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7 dicembre 2018
a cura di Chiara Sabelli
Un operatore sanitario aiuta Jordan Tappero, allora direttore della divisione Global Health Protection dei CDC a indossare la maschera protettiva prima di entrare nell'unità di trattamento di Ebola ELWA 3 allestita da Medici Senza Frontiere ad agosto del 2014 a Monrovia in Liberia. Credit: CDC Global / Flickr. Licenza: CC BY 2.0.
L'epidemia di Ebola in corso nella provincia nordorientale del North Kivu, Repubblica Democratica del Congo, è la seconde più grave di sempre, superata solo da quella del 2014-2016 nell'Africa occidentale. Finora sono 420 le persone contagiate e 240 i morti. Ma perché è così difficile contenerla? In questa intervista Peter Salama, capo dell'Health Emergencies Program presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità, spiega come l'instabilità politica della regione rappresenti una delle sfide più difficili. Il North Kivu è una delle aree del mondo più ricche di cobalto, un metallo fondamentale per le batterie delle auto elettriche ma anche dei dispositivi mobili. Per questo motivo è il teatro di conflitti armati tra bande ribelli da oltre 20 anni. Le minacce e le violenze fisiche subite dalla popolazione hanno generato diffidenza verso gli interventi delle organizzazioni internazionali che combattono Ebola: gli abitanti della regione chiedono di essere protetti anche dalla guerra oltre che dalle malattie. Nonostante questo il vaccino sperimentale contro Ebola è stato ben accettato. A oggi la copertura supera il 95% per oltre il 90% degli anelli (il trattamento è somministrato alle cerchie di contatti delle persone infette). Un altro elemento di complessità è rappresentato dai rischi a cui è esposto il personale sanitario: poche settimane fa un centro di trattamento è stato bersagliato da una pioggia di proiettili. È per questo che i CDC statunitensi hanno ritirato, tra le critiche, il loro personale. Nell'immagine: un operatore sanitario aiuta Jordan Tappero, allora direttore della divisione Global Health Protection dei CDC a indossare la maschera protettiva prima di entrare nell'unità di trattamento di Ebola ELWA 3 allestita da Medici Senza Frontiere ad agosto del 2014 a Monrovia in Liberia. Credit: CDC Global / Flickr. Licenza: CC BY 2.0.
DA SHARM EL SHEIKH A KATOWICE
La Convenzione sulla Biodiversità delle Nazioni Unite (CBD) decide di non imporre una moratoria sull'impiego della tecnologia gene-drive. È quanto emerge dall'incontro delle parti della CBD che si è svolto il 29 novembre a Sharm El-Sheikh. Il testo del trattato, sottoscritto dalla maggioranza dei Paesi del mondo, stabilisce che i rischi connessi all'utilizzo dei gene-drive devono essere valutati caso per caso e che le comunità indigene devono essere coinvolte nella decisione. Il testo è sufficientemente vago da essere stato ben accolto sia dagli scienziati impazienti di testare la tecnologia sul campo, come il gruppo Target Malaria che ambisce a bloccare la diffusione della malaria intervenendo sulle zanzare, sia dagli attivisti diffidenti, che vedono come una vittoria la necessità di ricevere il benestare delle popolazioni locali. [Nature; Ewen Callaway]

Si è aperta lunedì la 24esima conferenza delle parti (COP) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), la COP24. Durante due settimane di negoziati quasi 200 delegazioni dovranno concordare le "regole" per l'implementazione dell'accordo di Parigi. Come verranno documentate le riduzioni delle emissioni di gas serra da parte dei singoli Paesi? Con quale grado di dettaglio dovranno descrivere le strategie che intendono adottare per realizzarle? Quale sarà l'entità dei contributi al fondo per l'adattamento dei Paesi più vulnerabili? Si tratta dunque di una COP tecnica, ma molto importante per capire il destino dell'Accordo di Parigi. Nel raccontare i negoziati, raccomanda Stefano Caserine dalle pagine di Climalteranti, ecco cinque errori da cui guardarsi. [Climalteranti; Stefano Caserini, Claudio della Volpe, Mario Grosso, Italian Climate Network]

Il populismo è il più grande alleato del cambiamento climatico. Il populismo offre soluzioni semplici a problemi molto complessi. A destra ci sono gli esempi di Trump, Bolsonaro e Morrison che negano la gravità della situazione e continuano ad alimentare le loro economie a carbone. Dall'altra parte ci sono i teorici della decrescita felice, coloro che sostengono che è sufficiente rallentare lo sviluppo economico per contenere il riscaldamento globale. È quanto afferma Paolo Vineis, epidemiologo all'Imperial College London, in un editoriale su Scienza in rete. [Scienza in rete; Paolo Vineis]

