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COP28: tocca al petroliere dire addio ai fossili

Tempo di lettura: 4 mins

Fonte: UNFCCC.

Doveva essere un petroliere a dire addio ai fossili, come il tabagista a spegnere l’ultima sigaretta e l’alcolista a rinunciare al Negroni. E così è stato: per la prima volta in una Conferenza delle parti delle Nazioni unite sul clima, dichiariamo nero su bianco di voler abbandonare carbone gas e petrolio. La COP28 si è tenuta Dubai in uno dei Paesi più dipendenti dalle fonti fossili, ed è stata coordinata dal peraltro abilissimo Sultan al-Jaber, presidente della più grande compagnia petrolifera, la ADNOC. Sembra uno scherzo, ma forse la cosa si può anche leggere come la presa d’atto che la transizione climatica fuori dal fossile è proprio inevitabile per tutti. È stato un addio lungo e travagliato, che ci farà penare prima di poter finalmente mettere la parola fine su carbone, gas e petrolio. Ma tornare indietro pare ormai impossibile. A Dubai, proprio nella Dubai delle allucinanti Burj Khalifa e Palm Islands, si è fatto un pezzo di storia della sostenibilità. 

Gli impegni

La rivoluzione industriale per arrivare in tempo utile a una neutralità climatica per metà secolo deve quindi continuare riconoscendo finalmente che non basta aumentare le rinnovabili. Bisogna per forza rinunciare alle fonti fossili. Il Global Stocktake lo dice così: 

Transitioning away from fossil fuels in energy systems, in a just, orderly and equitable manner, accelerating action in this critical decade, so as to achieve net zero by 2050 in keeping with the science.

Abbandonare le fonti fossili nei sistemi energetici in modo giusto, equo e ordinato, accelerando l’azione in questa decennio così da raggiungere la neutralità climatica al 2050, in linea con la scienza.

Il documento prosegue invitando a triplicare da qui al 2030 le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica. Si prosegue con i buoni propositi anche sulle necessarie misure di adattamento, che riguardano in primis i paesi più vulnerabili, così come si entra nel merito dei risarcimenti per i danni e le perdite (loss and damage) patite dai Paesi più colpiti dagli effetti del disordine climatico. Il documento ricorda la quantità stellare di risorse finanziarie necessarie per rendere concrete queste promesse, e osserva con “significativa preoccupazione”, che stante gli impegni presi dai diversi paesi, il mondo sarebbe destinato a stabilizzarsi sui 2,5-2,8°C di riscaldamento anziché ben sotto i 2 gradi, cioè 1,5°C dell’Accordo di Parigi. Peraltro, nota sempre il documento che ha ricevuto il consenso di tutti i Paesi, il budget di carbonio ancora spendibile per stare sotto la soglia di 1,5°C (con una probabilità del 50%) è veramente risicato: meno di 500 miliardi di tonnellate di CO2, vale a dire 1/5 del budget calcolato.

Lasciamoci con un transition away, non con un phase out

La bozza finale del documento è arrivato all’alba del 13 dicembre dopo una notte di negoziati che si sono trascinati fino alle 4 di mattina. Si è riusciti anche - sotto l’occhio attento del presidente - a evitare di menzionare il phase-out dalle fonti fossili, sostituito dalla brillante alternativa “transition away”, che è meno netta di phase out ma più impegnativa di phase down, una mera riduzione dei combustibili che compariva nella prima bozza del testo. L’OPEC, che raduna i principali paesi produttori di petrolio, era dovuto intervenire con una lettera minacciosa per dettare la linea di resistenza verso formulazioni più ambiziose. Tuttavia, verso la fine della Conferenza le ambizioni sono tornate a farsi strada cristallizzandosi in un documento finale che per la prima volta menziona un itinerario di uscita dal fossile, anche se con molte circonvoluzioni e qualche omissione. Pesante per esempio che del carbone si parli solo di una progressiva "riduzione" e non di farlo fuori prima degli altri.

Obiettivi lunari

Il Global Stocktake si spinge anche a riconoscere che per stare entro la soglia di sicurezza di 1,5°C, secondo l’IPCC dovremmo arrivare al picco delle emissioni dei gas climalteranti entro il 2025. Ma soprattutto arrivare al 2030 con una loro riduzione del 43% rispetto alle emissioni del 2019, e al 2035 del 60%. Obiettivi lunari, che implicherebbero una sorta di palingenesi che contrasta con le tortuosità e le cautele del documento. Il quale peraltro riconosce che sarebbe ora di togliere i sussidi (ma solo quelli “inefficienti) alle fonti fossili, che bisognerebbe anche puntare sul nucleare (ma senza una particolare enfasi), l’idrogeno e la cattura e sequestro della CO2, e avallare anche i combustibili di transizione in attesa di una compiuta decarbonizzazione. Concessioni queste ultime a chi cercherà in ogni modo di diluire il più possibile l’uscita definitiva dall’era delle fonti fossili.

 


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