Un ricercatore nel laboratorio di neurobiologia. Crediti: Stefano Amadeo
Nel 2020 Trieste sarà Città Europea della Scienza e ospiterà l’Euroscience Open Forum, cui prenderà parte, oltre ai principali enti di ricerca e formazione della città, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (Sissa), che proprio lo scorso anno ha celebrato i quarant'anni anni di attività. Prima a istituire in Italia il PhD, ha conferito fino a oggi più di 1300 titoli a studenti provenienti da tutto il mondo, con una selezione all’ingresso molto rigida e standard di ricerca sempre più orientati verso la collaborazione scientifica su scala internazionale. Neuroscienze, fisica e matematica sono le tre aree di studio: a ciascuna di esse, Scienza in rete dedicherà un articolo per comprendere come hanno preso avvio, in che direzioni si sono sviluppate, quali attività si praticano oggi e quali sfide si delineano all’orizzonte per il futuro. Cominciamo qui a raccontare delle neuroscienze, attraverso un’intervista a più voci, dove tradizione e attualità si mescolano per fornire al lettore una visione d’insieme e gettare luce sui principali oggetti d’indagine della materia.
Le neuroscienze, suddivise in neuroscienze cognitive, genomica strutturale e funzionale e neurobiologia, sono sicuramente un fiore all’occhiello della scienza nel capoluogo giuliano. Sono arrivate in Sissa piuttosto tardi, all'inizio degli anni ’90, quando al timone c’è Daniele Amati, fisico teorico proveniente dal CERN, intenzionato a dotare la Scuola di un nuovo settore di studi. Arrivano alla Sissa Enrico Cherubini, Antonino Cattaneo e Andrea Nistri: insieme, seppur con competenze e interessi diversi, iniziano a strutturare quella che sarà l’area di neuroscienze. Oltre a un laboratorio di elettrofisiologia, esisteva già un’attività di ricerca e un dottorato in biofisica, alla cui guida c’era Nino Borsellino, chiamato da Genova a Trieste da Paolo Budinich, il fondatore della Sissa.
È su queste basi che l’area comincia a muovere i primi passi. Daniele Amati, con il supporto dell’allora Ministro per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica, Antonio Ruberti, si adopera per mettere in piedi nuovi laboratori di elettrofisiologia e biologia molecolare. Finalmente, con molta fatica, nel 1992 si riesce a istituire il primo dottorato, con dei corsi di studio specifici ed esami mirati.
I primi laboratori di neuroscienza in Sissa. Crediti: Sissa
Chiediamo quindi a Enrico Cherubini, dal 2014 direttore scientifico dello European Brain Insitute, la fondazione di ricerca sul cervello fondata da Rita Levi Montalcini, da cosa partono le neuroscienze e come sviluppano i loro campi di studio.
Enrico Cherubini: la plasticità cerebrale
Le neuroscienze nascono dalla necessità di approfondire e conoscere le funzioni del nostro cervello, in condizioni fisiologiche ma anche patologiche, perché attraverso la perdita di una determinata funzione possiamo comprenderne i meccanismi che la sottendono. Oggi, grazie soprattutto a una vera e propria rivoluzione tecnologica, è possibile studiare il cervello sia in modo globale (si pensi ad esempio alle tecniche di imaging), sia particolare, dai geni ai singoli neuroni alle loro connessioni, su varie scale spaziali e temporali.
Nell'ambito delle neuroscienze, i ricercatori studiano l’organizzazione e il funzionamento del nostro cervello, interrogandosi su funzioni complesse quali la percezione, la memoria, l’apprendimento e le emozioni. In particolare, di grande attualità è l’identificazione dei circuiti neuronali che gestiscono tali funzioni, avvalendosi di tecniche all'avanguardia come l’optogenetica che, mediante combinazione di tecniche ottiche e genetiche, permette l'inserimento in determinate popolazioni neuronali di geni che esprimono proteine sensibili alla luce. L’attivazione o inibizione dei neuroni così trattati mediante luce laser di diverse lunghezze d'onda permette di identificare i circuiti neuronali alla base di un determinato comportamento.
