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L'inquinamento dell'aria aumenta il rischio di Covid-19

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Il rischio di infettarsi con SARS-Cov-2 aumenta in ragione dell'inquinamento dell'aria. Per la precisione a ogni aumento di 1 microgrammo/m3 di PM2,5 su base annua, il rischio aumenta di circa il 5%, e in percentuali inferiori per gli altri inquinanti, il che corrisponde in termini assoluti a 294 ogni 100.000 persone. L'interessante risultato è stato ottenuto da ricercatori dell'Università dell'Insubria di Varese, insieme a colleghi dell'Università di Cagliari, dell'Imperial College di Londra e della società Arianet, che hanno pubblicato lo studio sulla rivista Occupational & Environmental Medicine del gruppo BMJ. La correlazione fra esposizione cronica all'inquinamento e infezione viene quindi confermata da un nuovo studio condotto sui dati reali delle infezioni di Varese, città peraltro meno inquinata delle vicina conurbazione milanese. Il nesso potrebbe dipendere non dal fatto che l'inquinamento "trasporta" i virus (ipotesi controversa e non confermata dagli studi), ma dalla maggiore suscettibilità a contrarre l'infezione da parte di chi vive in luoghi inquinati, per i più alti livelli di infiammazione e da altri meccanismi. Una ragione in più per affrontare con decisione il contrasto all'inquinamento. Ne abbiamo parlato con uno degli autori dello studio, Giovanni Veronesi, biostatistico dell'Università dell'Insubria di Varese.

Intervista: Luca Carra. Sigla: Jacopo Mengarelli, Chiara Sabelli. Produzione: Sergio Cima

 


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Centrali geotermiche e terremoti indotti: facciamo chiarezza

centrale geotermica di Nesjavellir in Islanda

L'estrazione geotermica dal sottosuolo richiede—a volte—una stimolazione, che consiste nell'iniettare dei fluidi nella crosta terrestre per renderla più permeabile. Questa procedura può causare terremoti a volte rilevanti. Un gruppo di ricercatori ha messo a punto un algoritmo di machine learning che prevede l'aumento di permeabilità ottenuto a partire dalla magnitudo dei terremoti indotti. Lo ha fatto sfruttando i dati raccolti da due esperimenti negli Stati Uniti e ne sta testando la validità anche in altri siti. L'algoritmo potrebbe diventare uno strumento per la selezione dei siti più adatti per sistemi geotermali migliorati e per la loro ottimizzazione. Inoltre, poter prevedere la sismicità indotta potrebbe aumentare l'accettabilità sociale di questi stabilimenti.

Nell'immagine di copertina: la centrale geotermica di Nesjavellir in Islanda. Credit: Scott Ableman (CC BY-NC-ND 2.0).

Nel 2006 la centrale geotermica costruita da Geopower Basel, nella zona industriale di Basilea fu costretta a chiudere. La stimolazione idraulica del sottosuolo aveva infatti causato un terremoto di magnitudo 3,4 in una zona sismicamente silenziosa, provocando danni agli edifici e spaventando la popolazione. La zona era particolarmente favorevole per una centrale del genere.