INTELLIGENZA ARTIFICIALE
DeepMind, la compagnia di Google che sviluppa sistemi di neural network, si è classificata prima nella competizione per prevedere la struttura tridimensionale delle proteine a partire dalla catena di amminoacidi di cui sono composte . La gara, chiamata CASP (Community Wide Experiment on the Critical Assessment of Techniques for Protein Structure Prediction), si svolge ogni anno per mettere alla prova i ricercatori e spingerli a migliorare su un tema di fondamentale importanza per tutti i problemi che coinvolgono organismi viventi, dalla farmacologia all'inquinamento. La funzionalità di una proteina dipende infatti dal modo in cui la catena di amminoacidi di cui è formata ruota, si piega su se stessa e vibra. DeepMind ha partecipato per la prima volta quest'anno, con il suo sistema AlphaFold, ed è stato in grado di prevedere correttamente la forma di 25 proteine su 43; il secondo classificato ha descritto solo 3 proteine su 43. AlphaFold si basa su una rete neurale allenata su migliaia di proteine dalla forma nota. Dopo essersi misurata con i giochi, come il Go, DeepMind comincia ad affrontare problemi reali con impatti potenziali importantissimi. [The Guardian; Ian Sample]

L'intelligenza artificiale ha un bias verso le persone con disabilità. È meno evidente di quelli contro le donne o le minoranze etniche, ma va combattuto. Un esempio è rappresentato dagli algoritmi per le auto a guida autonoma. Il software viene allenato a riconoscere i pedoni attraverso una serie di immagini di persone che attraversano la strada. Se queste immagini non contengono persone in sedia a rotelle, la loro sicurezza potrebbe essere meno tutelata. Un altro esempio è quello dei test della personalità per ottenere un lavoro: una persona non vedente che usa un lettore avrà bisogno di più tempo per navigare la pagina e rispondere alle domande. Se il sistema non tiene conto di questa necessità la penalizzerà. In generale gli algoritmi di machine learning faticano a tenere in considerazione gli outlier, i profili molto lontani dalla media. Esistono alcune soluzioni a questi problemi. Da una parte considerare campioni di dati il più rappresentativi possibile, dall'altra progettare algoritmi che si concentrino maggiormente sugli outlier. Ma per costruire sistemi del genere c'è bisogno di dati in cui le persone con disabilità rendano pubblico il loro stato. Non è una richiesta da poco. [MIT Technology Review; Karen Hao]

Il CNR mette a punto un'intelligenza artificiale che valuta l'abbondanza di pesci negli oceani. In uno studio pubblicato recentemente su Scientific Reports un gruppo di ricercatori dell'Istituto di Scienze Marine del CNR e dell'Università Politecnica della Catalogna ha testato un sistema basato su tecniche di computer vision e un algoritmo in grado di contare i pesci presenti in una certa porzione di mare. L'esperimento è stato condotto con i dati raccolti da OBSEA, un osservatorio posizionato al largo della costa di Barcellona. [Scienza in rete; Anna Romano]

RICERCA E SOCIETÀ
Si sono dimessi tre dei quattro scienziati del comitato che dovrà nominare il prossimo presidente ASI, successore di Roberto Battiston. La nomina di Battiston a capo dell'Agenzia Spaziale Italiana era sta revocata il mese scorso dal ministro dell'università e della ricerca Bussetti, e l'ente commissariato. Ora gli scienziati si schierano contro le intenzioni del Governo di nominare una figura più manageriale che scientifica. «Se la politica non vuole più che sia un ente di ricerca, ma vuole farci qualcos'altro, lo deve chiarire», ha affermato il presidente dell'INFN Fernando Ferroni, commentando la notizia delle dimissioni dei suoi colleghi [La Repubblica; Matteo Marini]

L'iniziativa di transizione all'Open Access Plan S riceve il supporto di oltre 1400 ricercatori. In una lettera, promossa dal genetista Michael Eisen della University of California, Berkeley, i ricercatori ritengono infondata l'accusa che il piano limiti la libertà accademica obbligando i ricercatori a pubblicare in Open Access. L'accusa era stata avanzata un mese fa dalla chimica Lynn Kamerlin dell'Università di Uppsala. I sottoscrittori sostengono infatti che la libertà di ricerca sia minacciata proprio dalla necessità di pubblicare su giornali ad alto impatto e accessibili a pagamento. Inoltre i dettagli del piano, divulgati recentemente, precisano che la pubblicazione su riviste cosiddette ibride sarà permessa per tutto il periodo di transizione fino al 2024. [Nature; Richard Van Noorden]

L'origine di Homo sapiens è al centro di un accesso dibattito tra gli antropologi. I due modelli, multiregionale e uniregionale, si sono scontrati fino all'inizio dagli anni '80 del secolo scorso. Da quel momento in poi la capacità di analizzare il DNA mitocondriale ha permesso di escludere definitivamente l'ipotesi multiregionale, secondo cui Homo ergaster sarebbe uscito dall'Africa 2 milioni di anni fa per poi generare linee evolutive distinte nei vari continenti che avrebbero dato luogo a Homo sapiens. Ma recentemente anche il modello uniregionale è stato messo in dubbio dall'osservazione dell'ibridazione del DNA di Homo sapiens con quello di altre popolazioni arcaiche, come i Neanderthal e i Denisova. Oggi la comunità discute di due alternative: la Recent African Origin With Hybridization (RAOWH) e l'Assimilation Model (AM). Come si schierano gli antropologi, in particolare quelli italiani? Le risposte nel terzo contributo alla rubrica "Vero o Falso". [Scienza in rete; Enresto Carafoli, Enrico Bucci]


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