newsletter finesettimana #22
logo Scienza in rete finesettimana #22
26 febbraio 2021
a cura di Chiara Sabelli
Buon venerdì,
questa settimana parliamo del diverso impatto che la genitorialità ha su accademici e accademiche, dell'impatto ambientale del sistema sanitario pubblico britannico, delle novità contenute nel programma Horizon Europe, di una carta geografica fronte-retro della Terra, della legge australiana che obbliga Facebook e Google a pagare giornali e televisioni per pubblicare le loro notizie e diamo gli ultimi aggiornamenti su COVID-19. L'approfondimento di oggi riguarda l'inaccessibilità dei dati della epidemia per la comunità scientifica italiana: dall'incidenza per fasce d'età fino al collegamento dei dati raccolti dall'Istituto Superiore di Sanità con quelli provenienti da studi di coorte per capire quali sono i fattori di rischio per forme gravi di COVID-19. Senza questi dati dobbiamo accontentarci di quello che altri paesi stanno imparando sulla malattia e sulle misure più efficaci per contenere il contagio. Buona lettura (per segnalare questa newsletter agli amici ecco il link per l'iscrizione)

SEI PEZZI BELLI
1 Gli uomini pubblicano in media più delle donne: i figli giustificano una parte importante di questo divario
Analizzando i dati riguardanti 3064 docenti di ruolo in 450 istituzioni in Stati Uniti e Canada, un gruppo di ricercatori ha concluso che la nascita dei figli giustifica la maggior parte del divario nel ritmo di pubblicazione di uomini e donne. Questa conclusione, che è stata spesso ipotizzata ma finora mai dimostrata a partire dai dati, sottolinea l'urgenza di intervenire sui congedi di maternità e paternità e sui servizi di assistenza all'infanzia [Science Advances]

2 L'impatto ambientale del sistema sanitario britannico
Il cambiamento climatico influenza negativamente la salute umana e i sistemi sanitari di tutto il mondo si trovano a dover sostenere il carico aggiuntivo di cure che ne derivano. Ma qual è il loro impatto sull'ambiente? Uno studio pubblicato su Lancet Planetary Health ha stimato che nel 2019 le emissioni prodotte dal National Health Service britannico ammonterebbe a circa 25 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Si tratta del 7% del totale prodotto dal Regno Unito in quell'anno. Anche se le emissioni dell'NHS sono diminuite di circa un quarto rispetto a quelle del 1990, c'è ancora molto lavoro da fare per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nette fissato per il 2045 [Carbon Brief]

3 Che indirizzo darà alla ricerca europea il programma di finanziamento da 100 miliardi di euro Horizon Europe?
Questa settimana Horizon Europe ha pubblicato i bandi per assegnare i primi 2 miliardi di euro. Il programma quadro di finanziamento della ricerca promosso dalla Commissione Europea si estenderà fino al 2027 e, per molti versi, prosegue il percorso tracciato dai precedenti schemi, in particolare Horizon 2020. Tuttavia ci sono alcuni elementi di novità: l'identificazione di alcuni argomenti a cui dare priorità (cambiamento climatico, cancro, oceani, smart cities, suolo e cibo), l'impegno a promuovere sia la ricerca di base che quella applicata, la pubblicazione in open access e il coinvolgimento dei paesi membri che di solito vincono meno finanziamenti [Nature]

4 Una nuova carta geografica 'fronte retro' per rappresentare l'intera superficie terrestre
I metodi di proiezione della superficie terrestre su un piano, come quella di Mercatore o di Winkel-tripel, sono molto datati. Ciascuna di queste opera un compromesso su una delle caratteristiche geometriche della sfera, ad esempio forme, distanze o aree. Un gruppo di matematici e cosmologi ha proposto un nuovo tipo di proiezione che cerca di limitare al massimo queste distorsioni. Per farlo ha proiettato l'emisfero nord su un disco e quello sud sul retro dello stesso disco. Questo sistema evita di effettuare il taglio da polo nord a polo sud lungo il Pacifico che le altre mappe fanno. Resta però il problema che una mappa del genere permette di vedere una sola parte della Terra alla volta [The New York Times]