Il cervello è costituito da miliardi di neuroni che comunicano tra di loro e con gli organi effettori mediante le sinapsi, che sono estremamente plastiche, ovvero in grado di modificarsi continuamente in base all’esperienza. Tale fenomeno è particolarmente rilevante durante lo sviluppo postnatale, quando il rafforzamento di alcune sinapsi e l’eliminazione di altre porta alla formazione di un circuito neuronale adulto. Il cervello di un neonato, frutto dell’interazione dei geni con l’ambiente, inizia a modificarsi già nella vita intrauterina, quando gli scambi con la mamma sono particolarmente intensi. Curiosamente, alcuni reti neuronali come quelle della retina o della respirazione sono attive già in utero, prima di essere esposte alla luce o a modificazioni biochimiche indotte dalla respirazione; si comportano un po’ come una squadra di calcio, che si allena prima di una grande partita per far sì che i giocatori si conoscano e si affiatino tra di loro.
Al contrario, molte sinapsi alla nascita sono silenti, ovvero presenti e morfologicamente identificabili, ma inattive. Diventeranno funzionali mediante una stimolazione appropriata, dando luogo al “potenziamento a lungo termine” (Long Term Potentiation), considerato alla base dei fenomeni di apprendimento e memoria. La stimolazione consiste in un meccanismo associativo, in base all’ipotesi postulata nel secolo scorso dallo psicologo canadese Hebb, secondo cui i neuroni rafforzano le loro connessioni quando risultano attivi contemporaneamente. Il picco della sinaptogenesi si registra intorno ai due-tre anni d'età, in concomitanza dell’acquisizione da parte del bambino di un'enorme quantità di competenze e abilità motorie, cognitive, relazionali ed emotive.
Contrariamente a quanto si riteneva fino a qualche tempo fa, oggi è noto che nuovi neuroni vengono continuamente rigenerati a partire da cellule pluripotenti (presenti nel bulbo olfattivo e nel giro dentato dell’ippocampo). La neurogenesi non si arresta dunque nell’infanzia ma prosegue anche in età adulta, esercitando un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento e di memoria. Un ambiente ricco di stimoli facilita la neurogenesi e la formazione di nuove sinapsi che si integrano nei circuiti preesistenti. Esercizio fisico, stimolazioni sensoriali, musica, interessi culturali, curiosità, contribuiscono tutti alla formazione di un patrimonio sinaptico, come fosse un conto in banca, di grande utilità in caso di necessità, soprattutto nei periodi più avanzati della vita. In esperimenti su anziani affetti da alterazioni cognitive lievi, a rischio di sviluppare demenza, si è visto come stimolazioni sensoriali e fisiche di vario genere portino a un chiaro miglioramento delle funzioni cognitive.
In Sissa abbiamo studiato questi aspetti dalle loro fondamenta, e via via che il gruppo cresceva e si creava una massa critica fondamentale per le discussioni e i confronti abbiamo allargato e capillarizzato gli studi.
Neuroscienze cognitive: mente e cervello
Per esempio, fu grazie all’arrivo a Trieste di due scienziati di fama internazionale, Tim Shallice e Jacques Mehler, che prese avvio un ulteriore gruppo di ricerca, quello delle neuroscienze cognitive, focalizzato sullo studio delle funzioni cognitive animali e umane. Con Shallice e Mehler, Daniele Amati individua un gruppo di scienziati internazionali specializzati in questi ambiti e fonda i “Trieste Encounters on Cognitive Science”: da questi incontri cadenzati all’istituzione dei primi laboratori il passo è breve, tanto più che alcuni di questi studiosi decidono di fermarsi permanentemente a Trieste. Prendono avvio le ricerche sui sistemi somato-sensoriali e i modelli di funzionamento del cervello. Antonello Mallamaci, attuale coordinatore dell’area, ci spiega nel dettaglio com’è strutturato il gruppo.
Una foto dei Trieste Encounters on Cognitive Science (TECS). In piedi da sinistra: W. Levelt, M. Jeannerod, J. Mehler, L. Rizzi, A. Caramazza, P. Legrenti, J. Morton, S, Fantoni. Seduti da sinistra: W. Gerbino, D. Amati, P. Viviani, M. Piattelli Palmarini, T. Shallice. Crediti: Sissa
Antonello Mallamaci: comprendere mente e cervello
Il gruppo di neuroscienze cognitive ha alcuni obiettivi di analisi ben precisi e mirati per contribuire in modo concreto al progredire degli studi. Nella fattispecie, i laboratori di Mathew Diamond e Davide Zoccolan si interessano di elaborazione e integrazione centrali della informazione sensoriali, somatiche e visive rispettivamente; il Liminar Investigations in Memory and Brain Organization di Alessandro Treves lavora alla modellazione neurocircuitale con particolare attenzione ai processi di memoria e pensiero; il gruppo di Chris Mathys ai meccanismi funzionali alla base dell’inferenza cognitiva. Infine, percezione del tempo, cognizione linguistica e conoscenza incarnata con particolare enfasi sui processi cognitivi connessi ad alimentazione e alle interazioni sociali costituiscono i temi primari d'indagine dei laboratori di Domenica Bueti, Davide Crepaldi e Raffaella Rumiati.
