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Issues Brief - Trade and green economy 

Il documento Rio 2012 Issue Brief n.1 fa il punto sui potenziali rischi commerciali di una transizione verso un'economia verde. Gli effetti negativi di protezionismo e sussidi sono nodi di lunga data e non riguardano soltanto la green economy. Ma l’attenzione per tali rischi è rinnovata dall'urgenza e dalla scala delle azioni che potrebbero (e dovrebbero) venir adottate da molti paesi per il passaggio ad un’economia ecologica.

Al tempo stesso la transizione verso la green economy offre opportunità concrete per molti paesi in via di sviluppo che potrebbero beneficiare nel trovare mercati globali per beni e servizi a basso impatto ambientale. Guardando la questione sotto questa lente, l'economia verde offre quindi l’occasione di migliorare, in un circolo virtuoso, sia la governance economica globale che i meccanismi commerciali a livello locale nel contesto di uno sviluppo sostenibile.

La comunità internazionale deve però concordare i principi per la progettazione e la realizzazione di strumenti legati agli scambi commerciali nel contesto della green economy. Diversi gli orientamenti forniti dal documento per poter adottare le giuste norme commerciali che permettano tale transizione. Affrontare, discutere e risolvere i problemi normativi di regolamentazione, etichettatura e certificazione per assicurare che non costituiscano ingiustificate barriere non tariffarie al commercio. Avere un occhio di riguardo per i paesi più poveri, e in particolare per i settori e le attività connesse ad un'economia verde. Finanziare il passaggio ad una tecnologia verde tramite l’acquisto di brevetti da rendere di pubblico dominio, e fornire poi aiuti commerciali per la promozione di tecnologie rispettose dell'ambiente e per la produzione di beni “verdi”.

di Matteo de Giuli

 

Issues Brief - Green Jobs and social inclusion

Il documento Rio 2012 Issues Brief 7 guarda ai lavori green cercando sinergie tra questioni occupazionali, energetiche e ambientali.
Nonostante gli obiettivi dichiarati in passato (Millennium Developmente Goals) di ragggiungere  occupazione piena e produttiva per tutti, l'attuale tendenza va nella direzione opposta. Anche a causa della crisi finanziaria, il mercato del lavoro è recentemente deteriorato, e un maggior numero di lavoratori vive in estrema povertà.
Spesso la creazione di green job è vista come un beneficio collaterale all'applicazone di politiche ambientali e non come obiettivo primario. La maggior parte degli impegni sono a livello nazionale e il dibattito è focalizzato sul settore energetico attraverso sussidi e incentivi.
Paradossalmente il supporto alle energie pulite può risultare però in una perdita di opportunità di lavoro. Per le rinnovabili, il fattore di occupazione per ogni milione di dollari spesi è di 1.6/6.5 posti di lavoro, più basso che nella maggior parte degli altri settori.
Emergono comunque anche aspetti positivi: efficienza energetica competitiva, biocarburanti, soluzioni contro la povertà. I programmi contro la povertà creano circa 1000 posti di lavoro per milione di dollari spesi, molto più che i programmi per le energie pulite.
Un report UNEP/ILO stima che nel mondo i posti di lavoro green possano passare da 2.3 a 20 milioni dal 2006 al 2030 con un aumento di 750.000 all'anno (59% in biocarburanti, 31% in fotovoltaico). Considerando il costo crescente dell'energia il tasso netto di crescita occupazionale a livello globale sarà minore, ma comunque potenzialmente sostanziale.
Alcune nazioni ne beneficeranno più di altre. Dipenderà dalla produzione nazionale, dal livello di ricerca e sviluppo, dalle risorse naturali, dalle politiche energetiche ed economiche. I lavori green non potranno però rappresentare da soli una risposta alla sfida di creare 63 milioni di posti di lavoro ogni anno fino al 2050.
 
di Francesca Gatti