5 Cosa possiamo imparare dalla contesa tra Facebook e il governo australiano?
Questa settimana l'Australia ha approvato la legge che impone a Facebook e Google di pagare per condividere sulle proprie piattaforme i contenuti prodotti dai media più tradizionali. Questo provvedimento potrebbe servire a rifinanziare il giornalismo, che ha sofferto tagli ingenti negli ultimi due decenni. Ma è il modo migliore? Uno dei rischi è che i grandi gruppi editoriali siano avvantaggiati rispetto ai piccoli. Esistono delle alternative, come quella di dirottare verso l'industria giornalistica i ricavi della vendita delle radiofrequenze agli operatori telefonici oppure le multe pagate dalle società tecnologiche per le violazioni dell'antitrust [MIT Technology Review]

6 Aggiornamenti COVID-19
   ×  Le prove scientifiche che dimostrano che gli eventi di superdiffusione sono i principali responsabili della diffusione del virus sono sempre più affidabili. Questi eventi avvengono quasi esclusivamente in situazioni in cui le persone affollano uno spazio chiuso e poco ventilato per un lungo periodo di tempo (cerimonie religiose, ristoranti, bar, palestre) e possono essere gestiti con il tracciamento dei contatti all'indietro. Gli scienziati si rivolgono ai politici perché queste conoscenze informino le loro decisioni per il contenimento dell'epidemia [Nature]
   ×  Le morti per COVID-19 in Africa sono state sottostimate [BMJ]
   ×  Al G7 rinnovato il sostegno all'iniziativa COVAX nata per garantire un acceso equo ai vaccini [BBC]
   ×  In Francia il governo adotta misure più restrittive nelle zone maggiormente colpite dall'epidemia sperando di evitare un nuovo lockdown nazionale [Le Monde]
   ×  Anche in Italia c'è un nuovo e preoccupante aumento dei casi in diverse aree del paese e il governo ha deciso di adottare zone rosse a livello provinciale e subprovinciale per contenerlo [Il Sole 24 Ore]
   ×  Durante la riunione del Consiglio Europeo che si è svolta ieri, il presidente del consiglio Mario Draghi ha proposto che l'UE somministri la prima dose di vaccino a più persone possibile, ritardando la seconda come sta facendo il Regno Unito [La Repubblica]
   ×  Cosa è andato storto nella negoziazione dell'UE sui vaccini? [Politico]
   ×  Il vaccino monodose di Johnson & Johnson è sicuro ed efficace, secondo il primo parere dell'FDA. L'approvazione potrebbe arrivare oggi [The Guardian]
   ×  L'elevata efficacia del vaccino Pfizer/BioNTech nell'evitare infezioni sintomatiche e casi gravi confermata sul campo in Israele [NEJM]
   ×  Un preprint, ancora non pubblicato, e basato sui dati della campagna vaccinale in corso in Israele mostrerebbe che il vaccino Pfizer/BioNTech è efficace anche nel bloccare la trasmissione del virus, ma servono più dati per confermare questa conclusione [Bloomberg]
   ×  Analizzando i dati relativi alla campagna vaccinale in corso in Inghilterra e in Scozia, tre studi mostrano che i vaccini Pfizer/BioNTech e Oxford/AstraZeneca sono efficaci nell'evitare l'infezione e i casi gravi già dopo la prima dose e in tutte le fasce di età (risultato significativo perché il vaccino Oxford/AstraZeneca è stato somministrato principalmente ad anziani sopra gli 80 anni) e che il vaccino Pfizer/BioNTech è efficace anche nell'evitare infezioni asintomatiche [Financial Times]
   ×  C'è un problema con il vaccino AstraZeneca nei Paesi UE: solo un quinto delle dosi consegnate sono state somministrate. I dubbi sulla sua efficacia e la decisione, in contrasto con le indicazioni EMA, di destinarlo solo agli over 65 potrebbero essere la spiegazione [The Guardian]
   ×  Per chi ha avuto la COVID-19 una singola dose dei vaccini disponibili è sufficiente a garantire l'immunità [The New York Times]
   ×  Ritardare la seconda dose del vaccino AstraZeneca fino a 12 settimane potrebbe essere più efficace. Questi i risultati di uno studio di meta analisi sui dati degli studi clinici [The Lancet]
   ×  Una nuova variante in circolazione a New York desta preoccupazione [The New York Times]
   ×  Anche la variante B.1.427/B.1.429 trovata in California preoccupa gli scienziati [The New York Times]

