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Enrico Betti

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Enrico Betti (Pistoia, 1823 - Soiana,1892), matematico e Senatore del Regno. Nato a Pistoia, ha studiato Matematica e fisica a Pisa, dove si è laureato nel 1846. Nel 1848 partecipa col grado di Caporale della legione universitaria toscana alla battaglia di Curtatone e Montanara. Torna per un breve periodo nella città natale per insegnare matematica alla locale Scuola superiore. Nel 1854 si trasferisce a Firenze, poi dal 1857 è di nuovo a Pisa per insegnare all’università. Diventa direttore della Scuola Normale.
Nel 1857 rileva con Francesco Brioschi la rivista Annali di matematica pura e applicata diretta da Tortolini.
L’anno successivo, nel 1858, compie, con lo stesso Brioschi e con Felice Casorati, un viaggio in Europa (con tappe principali, Göttingen, Berlino e Parigi) con lo scopo di conoscere il meglio della matematica europea ma anche per far conoscere ai colleghi d’oltralpe il meglio della matematica italiana.  Nel corso del viaggio conosce e stringe amicizia con Riemann.
Da un punto di vista strettamente scientifico si occupa di teoria delle equazioni algebriche, chiarendo e portando a termine i lavori de Évariste Galois, e delle funzioni ellittiche, arrivando per primo e quindi anni prima di Weierstrass a svolgere la decomposizione delle funzioni intere in fattori primi.
In seguito si è interessato di fisica matematica e, in particolare, di teoria dell’elasticità di termodinamica e di capillarità. È in questo periodo che realizza la sua principale opera scientifica: l’estensione dello studio topologico alla varietà a tre o più dimensioni. Un risultato matematico particolarmente importante per gli sviluppi della teoria fisica dell’elasticità. È famoso per i “numeri di Betti” e per il “teorema di Betti”.
Intanto continua a partecipare in maniera attiva alla vita politica. Nel 1862 è deputato al parlamento dell’Italia unita. Nel 1874 è segretario generale del Ministero della pubblica istruzione. Nel 1884 viene nominato Senatore del Regno.

Enrico Betti visse quasi esclusivamente per i suoi allievi e per la sua scuola, ed infatti le opere sue hanno quasi tutte quella speciale impronta che rivela nell’autore il fine di rischiarare qualche punto oscuro o di semplificare qualche risultato o di trattare in maniera critica e metodica un insieme di dottrine (Vito Volterra)