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Manuel Castells, un intellettuale al ministero dell’università

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Manuel Castells, direttore della cattedra Wallis Annenberg all’Università of Southern California, è stato nominato ministro delle università nel nuovo governo spagnolo. Fra i maggiori studiosi al mondo di come la tecnologia dell'informazione e dei media influisce sulla società, Castells è autore di oltre 30 libri, tra cui la trilogia "La società dell'informazione". Tra i molti riconoscimenti, ha ricevuto il Premio Holberg 2012 dalla Norvegia, che lo ha elogiato per aver definito "la nostra comprensione delle dinamiche politiche delle economie urbane e globali nella società della rete". Dedichiamo a Castells un ritratto intellettuale curato dal suo studioso italiano Agostino Petrillo.

Nel nuovo governo spagnolo c’è una presenza che salta all’occhio: quella del grande sociologo Manuel Castells ministro dell’Università. La coalizione Socialisti-Podemos ha infatti deciso di istituire tre ministeri rispettivamente per istruzione, università e ricerca. Ma chi è Manuel Castells, noto in Italia più per i suoi libri che per il suo impegno politico?

Nato nel 1942 l’attuale ministro ha avuto una esistenza ricca e interessante che lo ha condotto attraverso i centri del sapere più importanti del pianeta. Nei primi anni Sessanta frequenta a Barcellona la facoltà di diritto e si impegna consistentemente nel movimento antifranchista, fino ad essere obbligato a fuggire a causa del vivo interessamento della polizia nei suoi confronti. A poco più di vent’anni lo troviamo a Parigi dove studia diritto ed economia e consegue (1967) un dottorato sotto la guida del sociologo Alain Touraine.

Già nella tesi di dottorato, dedicata alla distribuzione delle industrie hi-tech nella periferie parigine sono presenti quelli che saranno i suoi interessi futuri: le trasformazioni urbane e la interazione tra società e tecnologie. Prende parte al sessantotto parigino mentre è già un giovanissimo assistente universitario alla Università di Nanterre, Daniel Cohn Bendit è uno dei suoi studenti. Dopo gli eventi pubblica un piccolo libro sulle “Lotte urbane” (1973). Di un anno precedente (1972) è “La questione urbana”, un tentativo ambiziosissimo di leggere la città e l’urbano con l’ausilio delle categorie dello strutturalismo e in particolare del marxismo di Louis Althusser.

Sempre al periodo marxista appartiene il successivo lavoro su “Monopolville” (1974), un’analisi delle implicazioni internazionali e delle dinamiche economiche che conducono all’emergere di Dunkerque come città industriale. Ma il periodo parigino volge al termine qualche anno dopo (1979) Castells va a Berkeley dove rimarrà quasi un trentennio. Al primo periodo americano appartiene “The City and the Grassroots” (1983) che rappresenta una svolta significativa rispetto ai testi precedenti. Qui Castells identifica i temi fondamentali posti dai movimenti sociali contemporanei: la questione dei consumi collettivi, la difesa delle identità culturali-territoriali e la centralità delle amministrazioni locali rispetto alle istanze rivendicative.

I testi che lo hanno reso celebre a livello internazionale appartengono però al decennio successivo. In particolare, la trilogia nota in italiano come “La società dell’informazione” e articolata in tre volumi: “La nascita della società in rete”; “Il potere delle identità”; “Volgere di millennio”. La trilogia, scritta sul finire degli anni Novanta cerca di tracciare un quadro complessivo delle trasformazioni delle società avanzate, affrontando la questione da numerosi punti di vista: economico, politico, sociale. Chiave di lettura di queste enormi trasformazioni è l’evoluzione della infrastruttura delle comunicazioni e l’avvento della Rete. La Rete non è solo un modo di scambiare informazioni, ma è un diverso modo di pensare, di concepire la realtà, al di là dei contenuti veicolati.

La logica della Rete modifica politica, cultura, trasforma gli stessi movimenti sociali, modifica profondamente le città e le modalità di funzionamento dell’urbano. Le vecchie gerarchie economiche e territoriali vengono messe completamente in discussione, centralità un tempo consolidate vacillano. Ma il nuovo millennio si caratterizza anche per importanti mutamenti socio-antropologici, Castells insiste sul conflitto tra le forze della Globalizzazione e le istanze localiste, riflettendo sui movimenti anti-global e analizza l’impatto sociale del movimento delle donne, soffermandosi sul venir meno del patriarcalismo e sull’indebolirsi delle strutture della famiglia tradizionale.

La trilogia castellsiana non è una produzione nostalgica, non è “Il tramonto dell’Occidente” di Oswald Spengler, anzi descrive un mondo che, pure nell’esasperarsi dei conflitti, palesa potenzialità di liberazione e di emancipazione sconosciute in passato. In realtà Castells sia pure in forma diversa nel corso degli anni, non ha mai cessato di occuparsi degli stessi problemi, e il suo giovanile afflato militante è ancora percepibile anche nella sua produzione matura.

Castells ritiene che sia necessario insistere sulla innovazione tecnologica, ma mette in guardia contro il rischio di una sempre maggiore differenziazione tra chi ha accesso alla Rete e chi no, tra "letterati" e "illetterati", tra sapienti e analfabeti nell'uso delle tecnologie. Nello spazio sociale che Internet e le nuove tecnologie disegnano si allungano infatti anche le ombre di nuove disuguaglianze. Insomma… con queste premesse è lecito attendersi molto dal nuovo ministro spagnolo della Università.

 


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