LA RICERCA SU COVID-19 HA BISOGNO DI DATI CONDIVISI

Lunedì è stato pubblicato uno studio che mostra il livello di efficacia dei vaccini Pfizer/BioNTech e Oxford/AstraZeneca dopo la prima dose partendo dai dati della campagna vaccinale in Scozia. I risultati dello studio, che non è ancora stato sottoposto a peer review, sono confortanti: già dopo la prima dose l’efficacia di questi vaccini nell’evitare forme gravi di COVID-19 che necessitino di ospedalizzazione, è molto alta. Dopo quattro settimane dalla prima dose l’efficacia nell’evitare il ricovero a causa della COVID-19 è stata stimata al 76-91% per Pfizer/BioNTech e 73-99% per Oxford/AstraZeneca (qui il preprint).

L’annuncio è stato accolto con entusiasmo dalle istituzioni e dai ricercatori britannici. Questi risultati sembrano infatti confermare che la decisione di somministrare il vaccino Oxford/AstraZeneca a tutte le classi di età, senza fermarsi ai 65 anni come sta avvenendo in diversi paesi europei, sia state vincente.

Ma come sono stati ottenuti questi risultati? I ricercatori hanno messo insieme diversi database sanitari che coprono la quasi totalità della popolazione scozzese (5,4 milioni di persone): dati prodotti dai medici di base (940 studi medici), dati dello Electronic Communication of Surveillance in Scotland (ECOSS) che raccoglie i risultati degli esami diagnostici a cui sono stati sottoposti i cittadini, compresi quelli dei test RT-PCR per diagnosticare l’infezione da SARS-CoV-2, dati sui ricoveri in ospedale (database SMR e RAPID) e dati di mortalità (dal database National Records of Scotland). I dati hanno riguardato le persone vaccinate tra l’8 dicembre 2020 e il 15 febbraio 2021.

«I dati usati nello studio scozzese esistono in ciascuna regione italiana, ma dubito fortemente che da noi sarebbe stato possibile condurre in così poco tempo un’analisi del genere, anche a causa della peggiore organizzazione dei sistemi informativi», afferma Stefania Salmaso, epidemiologa che ha diretto fino al 2015 il Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità. L’operazione che ha permesso lo studio scozzese si chiama in gergo record linkage, e consiste nel collegamento tra le informazioni individuali contenute in diversi database.

Sta cercando di realizzare un record linkage anche Paolo Vineis, professore di epidemiologia ambientale alla School of Public Health dell’Imperial College a Londra, e vice presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Vineis si è rivolto alla Regione Piemonte per poter collegare i dati dell’epidemia con quelli raccolti dallo studio di coorte EPIC: «Le prime richieste alla Regione risalgono alla fine di luglio del 2020 e a oggi non abbiamo ancora ottenuto il linkage delle due basi di dati», spiega Vineis. EPIC è uno studio di coorte che va avanti dal 1992 e coinvolge 23 centri in 10 paesi europei. Obiettivo di EPIC è studiare le origini biologiche e genetiche di diversi tipi di tumore. Tra il 1992 e il 2015 EPIC ha arruolato quasi 521 000 persone, di cui quasi 48 000 in Italia, ha osservato in questa popolazione l’insorgenza di oltre 67 000 tumori, raccogliendo dati sull’alimentazione, gli stili di vita ma anche campioni biologici dei partecipanti. «Le indagini che potremmo condurre se avessimo accesso al linkage ci permetterebbero di capire quali sono i fattori che aumentano il rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19», spiega Vineis e aggiunge «si tratta di informazioni che permetterebbero di gestire la pandemia in maniera migliore, non speculazioni accademiche. Nel Regno Unito uno studio del genere è stato già condotto collegando i dati su COVID-19 con quelli della UK Biobank».

