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La caccia alla materia oscura porta agli assioni

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Artwork by Sandbox Studio, Chicago

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Due ricercatori italiani, l’astrofisico Fabrizio Tamburini e il fisico teorico Ignazio Licata, teorizzano un modello di oscillazione stellare [Can the periodic spectral modulations of the 236 SETI candidate Sloan Survey stars be due to Dark Matter effects? in: arXiv:1611.02586]. che rivela la presenza degli elusivi assioni, componenti della dark matter all’interno di stelle con modulazione periodica estremamente regolare nello spettro. [Ndr]

In tempi in cui il mito della vecchia IA risorge sotto la forma dei big data, credo che l’aspetto più affascinante del lavoro fatto con Fabrizio Tamburini sulla materia oscura sia quello metodologico, legato al good old fashioned artigianato scientifico, fatto di dati, discussioni sulla loro interpretazione, costruzione di un modello alternativo che fa emergere connessioni inattese ed infine previsioni precise, che potranno essere confermate o smentite, ma offrono alla comunità degli astronomi qualcosa di concreto su cui lavorare. Ricordo una bella dichiarazione di Darwin secondo cui esistono nella scienza solo due tipi di teorie utili: quelle giuste, che ci indicano che direzioni prendere, e quelle sbagliate, che ci risparmiano percorsi inutili. Purtroppo non è sempre così facile imbattersi in lavori epistemologicamente “puliti”, così è un piacere per me raccogliere l’invito di raccontare un po’ la storia “interna” della nostra ricerca.

Il rompicapo della materia oscura

La Materia Oscura è una della sfide più affascinanti della Fisica Contemporanea. Com’è noto, questo tipo di materia non visibile (non emette radiazione elettromagnetica e interagisce debolmente con le forme note di materia) è un elemento ineludibile del Modello Cosmologico Standard, basato sulla Relatività Generale e sul Modello Standard della fisica delle particelle, e delle sue varianti. Sembra infatti impossibile spiegare formazione, dinamica e stabilità delle strutture cosmiche su tutte le scale astrofisiche, da quelle locali, interne alla nostra Galassia, alle galassie esterne, agli ammassi di galassie, fino alle scale cosmologiche. Allo stesso modo, una serie di osservazioni basate sulla distanza di luminosità delle Supernovae di Tipo Ia, la radiazione cosmica di fondo e la distribuzione delle strutture cosmiche, le fluttuazioni della materia “ordinaria” (le cosiddette Baryonic Acoustic Oscillations) e altri fenomeni indicano chiaramente che il fluido cosmologico è in espansione accelerata. La causa è attribuita alla costante cosmologica o a una non ben definita forma di energia oscura che accelererebbe il cosmo. Malgrado queste evidenze macroscopiche, e malgrado il fatto che la Relatività Generale riceva sempre nuove conferme (la recente scoperta delle onde gravitazionali è una delle prove recenti più eclatanti), i costituenti fondamentali della materia oscura e dell’energia oscura appaiono estremamente elusivi.

Tutte le ricerche dirette e indirette di particelle con massa che interagiscono gravitazionalmente ma non elettromagneticamente sembrano, fino a oggi, senza successo. Da un punto di vista generale, il Modello Standard delle Particelle Elementari appare piuttosto solido (sicuramente più di quanto sembrasse all’indomani di Higgs!) e non lasci molto posto per altre particelle “esotiche”. D’altro canto, anche modificare il cosiddetto settore gravitazionale può risultare problematico, se le teorie alternative alla Relatività Generale non riproducono i risultati - e la bellezza - di quest’ultima, che ha accumulato in circa un secolo conferme sperimentalmente ben fondate almeno alle scale locali.

