Il titolo (rovesciato) del racconto di Edmondo De Amicis (1846-1908) compreso nella raccolta Cuore (Treves, 1886), che ascoltavamo trepidanti quando, molti anni fa, ci veniva letto dalla maestra delle elementari, sembra fatto su misura per il naturalista cileno Juan Ignacio Molina (Guaraculén-Talca, 1740- Bologna, 1829). A differenza del “ragazzo genovese di tredici anni, figliuolo d’un operaio” che, come narra De Amicis, “andò da Genova in America, da solo, per cercare sua madre”, Molina venne in Italia perché, come gesuita, fu costretto ad abbandonare la sua Patria da un editto di Carlo III. Il viaggio durò alcuni mesi e si svolse in più tappe. Molina sbarcò a La Spezia con alcuni compagni poi, attraverso la Toscana, giunse a Imola e da qui a Bologna, dove fondò una scuola privata e si dedicò a ricerche ed escursioni naturalistiche.
La fama di
Molina, considerato il primo scienziato cileno, è legata soprattutto al Saggio sulla storia naturale del Chili
(1782) e al Saggio sulla Storia Civile
del Chili (1787), pubblicati entrambi a Bologna. Destarono interesse
perché fecero conoscere in Europa le vicende e gli aspetti naturalistici di
luoghi sconosciuti ai più. Il primo fu preceduto dal Compendio della storia geografica naturale e civile del regno del Chili
(1776) pubblicato in forma anonima. Il Saggio
del 1782 migliora ed estende notevolmente il Compendio, anche se è citato come seconda edizione dello stesso. Le
Memorie di Storia Naturale furono
pubblicate postume dai suoi Allievi. I Saggi
sulla storia del Cile furono tradotti in diverse lingue. Quello sulla storia
naturale apparve in tedesco (1786), francese (1789), spagnolo (1788) e inglese
(1809). L’edizione inglese conteneva due appendici ricavate
dall’opera A Description of Patagonia and
the adjoining parts of South America, with a grammar and a short vocabulary,
and some particulars relating to Falkland's Islands (1774) del gesuita
inglese Thomas Falkner (1707-1784), missionario in quelle terre. Le
Memorie presentate all’Accademia delle Scienze di Bologna sono quattordici,
non tutte egualmente interessanti. Fra quelle meritevoli di maggior attenzione
s’impongono le Osservazioni sulla fisica
costituzione e sui prodotti minerali della montagna bolognese. Molina volle
dimostrare, sulla base di osservazioni dirette, che le “storielle” circolanti
anche fra gli individui delle classi più elevate concernenti la sovrabbondanza
di sostanze metalliche, incluse quelle contenenti oro e argento, nella parte
più montuosa dell’Agro Bolognese erano frutto dell’immaginazione e inconsistenti.
Non per questo però i minerali che trovò erano da sottovalutare. Li descrisse
con precisione, specificando esattamente i luoghi e indicandone i possibili
usi, dall’edilizia alla medicina. Un’altra memoria, forse la più importante, è
ricavata da tre conferenze intitolate Analogie
meno osservate dei tre regni della Natura. Espose una teoria secondo la
quale i tre regni (animale, vegetale e minerale) erano sì distinti ma, in
qualche modo, interconnessi. Questo modo di pensare si collegava alle idee di
Charles Bonnet (1721-1793) sulla “catena dell’essere” ovvero la continuità
fissa per l’eternità del creato, dal livello più basso (l’atomo) al più alto (i
cherubini). Il tutto obbediva in ogni caso, secondo Molina, a un Disegno
Divino. Come si vede, si trattava di idee non proprio ortodosse, tant’è che un
suo ex-allievo, Camillo Ranzani (1775-1841) lo denunciò all’Arcivescovo di
Bologna. Molina ebbe alcuni fastidi e gli fu proibito di insegnare ma, alla
fine, fu assolto e il testo, con qualche taglio, vide la luce. Charles Darwin
(1809-1882) fu tra quelli che citarono i suoi lavori sul continente Sud
Americano e si può pensare che conoscesse anche queste discusse Analogie. Il nome di Molina viene
associato talvolta anche al pensiero di Theilard De Chardin (1881-1955) il
gesuita che si proponeva di conciliare la rivelazione cristiana con la scienza.