Vineis si riferisce a questo studio pubblicato la scorsa settimana sulla rivista European Journal of Epidemiology che ha permesso di individuare quali caratteristiche e quali patologie preesitenti contribuiscono a un rischio aumentato di morte per COVID-19. La forza di questo tipo di analisi è che si basa sull’osservazione dello stato di salute e di malattia delle persone lungo un periodo di tempo precedente all’ospedalizzazione e include anche dati che riguardano la condizione socioeconomica, lo stile di vita e il grado di esposizione all’inquinamento atmosferico. Questo permette una comprensione più approfondita dei motivi che portano a sviluppare forme gravi della malattia COVID-19 che conducono alla morte, rispetto a quanto non sia possibile fare dai dati raccolti durante l’anamnesi al momento del ricovero.

«In Italia c'è una estrema frammentazione dei sistemi informativi sanitari. Per impedire il linkage tra fonti di dati spesso viene addotto il motivo del trattamento di dati sensibili, ma pare un pretesto visto che in tutti gli altri paesi questi linkage vengono regolarmente effettuati rispettando il GDPR», ha infine commentato Vineis, che è membro del Comitato Etico del Centro Internazionale per le Ricerche sul Cancro dell'OMS.

Il record linkage non è l’unica strada che sembra difficile da percorrere in tempo di pandemia in Italia. L’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) chiede da Novembre 2020 all’Istituto Superiore di Sanità di avere accesso ai dati aggregati sull’epidemia (tamponi, casi, ospedalizzati, terapia intensiva, decessi) per fasce di età e per regione, ma senza successo. Quei dati permetterebbero diversi tipi di analisi, tra cui una valutazione sull’efficacia delle restrizioni imposte nelle diverse regioni da quando è stato introdotto il sistema con tre fasce di rischio (colori). «Alla fine si è costituito un gruppo volontario di 12 Regioni che hanno messo a disposizione di AIE i dati da fine settembre per fasce di età», spiega Salmaso. Il gruppo di lavoro produce ogni settimana un’analisi dell’andamento della seconda ondata per gruppi di età, pubblicata qui su Scienza in rete. Nelle ultime due settimane, ad esempio, si osserva in diverse regioni un aumento dell’incidenza nelle classi di età più giovani dai 3 ai 24 anni, forse collegato alla diffusione delle nuove varianti del virus, in particolare alla B.1.1.7, la cosiddetta “variante inglese”. «Queste analisi, molto semplici, servono a seguire l'andamento della pandemia tra le persone di età diverse su cui le restrizioni adottate dal governo hanno impatti diversi», commenta ancora Salmaso e aggiunge «rispetto alla sorveglianza nazionale, ciascuna delle regioni partecipanti può commentare i propri dati e osservare i dettagli dell'incidenza per età nelle altre e questo è di sicuro un valore aggiunto».

I dati per età sono disponibili invece per tutti i cittadini del Regno Unito. Public Health England, l’agenzia che si occupa di salute pubblica, li pubblica qui per ciascuna local authority (5000-6000 abitanti). Si può quindi scegliere la regione di Londra e guardare qual è stata l’incidenza per età durante la terribile ondata di fine dicembre inizio gennaio e scoprire che il 4 gennaio variava da circa 370 casi ogni 100 000 bambini tra 0 e 4 anni fino a picchi di oltre 1500 casi ogni 100 000 giovani tra i 20 e i 24 anni. I dati relativi alle medie mobili settimanali dall’11 febbraio al 20 febbraio organizzati in 19 fasce di età (di ampiezza 5 anni) posso essere scaricati in tre diversi formati.

La comunità degli epidemiologi non è l’unica che ha cercato di avere accesso ai dati per poter collaborare e fare ricerca sull’epidemia. Anche altre componenti del mondo scientifico italiano hanno fatto pressione sulle istituzioni. Il primo successo è arrivato con l’accordo siglato a novembre con l’Accademia Nazionale dei Lincei, presieduta dal fisico Giorgio Parisi e vincitore della medaglia Dirac e della medaglia Boltzmann. Ma a che punto siamo con l’attuazione? «L'accordo è in fase di applicazione ed è stato nominato un gruppo che se ne occuperà», ha risposto Parisi.