E’ in questo quadro che si inserisce il lavoro con Fabrizio. Forse la prima cosa che va detta è che non siamo specialisti di Dark Matter. Come tutta la comunità dei fisici naturalmente abbiamo una forte consapevolezza delle grandi questioni che gravano sulla nostra disciplina, ma non abbiamo la frequentazione con questo problema che possono avere i nostri amici e colleghi, e tra i nostri primi sostenitori in questa avventura, Salvatore Capozziello, Presidente della Società Italiana di Relatività Generale e Fisica della Gravitazione, e Mariafelicia De Laurentis (Felix), della Goethe Universität Frankfurt am Main.

Fabrizio Tamburini, allievo di Dennis Sciama, è un esperto mondiale di twisted photons (che da buon veneziano a volte definisce fotoni mbriachi), un campo dell’elettrodinamica quantistica che ha un enorme impatto su un ampio range di questioni che vanno dalla telematica alla crittografia fino ai buchi neri; io mi occupo di aspetti fondazionali della teoria quantistica che dovrebbero avvicinare la meccanica quantistica (QM), la teoria quantistica dei campi (QFT) e la fisica delle particelle.

Extraterrestri o assioni?

Il mio approccio alla cosmologia quantistica, l’Universo arcaico, è ancora più legato alla struttura matematica dell’universo di de Sitter che all’attività osservativa. Ci siamo incontrati a un convegno a Milano sull’innovazione e soprattutto, direi, ci siamo riconosciuti. Una volta il guru del movimento Gnu-Linux, Richard Stallman, mi definì un hacker della fisica, qualcuno che ama “smontare” le scatole, pronto a battere sentieri nuovi. Non voglio dire che lo “scienziato” dovrebbe essere così, il rischio di dispersione è alto e la comunità non può permetterselo. Ma con Fabrizio siamo così. Infatti a Milano tirò subito fuori dalla cartella la bozza di un lavoro sui buchi neri e mi chiese di salire a bordo. Ci conoscevamo da poco e avevamo parlato solo di pipe e auto da corsa. La corrispondenza di un’amicizia scientifica è un po’ come il vuoto della QFT: un numero enorme di scambi quotidiani ricco di idee che si sviluppano e si annichilano continuamente, finché qualcosa prende la forma labile di un’idea che si fissa e diventa un protolavoro, un draft.

Fabrizio aveva trovato in Arxiv il lavoro di due astronomi canadesi, Bora e Trottier, che hanno rilevato impulsi luminosi “insoliti”, e molto regolari, in 234 stelle vicine o appartenenti alla sequenza principale (per intenderci, quella del nostro sole) nell’ambito del progetto Sloan Digital Sky Survey [Discovery of peculiar periodic spectral modulations in a small fraction of solar type stars, in https://arxiv.org/abs/1610.03031].

I due autori evocavano l’ipotesi SETI: “questi segnali hanno esattamente la forma di un segnale di intelligenza extra-terrestre”. La cosa non deve stupire, da quando il progetto più avanzato di SETI, il Breakthrough Listen, ha ricevuto l’appoggio di Stephen Hawking e i finanziamenti  del miliardario Yuri Milner. SETI rilascia subito un comunicato che nasconde a stento l’entusiasmo: “Riteniamo che uno su 10 mila oggetti con emissioni spettrali inusuali meriti certamente un approfondimento aggiuntivo".

Chi non ha amato “Contact” di Carl Sagan e il bel film di Zemeckis con l’intrepida Jodie Foster alla ricerca di intelligenze aliene? Nonostante ciò, ci sembrava una spiegazione troppo “facile” (234 civiltà ET coordinate su un singolo segnale ci sembrava un po’ inverosimile…). Abbiamo deciso perciò di rivolgerci alla materia oscura, prendendo in considerazione le WIMPs (weak interacting massive particles), i candidati per il ruolo di protagonista nella Dark Matter. Tra queste l’assione è uno degli oggetti più antichi, e con una storia “nobile”, che ha origine nella fisica delle particelle. Fu introdotto infatti alla fine degli anni ’70 in seguito al lavoro di Roberto Peccei ed Helen Quinn su alcuni problemi relativi della simmetria CP (Carica-Parità) delle particelle a interazione forte. Si tratta di un bosone con massa molto piccola e senza spin. La biografia dell’assione si arricchì presto di contributi importanti, tra cui quelli di L. Maiani, G.’t Hooft e F. Wilczek, che diede il nome al nuovo arrivato prendendolo da una famosa marca di detersivi!

