rispetto ad altri ambiti applicativi dell’intelligenza artificiale. Eppure, quello del rapporto fra AI ed educazione è forse il tema più trasversale all’intera società: non solo nell’apprendimento scolastico ma in ogni ambito, la formazione delle persone deve fare i conti con le possibilità aperte dall’IA.