L'altro campo delle neuroscienze che indaghiamo in Sissa ricade nel settore della neurobiologia. Siamo dotati di miliardi e miliardi di cellule nervose interconnesse tra di loro: per comprendere il complesso funzionamento di questo sistema, quindi i meccanismi e le funzioni cerebrali, si deve partire dalle proprietà delle cellule nervose e studiare il modo in cui codificano e trasmettono le informazioni. In questo modo si potrebbero spiegare ad esempio i meccanismi che regolano il comportamento o l’output motorio. Grazie alla combinazione di diverse tecniche di laboratorio e approcci interdisciplinari, il settore dei neurobiologi affronta un ampio ventaglio di studi. Vincent Torre e Anna Menini si occupano di biofisica dei canali ionici e trasduzione del segnale olfattivo; Giuliano Taccola di terapie sperimentali delle lesioni spinali; Laura Ballerini dei meccanismi cellulari e molecolari alla base dell'impatto del grafene sullo sviluppo e il funzionamento dei neurocircuiti spinali. Completa la comunità dei neurobiologi Paul Heppenstal, esperto di trasmissione ed elaborazione somatosensoriale spinale, con particolare riguardo al dolore, in arrivo dall'European Molecular Biology Laboratory di Monterotondo.
Infine, il terzo settore, quello di biologia molecolare e genomica, vede il gruppo di Giuseppe Legname focalizzato sui processi neurodegenerativi da prioni e sullo sviluppo di terapie innovative per bloccarne la progressione; il gruppo di Remo Sanges sull'evoluzione dei genomi e sulla loro plasticità somatica neurale; quello di cui sono coordinatore sul controllo genico dello sviluppo embrionale della corteccia cerebrale e sulla terapia di precisione delle sue aberrazioni.
Le neuroscienze hanno avuto e stanno avendo uno sviluppo tumultuoso, dal punto di vista dell'integrazione multilivello degli approcci, nonché sul piano dell'elaborazione di modelli interpretativi e predittivi progressivamente più sofisticati. Tale complessità è motivo di fascino e costituisce una sfida intellettuale formidabile per chi si sforza di conservare una visione di assieme coerente. L'area di neuroscienze della Sissa riflette appieno tale scenario, che oggi più che mai sta conoscendo una particolare ricchezza e raffinatezza nelle linee di ricerca. Molto variegati i soggetti di indagine, differenti gli stili di lavoro. Diversi, spesso molto, i "dialetti" scientifici parlati. Un ambiente dunque intellettualmente impegnativo, non facile ma molto stimolante. Specie per gli allievi, vero fiore all'occhiello dell'area. Abituati fin "da piccoli" a pensare con la loro testa, hanno sempre formato un gruppo molto coeso, a prescindere dalla specialità di dottorato alla quale afferiscono. Sempre più partono da loro iniziative spontanee di collaborazione interdisciplinare, che cementano dal basso l'area e contribuiscono a proiettarla in avanti. Sono loro il nostro futuro, la bandiera e gli ambasciatori della Sissa nel mondo.
A proposito di futuro
Per entrare appieno nel merito e fornire un esempio concreto di ricerca neuroscientifica alla Sissa, abbiamo chiesto a Denis Scaini, ricercatore in neurobiologia, di parlarci dei suoi studi. Dopo una laurea in ingegneria dei materiali e un dottorato in nanotecnologie, ha iniziato a collaborare attivamente col gruppo di Laura Ballerini, che studia le relazioni tra neuroni e nanomateriali. La domanda principale cui questi scienziati cercano di rispondere è: come può un materiale artificiale interagire con i neuroni e addirittura influenzare il loro comportamento?