Il problema era adesso utilizzare gli assioni per spiegare i dati di Borra e Trottier. Abbiamo scartato subito l’idea di un’atmosfera stellare che “modulava” e filtrava le frequenze, perché la densità degli assioni è comunque molto bassa. Detto in altri termini, per dare effetti galattici rilevanti non devono essere né pesanti né tanti. Ci siamo rivolti dunque a una serie di modelli di materia bosonica, ipotizzando ragionevolmente che le stelle ne avessero intrappolato un po’ all’interno. E’ cominciata una fase complicata, di calcoli e stime di grandezza. Avevamo a che fare anche con la turbolenza.

Tutto questo è difficile da raccontare. Bisogna però comprendere che quei puntini luminosi che vediamo in una notte stellata sono oggetti dinamici complessi, che hanno una loro “vita” fatta di pulsazioni e oscillazioni. E fu in una notte di calcoli che venne fuori il primo segnale interessante del modello: un po’ di materia assionica modificava l’emissione spettrale proprio nel modo sperato. C’è qualcosa di magico in una teoria che funziona che potremmo chiamare “effetto ciliegia”: vedi che progressivamente i vari tasselli si compongono. Il primo fu fornire un range plausibile per la massa degli assioni, in linea con il lavoro e le simulazioni degli studiosi di cromodinamica quantistica (il settore delle QFT che si occupa dell’interazione forte, in particolare vedi: Borsanyi et al. [Nature 539, 69-71 (2016), https://arxiv.org/abs/1606.07494].

Effetto ciliegia

Ma restava una domanda importante senza risposta: perché un numero così esiguo di stelle, e tutte intorno alla sequenza principale? Non fu immediato, ma anche qui l’effetto ciliegia ci venne in soccorso: la chiave è una densità critica. Per “grumi” bosonici di assioni più piccoli in stelle più grandi la turbolenza avrebbe reso l’effetto invisibile!

A quel punto eravamo piuttosto soddisfatti di aver fornito una lettura diversa dei dati astronomici - allontanando l’incubo alieno! - e di aver “rilanciato” l’assione tra le Wimps. Tra l’altro, i test più recenti sul modello standard non lo escludono, ed esistono anche una classe di modelli in cui Higgs e assione sono strettamente imparentati per ragioni cosmologiche [vedi ad es. Espriu e co: https://arxiv.org/abs/1503.02953]. E’ sempre un buon segno quando ingredienti di provenienza diversa si fondono in uno scenario coerente. Mandammo l’articolo a Physica Scripta e per un po’ non ci pensammo più, assorbiti da altre cose. Furono poi i commenti entusiasti dei referees a farci pensare di aver dato un buon contributo alla comunità.

Naturalmente non abbiamo risolto il problema della materia oscura. In febbraio un bellissimo articolo firmato anche da Ed Witter fornisce una stima diversa per un assione ultralight [https://arxiv.org/abs/1610.08297], basato su una teoria cosmologica degli oggetti scalari nella Dark Matter. La nostra non è una teoria, ma un modello diverso di lettura di certi dati astronomici anomali. Adesso la parola passa al lavoro paziente degli astronomi, e ai colleghi teorici che tenteranno di confrontare questo modello con altri approcci teorici. Ma abbiamo avuto la fortuna di offrire ai colleghi qualcosa di cui si potrà dire che è giusto o sbagliato. Non capita spesso. E anche se dura poco, come dissero una volta Feynman e Hoyle, è qualcosa che dà una grande gioia.


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