fbpx La “Le Mans” cellulare | Scienza in rete

La “Le Mans” cellulare

Primary tabs

Read time: 2 mins

Con la velocità di 5.2 micron al minuto ovvero 0.000000312 chilometri l’ora, le cellule fetali mesenchimali del midollo osseo da Yuchun Liu presso l'Università di Singapore si sono aggiudicati la “24 ore delle cellule”. Come per la famosa corsa di Le Mans un gruppo di scienziati ha organizzato la World Cell Race, ovvero la Corsa Mondiale delle Cellule che ha visto la partecipazione di 70 linee cellulari provenienti da 50 laboratori di tutto il mondo. I risultati della gara sono stati annunciati in occasione della riunione annuale della American Society for Cell Biology. Il secondo e terzo posto sono andati a due tipi di cellule del seno presentate dal Odile Filhol-Cochet di RTSV in Francia.

Le cellule sono state coltivate e piastrate su piste microfabbricate di 400 micron con sopra fibronectina appositamente progettate e costruite da Cytoo SA, e quindi filmate per 24 ore prendendo un immagine ogni 10 minuti. I video sono stati registrati durante Luglio e Agosto in sei diversi laboratori. La chiave per la vittoria? “Evitare di cambiare direzione, dice Théry, che ha co-organizzato la gara con i colleghi dell'Institut Curie di Parigi, cellule che vanno avanti e indietro lungo la pista ha impiegato più tempo per finire. ”Durante la cerimonia di premiazione, gli organizzatori hanno introdotto un ulteriore premio: il premio tartaruga. E’ stato assegnato al tipo di cellula che si muove più insistentemente senza cambiare direzione. Il premio è andato a una linea di fibroblasti embrionali di topo presentata da Harini Krishnan dell'Università di Medicina e Odontoiatria del New Jersey.

Dietro al divertimento c’è soprattutto un obiettivo scientifico: cercare di capire meglio il movimento cellulare studiando tipi di cellule diverse che migrano però nelle stesse condizioni, uno dato emerso sta nella maggiore velocità che le cellule staminali e cellule tumorali hanno rispetto alle loro controparti mature e sane.

Di seguito il video della corsa cellulare:

 

Autori: 
Sezioni: 
Competizioni

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.