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Una sola salute: così il CNR festeggia a Human Technopole i suoi primi 100 anni

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Creare reti, intrecciare collaborazioni, valorizzare l’interdisciplinarietà e utilizzare grandi piattaforme centralizzate, indispensabili per le esigenze della ricerca di oggi, sono fattori cruciali per sostenere la ricerca scientifica in Italia. È stato sottolineato nel convegno organizzato a Human Technopole per i 100 anni del CNR.

Crediti immagine: Gerd Altmann/Pixabay

Non solo uno sguardo retrospettivo sulla propria storia, ma una riflessione che permetta di anticipare le grandi linee di ricerca entro le quali il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e la comunità scientifica si impegneranno all’interno dei nuovi scenari segnati dal cambio d’epoca in atto: dalla transizione ecologica a quella digitale, facendo tesoro anche di quanto può e deve insegnarci la recente pandemia.
Così il CNR, sotto la guida di Maria Chiara Carrozza, ha deciso di festeggiare i 100 anni dalla sua fondazione: con un programma di iniziative e una serie di incontri con la rete della ricerca scientifica che si svolgono in diverse sedi in Italia. Perché, come ha ricordato Carrozza, è nella stretta collaborazione con gli enti di ricerca scientifica e l’università in tutto il territorio – e in tutto il mondo – che il CNR trova la sua forza.

In questo contesto l’istituto IEIIT CNR di Milano, diretto da Paolo Ravazzani, ha ospitato il convegno “Una sola salute – La bioingegneria e la tecnologia a servizio della salute degli essere umani, degli animali e dei vegetali”, organizzato il 13 maggio nella sede di Human Technopole, da pochi mesi sotto la nuova direzione di Marino Zerial, precedentemente direttore dell’istituto Max Planck di Dresda. È stata anche l’occasione per firmare l’accordo quadro di collaborazione stretto tra CNR e Human Technopole e fare il punto sulle scoperte più recenti nel settore della tecnologia per la medicina, evidenziando il ruolo del CNR in questi ambiti di ricerca a Milano e in Lombardia e le relazioni con le altre istituzioni diffuse su tutto il territorio. Come sottolinea Maria Chiara Carrozza, è importante agire come sistema Paese, alleandosi tra istituzioni per creare un ecosistema favorevole alla ricerca.
“Rete”, “collaborazione”, “scambio”, “interdisciplinarietà”, “infrastrutture” sono state tra le parole chiave degli interventi: a partire da quello di Cristina Messa, già ministra dell’Università e della Ricerca, che ha sottolineato tra l’altro come sia proprio il collegamento e la collaborazione tra le diverse risorse e strutture, mettendo a sistema enti di ricerca pubblici e privati con il mondo delle aziende, che può permettere di sfruttare al meglio le risorse, creando opportunità per far lavorare insieme ricerca e impresa, anche grazie alle nuove piattaforme.

Il ruolo strategico delle piattaforme

L’importanza cruciale delle infrastrutture per la ricerca, con la realizzazione di piattaforme centralizzate per la raccolta ed elaborazione dei dati su cui la ricerca si basa, cui è fortemente orientata l’attività di Human Technopole, è stata sottolineata dal nuovo direttore Marino Zerial.
La ricerca svolta a livelli di eccellenza, necessariamente interdisciplinare, richiede oggi di avere a disposizione un enorme bagaglio di competenze e tecnologie, che si trasformano con rapidità molto superiore a quanto avveniva anche solo pochi anni fa. L’unica risposta possibile è concentrarle in infrastrutture centralizzate, in grado sia di unire competenze e professionalità diverse sia di realizzare l’infrastruttura straordinaria che è necessaria a livello di strumentazione. In questo contesto agisce il modello di Human Technopole.
Sulla realizzazione di piattaforme centralizzate Zerial ha maturato una grande esperienza al Max Planck di Dresda: con Human Technopole l’ambizione è quella di offrire l’accesso alle piattaforme a livello nazionale, supportando la ricerca in tutta Italia.
Dall’esperienza in Germania nella strutturazione di grandi piattaforme, molto sfruttate sia dall’interno sia dall’esterno dell’Istituto, si ricava che un aspetto importante è renderne la gestione sufficientemente autonoma, benché in simbiosi con la ricerca, perché gli utenti interni ed esterni godano delle stesse possibilità di accesso. Ogni piattaforma dovrebbe essere gestita come una piccola azienda, considerandone attentamente anche i costi, in modo che sia possibile farla crescere a seconda dell’utenza: a Dresda alcune piattaforme sono utilizzate fino all’80% da utenti esterni. Questa specializzazione nella gestione della piattaforma alleggerisce anche i ricercatori da compiti di gestione tecnologica: appoggiandosi alle tecnologie offerte professionalmente dalla piattaforma ci si può dedicare maggiormente alla parte creativa del proprio lavoro. In questo senso costituire una rete è importantissimo, è il modo giusto per affrontare temi complessi. E Zerial ha sottolineato che in Italia c’è un’attitudine particolare a lavorare in team.

