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Quinta forza, un'eco dal centro della Terra

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Hypercharge è il nome con cui i fisici dell’Università del Texas hanno battezzato un’interazione di campo descritta nel alvoro pubblicato su Science, potenziale candidata, dicono i ricercatori, ad assumere il ruolo di “quinta forza fondamentale della natura”. Questa andrebbe quindi ad aggiungersi alle forze di gravità, elettromagnetica, nucleare debole e forte.
Se così fosse, si dovrebbe contemplare anche la presenza di qualche nuova, inaspettata particella elementare.

I fisici sanno bene, infatti, che il modello standard della fisica – ovvero la teoria dei campi che mette insieme meccanica quantistica con relatività ristretta -  prevede l’esistenza di nuove particelle “virtuali”, scambiate da coppie di elettroni attraverso un’interazione a lunga distanza.
L'ipotesi della  quinta forza è stata avanzata diverse volte in passato, ad esempio da Ephraim Fischbach, con un'intensità pari a circa quella della gravità e un raggio d'azione che va da pochi millimetri fino a distanze misurate su scale cosmiche. Tuttavia, l’ipotesi è rimasta finora tale, supportata solo dall’apparato teorico del modello standard, anche perchè la forza di gravità è troppo debole per poter essere misurata.

Il team di ricercatori guidato da Larry Hunter, professore di Fisica dell’Amherest College è partito dall’interazione teorica spi-spin a lunga distanza per cercare in profondità, letteralmente, la nuova forza.
Dal livello in superficie dei loro laboratori, i ricercatori americani hanno puntato gli strumenti in basso a migliaia di chilometri, verso il mantello terrestre, cioè quello strato geologico che separa la crosta dal nucleo centrale del pianeta.
Dalla geologia sappiamo che il mantello è costituito in gran parte di materiale ferroso, immerso nel campo gravitazionale terrestre che, quindi, fornisce agli elettroni degli atomi di cui è composto una specifica orientazione di spin.

“Partiamo dal presupposto che un dipolo magnetico (un magnete) ha un’energia più bassa quando è orientato parallelamente al campo magnetico terrestre. Quello che facciamo nei nostri esperimenti”, ha spiegato Hunter “è eliminare questa interazione per stabilire se ci sono altre interazioni analoghe, tra gli elettroni del laboratorio in superficie e quelli del mantello terrestre”.

Geoelettroni sono i valori di intensità e direzione che Hunter ha assegnato alle particelle descritte nella simulazione di calcolo degli elettroni delle viscere della Terra, sviluppata nella prima fase del lavoro. Questi dati sono stati quindi incrociati con quelli ottenuti da Jung-Fu "Afu" Lin, professore associato della Jackson School of Geosciences, a riguardo di spin di elettroni di atomi sottoposti a condizioni di stress simili a quelle del mantello.
La stima delle energie delle particelle in superficie in funzione dell’orietazione col campo magnetico terrestre ha indicato, per il momento, solo uno scarto di circa un millesimo tra l’intensità di interazione spin-spin tra due elettroni e la forza gravitazionale.

Jung Lin ha così commentatoquesti dati: “la cosa più sorprendente e gratificante di questo lavoro, è stato capire che la fisica delle particelle può essere utilizzata per studiare la geofisica”.

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