Un altro gruppo che ha fatto pressione perché venissero condivisi i dati è l’associazione Lettera 150 costituita da circa 300 professori universitari italiani e coordinata dal giurista Giuseppe Valditara. All’inizio di gennaio Lettera 150 ha presentato un’istanza di accesso ai dati, diritto garantito dal Freedom of Information Act, relativamente ai 21 indicatori con cui viene stabilito il colore delle Regioni ed è in attesa di ricevere una risposta. L’associazione chiede di conoscere i dati relativi alla capacità di monitoraggio dell’epidemia, di accertamento diagnostico e di tracciamento dei contatti e quelli relativi alla trasmissione del contagio in forma disaggregata. «Il contributo che potremmo dare se coinvolti riguarderebbe diversi aspetti. Non solo la formulazione di modelli in grado di tracciare i possibili scenari futuri dell’epidemia, ma anche l’individuazione dei luoghi a più alto rischio di contagio o di altri dati interessanti che ancora non raccogliamo» commenta Pierluigi Contucci, fisico matematico, professore all’Università di Bologna e membro dell’associazione Lettera 150.

Dal Ministero della Salute non è arrivata risposta e dunque l’associazione a fatto ricorso al Tar del Lazio. Lunedì, poi, Lettera 150 ha lanciato un appello diretto al nuovo presidente del consiglio, Mario Draghi, perché «passi dalle parole ai fatti» sul tema della trasparenza delle istituzioni che ha indicato come valore fondamentale nel suo primo discorso alla Camera dei Deputati la scorsa settimana.

Sempre a Draghi si sono rivolti anche gli animatori della campagna #datibenecomune, promossa dall’associazione Ondata e poi sottoscritta da decine e decine di associazioni, tra cui anche Scienza in rete. Altre istanze di accesso agli atti sono state inoltrate da parte di alcuni data journalist italiani. Alcune di queste sono andate a buon fine, come quelle sui dati dei contagi tra studenti e lavoratori della scuola da Wired Italia al Ministero dell’Istruzione e che ha portato a questa analisi. Altre, come quelle relative ai dati su età e comune di residenza dei contagiati o alle informazioni raccolte con il tracciamento dei contatti inoltrate all’Istituto Superiore di Sanità, sono invece cadute inascoltate.

Infine c’è il bando pubblicato all’inizio di maggio del 2020 dal Ministero dell’Università e della Ricerca per assegnare 21 milioni di euro del Fondo Integrativo Speciale per la Ricerca a progetti sulla COVID-19. I risultati erano attesi per luglio, tuttavia a oggi, quasi otto mesi dopo, non c’è alcuna notizia sull’esito del processo di valutazione e neanche un euro di quei 21 milioni è stato speso.

Finora l'Istituto Superiore di Sanità si è avvalso esclusivamente della collaborazione della Fondazione Bruno Kessler di Trento, che, tra le altre cose, è responsabile della stima dell'indice di riproduzione netto dell'epidemia a livello regionale che viene incluso nei rapporti settimanali del monitoraggio della fase 2 pubblicato dal Ministero della Salute (qui l'ultimo) e ha progettato e analizzato i risultati delle indagini rapide sulle varianti condotte nelle ultime settimane, producendo questa relazione tecnica.

«La ricerca scientifica è un’impresa collettiva. Scommettere su poche persone, per quanto ben selezionate, è estremamente rischioso e poco lungimirante», commenta Contucci e aggiunge «a mio avviso c’è urgente bisogno di un grande investimento nella costruzione di un sistema digitale nazionale di raccolta dati che funzioni in modo tempestivo. Per immettere dati di qualità servono persone dedicate al compito, non è pensabile che il personale sanitario, pressato dall’emergenza, assolva anche a questo compito»

 

Per suggerimenti e commenti scrivere a: [email protected]
Per donare alla Newsletter clicca qui
Se invece non vuoi più ricevere la newsletter clicca qui
PS: per tenere Scienza in rete fuori dallo spam aggiungi la nostra mail [email protected] tuoi contatti (per Gmail, vai a contacts.google.com e clicca su "crea contatto"). Se Scienza in rete finisce nelle promozioni di Gmail, trascinala nella casella della tua posta in entrata per non perdere mai un numero!
Segui Scienza in rete
logo facebook logo twitter logo twitter logo twitter

By:
logo nuovo zadig