fbpx Il quasar più distante | Scienza in rete

Il quasar più distante

Read time: 1 min

Un team di astronomi europei ha osservato il quasar più lontano mai individuato finora, una scoperta che potrebbe aiutarci a comprendere meglio l'infanzia del nostro Universo.

La luce di questa energetica galassia primordiale, catalogata come ULAS J1120+0641, ha viaggiato per 12,9 miliardi di anni prima di essere raccolta dal telescopio infrarosso hawaiiano UKIRT. La conferma definitiva della distanza record la si è avuta grazie alle successive osservazioni effettuate sia con il VLT che con il Gemini North Telescope.

La particolare luminosità del quasar ha permesso a Daniel J. Mortlock (Imperial College) e agli altri astronomi del team di acquisire lo spettro della sorgente e da questo ricavare preziose informazioni. Nello studio, pubblicato su Nature, i ricercatori suggeriscono che ad alimentare il quasar sarebbe un buco nero di circa due miliardi di masse solari, una valutazione destinata a innescare aspre discussioni. Risulterebbe infatti molto complicato spiegare la presenza di una tale concentrazione di massa in un'epoca così prossima al Big Bang.

Per gli amanti delle statistiche, il quasar è attualmente il più distante oggetto di questa classe scoperto finora e il suo redshift di 7.1 lo colloca in un'epoca in cui l'Universo aveva solamente 770 milioni di anni. Il quasar si trova dunque 100 milioni di anni più indietro nel tempo del precedente detentore del record.

ESO - University of Nottingham

Autori: 
Sezioni: 
Astrofisica

prossimo articolo

Misurare l’energia della biodiversità per la salute degli ecosistemi

elefanti nella savana

Una nuova ricerca rivela che il flusso di energia che attraversa le reti alimentari africane si è ridotto di quasi due terzi dall’epoca preindustriale. Capire come l’energia scorre negli ecosistemi permette di leggere in anticipo segnali di degrado e orientare strategie di conservazione più efficaci.

Biodiversità significa non solo ricchezza e abbondanza delle forme di vita in un luogo, ma anche delle relazioni che esse intessono tra loro. La vita chiama vita, una specie crea i presupposti per l’esistenza di altre, la rete di connessioni e interazioni  dà forma e funzione agli ecosistemi.  Misurare le relazioni consente dunque di valutare lo “stato di salute” delle comunità biologiche e fornire una diagnosi precoce dei problemi ambientali, che possono insorgere ben prima che una specie si estingua. È però un compito tutt’altro che semplice.