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Specie aliene nel Mar Mediterraneo: intervista a Ernesto Azzurro

Bluespotted cornetfish (Fistularia commersonii)

Scienza in rete ha recentemente pubblicato un articolo dedicato alla sempre maggior diffusione delle specie ittiche provenienti dal Mar Rosso nel Mediterraneo, complici i cambiamenti climatici che, riscaldando il mare, forniscono un habitat idoneo a questi animali tropicali. Qui riportiamo un'ulteriore intervista di riferimento a Ernesto Azzurro, senior researcher del CNR-IRBIM ed esperto di specie ittiche invasive.

Crediti immagine: Rickard Zerpe/Wikimedia Commons. Licenza: CC BY 2.0

Tempo di lettura: 5 mins

Capita sempre più spesso che gli umani introducano, volontariamente o meno, specie animali o vegetali in aree dove prima non erano presenti. Queste specie, che da quel momento prendono il nome di “specie aliene”, possono costituire un problema qualora comincino a diffondersi a dismisura. Il Mar Mediterraneo non è esente da questo fenomeno, essendo ormai popolato da centinaia di organismi che, fino a pochi decenni fa, era impossibile incontrare nelle sue acque. Ne parliamo con Ernesto Azzurro, primo ricercatore presso l’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRBIM-CNR), e punto di riferimento per lo studio delle specie ittiche aliene nel Mediterraneo.

Dal pesce flauto al granchio azzurro, dal pesce palla maculato al pesce scorpione, sono ormai numerose le specie aliene che popolano il Mar Mediterraneo. Come mai?

Possono arrivarci in modi diversi. Per esempio, finendo nell’acqua di zavorra delle navi, sfruttando canali artificiali, oppure perché rilasciate illegalmente. In alcuni casi l’immissione di nuove specie faceva parte di programmi ministeriali, come quelli che negli anni '70 e '80 portarono all’introduzione della vongola filippina nella laguna di Venezia, al fine, si diceva, di “migliorare le risorse marine”.

A quando risalgono le prime segnalazioni?

Per quanto riguarda le specie ittiche, che sono quelle di cui mi occupo principalmente, la prima segnalazione di una specie esotica in Mediterraneo risale al 1896 e riguarda il pampo argenteo. Si tratta di un pesce di origine indopacifica, giunto in Adriatico probabilmente trasportato dalle acque di zavorra delle navi. A questa seguirono, pochi anni dopo, numerose segnalazioni di specie marine che, dal Mar Rosso, facevano il loro ingresso nel Mar Mediterraneo sfruttando il canale di Suez.

Qual è il ruolo della crisi climatica nella diffusione di queste specie?

La crisi climatica può facilitarne la diffusione. Il Mar Mediterraneo si sta riscaldando tre volte più velocemente degli altri mari, diventando un ambiente sempre più ostile per le specie native e ospitale per quelle esotiche. È il caso della salpa, specie indigena, e del pesce coniglio, specie aliena arrivata dal Canale di Suez. Nel settore orientale del Mediterraneo, dove il riscaldamento è particolarmente rapido, la salpa è ormai quasi scomparsa per via delle temperature troppo alte, e al suo posto vi si è stabilito il pesce coniglio.

Ci sono altri motivi per i quali le specie esotiche possono prevalere su quelle native?

Questa domanda è stata oggetto di numerosi studi. Tra le ipotesi avanzate, vi è quella secondo la quale le specie non-indigene non risentirebbero di tutte le pressioni ambientali a cui sono invece sottoposte le specie native. Trovandosi in un ambiente estraneo, infatti, queste specie non verrebbero riconosciute né come prede, né come ospiti di potenziali parassiti. Inoltre, una ricerca che condussi qualche anno fa ha rivelato che maggiori sono le differenze morfologiche tra una specie non-indigena e le specie native, maggiore tenderà a essere il successo di quella specie nel Mediterraneo. Questo perché una specie morfologicamente diversa da quelle già presenti in un’area geografica avrà maggiori probabilità di trovarvi e poter sfruttare risorse che fino a quel momento erano inutilizzate.

In definitiva, possiamo considerare le specie aliene una risorsa o una minaccia?

Entrambe, a seconda dei casi. Le specie aliene rappresentano sicuramente una delle maggiori minacce per la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi, poiché possono, per esempio, competere con le specie indigene e sovrastarle, oppure rappresentare dei predatori incontrastabili. L’esotico pesce coniglio è un erbivoro come la salpa, rispetto alla quale però è molto più vorace, al punto da desertificare i fondali delle zone in cui vive. Alcune specie non-indigene danneggiano le attività umane, come l’ormai famoso granchio blu, che può tagliare le reti da pesca con le sue possenti chele. Altre sono pericolose per la salute, come il pesce palla maculato, che con la sua elevata concentrazione di tetradotossina ha già causato una settantina di intossicazioni fatali in tutto il Mediterraneo.

Allo stesso tempo, però, le specie aliene possono costituire una risorsa, sostituendo le specie native nello svolgimento delle loro funzioni ecosistemiche, così come finendo nelle reti dei pescatori. Lo stesso granchio blu, per esempio, è considerato una leccornia.

Cosa è stato fatto e cosa si sta facendo per arginare il problema delle specie aliene invasive?

L’Europa ha già emanato un regolamento, l’1143 del 2014, che elenca le specie che non possono assolutamente essere introdotte in territorio europeo, in virtù della loro comprovata natura invasiva. C’è poi la convenzione sulla gestione delle acque di zavorra, che obbliga al trattamento di queste acque al fine di evitare il trasporto involontario di specie nocive. Si punta anche molto sulla sensibilizzazione della popolazione. Il CNR ha recentemente lanciato la campagna Attenti a quei 4!, per informare i cittadini sulla presenza di quattro specie aliene pericolose per la salute umana: pesce palla maculato, pesce scorpione, pesce coniglio scuro e pesce coniglio striato. Infine, se non possiamo contrastare la diffusione delle specie aliene, almeno mangiamole, facendo di necessità virtù. Il progetto CNR UseIT, di cui sono referente, mira proprio a incentivare lo sfruttamento di queste nuove risorse ittiche.

Cosa ci riserva il futuro? Dobbiamo abituarci all’idea di un Mediterraneo in cui le specie native saranno in larga parte sostituite?

Il danno ormai è fatto, e in alcuni settori del Mar Mediterraneo la fauna locale sta già cedendo il passo alle specie esotiche invasive. Il fenomeno, tra l’altro, è in netta accelerazione. Quello che possiamo fare è impedire l’ingresso di nuove specie aliene e provare a gestire quelle che già ci sono.

 

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