CNR: per collaborare a tutti i livelli

Quello che è certo, ed è emerso da molti interventi, è il momento sicuramente cruciale per la ricerca in Italia, di fronte alle potenzialità di sviluppo offerte dal PNRR. Una sfida in cui il CNR assume un ruolo preciso, come ricorda Maria Chiara Carrozza: con la sua massa critica di una rete scientifica di circa diecimila persone, 88 istituti e più di 200 sedi il CNR ha un’enorme potenzialità nel contribuire alla ricerca italiana, con l’obiettivo strategico di esserne un fattore abilitante, un sistema che si intreccia con gli altri sistemi, con l’università, gli altri enti di ricerca, le imprese, con tutto l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione e ne supporta lo sviluppo.
Maggiore la collaborazione e l’integrazione del CNR con l’università e le altre istituzioni, maggiore la fioritura: anche grazie alla presenza di giovani, che rende la collaborazione con l’università fondamentale. In questo senso il CNR vuole oggi avere una strategia per ogni città o area in cui si trova, valorizzando i suoi punti di forza e le sue specificità locali.
Grazie al PNRR, l’Università può anche stringere nuovi accordi con il mondo dell’impresa, di cui Guido Borsani di Deloitte Italia ha sottolineato alcuni aspetti: l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato, maturando la consapevolezza che il sistema è uno solo e che tanto più si lavora per renderlo osmotico tanto più ne trae giovamento tutto il sistema stesso. La collaborazione tra pubblico e privato sarà fondamentale per continuare a far vivere e proseguire in futuro le infrastrutture che si stanno sviluppando oggi.
Come ha sottolineato Cristina Messa, molte delle piattaforme che si stanno creando grazie al PNRR – pur con tutte le difficoltà di gestione e controllo legate al sistema  – hanno un impatto sull’impresa e sull’industria destinato poi ad avere a sua volta ricadute positive e ritornare al mondo della ricerca. Il passaggio tra pubblico e privato è stato incentivato grazie alle riforme che hanno creato maggiore mobilità, anche per i giovani, su cui c’è stato un investimento forte. Sicuramente bisogna lavorare sull’attrattività, invitando i ricercatori sempre più a utilizzare le piattaforme centralizzate: valorizzandole con il giusto mix di tecnologia e competenze professionali.
Per migliorare l’attrattività e competere con i grandi centri internazionali, ha osservato ancora Zerial, bisogna illustrare bene il valore rappresentato dalla possibilità di accedere alle grandi risorse rappresentate dalle piattaforme, alla professionalità e all’esperienza che mettono a disposizione.
 

Multidisciplinarietà al cuore dell'approccio One Health

Un esempio di interdisciplinarietà e creazione di reti e collaborazione a tutti i livelli sono state le molte esperienze portate dai relatori, tra cui i rettori dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, Eugenio Guglielmelli; dell’Università di Milano Bicocca, Giovanna Iannantuoni; e della IUSS di Pavia Riccardo Pietrabissa; i rappresentanti di diversi IRCCS (Don Gnocchi e Galeazzi di Milano e Fatebenefratelli di Brescia); i rappresentanti dei cluster scientifico-tecnologici lombardi, ricercatori del CNR, del Politecnico e di altri ambiti.
La lettura magistrale di Marcella Trombetta, preside della facoltà di Scienze e tecnologie per lo sviluppo sostenibile e One Health dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, è partita dalle radici del concetto di One Health, ripercorrendo la relazione tra salute umana, degli animali e dell'ambiente da quando questa idea si è delineata e successivamente rafforzata, sia nelle istituzioni sia nell’opinione pubblica. Nelle diverse tavole rotonde sono state trattate le molte declinazioni del tema: dal ruolo di Milano e della Lombardia nelle tecnologie per la salute e la biodiversità; alla ricerca in bioingegneria e nelle tecnologie biomediche dal presente al futuro, verso una sola salute; alle tecnologie per la medicina: dalla salute digitale ai robot; al rapporto con le piante (“Le piante e noi. Un futuro verde per un pianeta affamato?”); alla sostenibilità degli allevamenti e i suoi rapporti con la salute dell’uomo.
Nell’approccio One Health l’equilibrio è innovazione: come hanno sottolineato nella presentazione gli organizzatori del convegno, nel riconoscere che la salute umana, animale e degli ecosistemi sono indissolubilmente interconnesse e interdipendenti, la scienza riorienta il proprio approccio multidisciplinare accogliendo una visione olistica, adattando modelli di analisi, studio, sviluppo delle tecnologie e cura.
Un nuovo modo di pensare e agire per la salute individuale e collettiva, volto anche ad azzerare le distanze tra ricerca e società.


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