Denis Scaini, esempi concreti di ricerca
Innanzitutto è importante dire che il compimento di questi studi è oggi possibile grazie a tecniche di laboratorio sempre più raffinate, che hanno permesso alle neuroscienze di ampliare i suoi orizzonti di studio e ricerca. Ad esempio, il nostro gruppo fa vasto ricorso al contributo delle nanotecnologie per valutare come dei nanomateriali a base di carbonio possano essere utilizzati per alterare il comportamento delle reti neurali. Recentemente abbiamo messo in luce come le reti neuronali siano fortemente sensibili e reattive al contatto con il grafene, un foglio di carbonio dello spessore di un atomo: la capacità di questo materiale d’intrappolare ioni sulla sua superficie altera infatti il comportamento delle reti neuronali che vi crescono a contatto. Ricerche di questo tipo aprono le porte a un'indagine dalla duplice anima: la scoperta di nuove proprietà di un materiale da un lato, e la comprensione di nuovi meccanismi di adattamento funzionale delle reti neuronali dall’altro. Quindi, oggi come non mai, le neuroscienze si servono sì del supporto di altre discipline, ma producono risultati scientifici utili anche al progredire di ulteriori ambiti del sapere.
Un ricercatore nel laboratorio di neurobiologia. Foto di Stefano Amadeo
Trieste, con le sue numerose eccellenze scientifiche, è una città che offre la possibilità di innescare questa straordinaria sinergia. Forti collaborazioni con altri istituti scientifici, come il laboratorio di luce di Sincrotrone ELETTRA e l’Università di Trieste, ci permettono di compiere esperimenti altrimenti impossibili instaurando scambi di nuove competenze e punti di vista interdisciplinari. Ricerche così complesse possono essere di supporto ad altre branche scientifiche, ad esempio alla medicina rigenerativa, e possono avere anche una declinazione fortemente terapeutica, come nel caso dell’epilessia.
Da quest’ultimo punto di vista, infatti, abbiamo recentemente messo in luce nei nostri laboratori come la sola presenza nel sistema nervoso centrale di nanofiocchi di ossido di grafene induca un’interferenza selettiva con l’attività delle sinapsi eccitatorie, aprendo la strada al loro impiego nel trattamento di condizioni patologiche caratterizzate da un’attività elettrica alterata. Le colture di neuroni messe a contatto con una soluzione acquosa nella quale erano presenti nanofiocchi di ossido di grafene hanno ricevuto una sorta di effetto “sedante” transitorio della loro attività sinaptica. È interessante osservare che questo effetto è selettivo per le sole sinapsi eccitatorie, mentre quelle inibitorie risultano non alterate.
È in questo senso che in un prossimo futuro, servendosi della selettività di questi nanomateriali, si potrebbe ipotizzare l’utilizzo di tale metodologia per un trasporto mirato di neurofarmaci nel sistema nervoso centrale. Si tratta di studi che stanno guadagnando molta attenzione da parte della comunità scientifica europea e che s’inquadrano all’interno della Graphene Flagship, una delle più grandi iniziative di ricerca in Europa, di cui Sissa è partner scientifico. La Flagship, con un budget di 1 miliardo di euro, si propone di far uscire il grafene dai laboratori di ricerca per portarlo a svolgere un ruolo chiave nell’ambito della medicina, della farmacologia, della comunicazione e di un ampio raggio di altre tecnologie.
Dai neuroni ai pensieri: la ricerca continua
Le ricerche di Scaini sono solo uno degli innumerevoli esempi che potevamo fare per raccontarvi questo affascinante mondo, che vanta il merito di procedere nelle ricerche con un approccio scientifico sempre più interdisciplinare. Senza questo importante requisito verrebbe perfino meno il termine "neuroscienze", che, stando al neurofisiologo americano Francis O. Schmitt, che lo ha coniato nel 1962, doveva indicare un insieme di studi eterogenei e variegati per afferrare il funzionamento cerebrale nella sua complessità. Dallo studio dei neuroni, delle reti neurali, del loro sviluppo e deterioramento in situazioni patologiche alle attività di biologia molecolare che si concentrano sui complessi meccanismi molecolari alla base della biologia e della fisiologia; dall’analisi strutturale e funzionale del genoma alle ricerche su come gli esseri viventi organizzano i loro pensieri e le loro azioni attraverso le percezioni: le neuroscienze in Sissa rappresentano un cantiere in continuo movimento e progresso. Con questa ricchezza di contenuti e metodologie si dirigono verso il futuro, pronte a raccogliere nuove sfide scientifiche e tecnologiche con le quali poter dire di avvicinarsi sempre più alla comprensione dei nostri comportamenti e pensieri. Più che un’attività, una missione vera e propria nella quale, come non mai nella scienza, l’oggetto d’indagine corrisponde alla strumentazione. Diceva Rita Levi-Montalcini:
Il cervello: se lo coltivi funziona. Se lo lasci andare e lo metti in pensione si indebolisce. La sua plasticità è formidabile. Per questo bisogna continuare a pensare