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"Che razza di Costituzione"

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Pietro Greco intervista Gianfranco Biondi, Radio 3 scienza (18 dicembre 2014):

La nostra Costituzione lo dice espressamente: i cittadini italiani hanno tutti pari dignità sociale, senza alcuna distinzione, neanche di razza. Già, ma come la mettiamo col fatto che l'antropologia e la genetica degli ultimi 50 anni ci hanno dimostrato che non esistono razze umane, e che il concetto di razza può essere applicato solo ad altre specie ma non alla nostra? Andrebbe cambiato l'articolo 3 della nostra carta costituzionale: a sostenerlo Gianfranco Biondi, antropologo all'Università dell'Aquila, tra i firmatari di un appello rivolto alle massime autorità dello Stato. Ai microfoni di Radio 3 scienza (18 dicembre 2014), Pietro Greco intervista Gianfranco Biondi.

Trascrizione dell'intervista

Pietro Greco. Buongiorno da Pietro Greco e benvenuti a Radio Tre Scienza. L'articolo tre della nostra Costituzione. L'articolo tre che recita e sostiene che tutti i cittadini nel nostro paese, sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di genere, di razza, di religione. Quindi un articolo nobile che sostiene appunto l'eguaglianza di tutti i cittadini. E tuttavia ci sono due antropologi, Gianfranco Biondi, antropologo dell'Università dell'Aquila, e Olga Rickards, antropologa molecolare dell'Università Tor Vergata di Roma, che hanno fatto un appello, un appello al Presidente della Repubblica e alle altre alte cariche dello Stato per chiedere che la parola razza venga tolta dalla Costituzione e in particolare dall'articolo tre. Perché lo hanno fatto? Abbiamo con noi proprio Gianfranco Biondi, Buongiorno professor Biondi. 

Gianfranco Biondi. Buongiorno a lei. 

Pietro Greco. Ecco allora perché questo appello, che ricordo semplicemente che può essere eletto anche sul sito di Radio tre scienza che rimanda con un link al sito di Scienze in rete, dove è pubblicato

Gianfranco Biondi. E guardi il nostro appello, ecco, noi con quell'appello volevamo far presente alle autorità, le massime autorità dello Stato, che il termine razza in antropologia, cioè il termine razza nella nostra specie, non può essere applicato. È sbagliato, questo lo abbiamo verificato sperimentalmente, ormai abbiamo molte prove, che quel termine, quella categoria tassonomica non può essere applicata alla nostra specie perché nella tassonomia - cioè la tassonomia, è quella parte della biologia che serve per definire i rapporti di parentela tra i gruppi viventi, tra le specie, tra le popolazioni, tra gruppi di specie e così via - ecco quel termine nella nostra specie, nelle popolazioni della nostra specie, non ha più senso. Secondo l'antropologia classica, per esempio, erano più simili tra loro le popolazioni africane ed australiane da una parte e più simili tra loro dall'altra europei ed asiatici. A metà dello scorso secolo è stato dimostrato geneticamente, invece, che noi europei siamo più simili geneticamente agli africani e gli asiatici sono più simili geneticamente agli australiani e oggi sappiamo il perché. La nostra specie nata in Africa attorno a 200.000 anni fa, poi alcuni gruppi umani, alcuni gruppi popolazioni della nostra specie sono emigrate fuori dall'Africa e sono andate verso Oriente. Solo molte migliaia di anni dopo altri gruppi sono usciti dall'Africa e sono venuti verso l'Europa, ecco perché noi siamo più simili geneticamente agli africani, perché abbiamo accumulato, essendoci separati molto dopo, meno mutazioni che ci differenziano. 

Pietro Greco. Ecco professor Biondi, quindi se ho ben capito voi dite, per il terzo articolo della nostra Costituzione, il genere esiste e quindi è giusto non discriminare in base al genere, le religioni esistono, è giusto non discriminare in base al credo religioso, le razze non esistono e quindi va tolta la parola: è così? 

Gianfranco Biondi. Ecco, è una questione molto delicata nella Costituzione. Noi siamo degli scienziati sperimentali, volevamo fare presente alle autorità che quel termine è errato scientificamente, cioè gli antropologi e i genetisti umani non lo usano più. Dai nostri libri di antropologia è scomparso, non ci facciamo più riferimento, non abbiamo più delle categorie. Se lei apre un testo attuale di antropologia, non ci trova più delle classificazioni razziali. Quelle che si trovavano invece 40 o 50 fa. Quindi noi lo abbiamo superato. Oggi per noi, antropologi e genetisti umani, parlare di razze umane è un po' come – diciamo - per i fisici dire che è il Sole che gira attorno alla terra. Quindi noi vogliamo far presente questo alle autorità. Poi sono i costituzionalisti e i politici quelli che devono decidere se togliere o sostituire eccetera, come fare perché è una questione molto delicata. Però noi nell'appello abbiamo fatto presente un'altra cosa, non solo la Costituzione, ma anche negli atti ufficiali della Repubblica. Quindi, per esempio, nelle lettere dei ministeri, nei bugiardini delle medicine, così in tutto quello che è ufficiale. Ecco per esempio, questo è un settore in cui potrebbe essere più semplice eliminare quel termine. 

Pietro Greco. Ecco professor Biondi, e tuttavia la diversità tra gli uomini esiste, sia tra gli individui, sia tra popolazioni di individui. Quindi è questa diversità, voi oggi come la spiegate? 

Gianfranco Biondi. Assolutamente sì. Tutta la diversità che l'abbiamo sotto gli occhi. La diversità, dipende dalle condizioni ambientali, per esempio la diversità nel colore della pelle è dovuta al fatto che alcune popolazioni vivono in aree geografiche dove è vantaggioso avere una pelle scura perché fa da schermo. Ma questo non mette, non definisce i rapporti genetici di parentela tra le popolazioni, è solo una questione ambientale. Ci sono tutte differenze genetiche, differenze biologiche tra i gruppi, ma oggi sappiamo, per esempio, che se facciamo uguale a 100 la diversità biologica totale, all'interno della stessa popolazione, due individui sono diversi per l'ottantacinque per 100, è solo quell'altra piccola percentuale del 10-15% che va aggiunta per differenziare persone che sono di popolazioni o di continenti diversi. 

Pietro Greco. Professor Biondi ha anche Darwin, penso che sia interessato il problema delle razze aveva pensato che appunto, non era possibile distinguere in maniera netta le varie razze, perché c'era una sostanziale continuità tra i vari gruppi e tra le varie popolazioni umane. Quindi quest'idea originaria, diciamo di Darwin, è stata confermata dagli studi di genetica, ma le cause per cui nell’umanità non esistono le razze mentre le razze esistono in altre specie animali, quali sono? 

Gianfranco Biondi. Perché siamo una specie molto giovane. Cioè, non c'è stato il tempo. Noi siamo una specie nata attorno sulla rete a 200.000 anni fa in Africa. Poi per un lunghissimo periodo, la nostra specie è vissuta solo lì. Poi alcuni gruppi sono usciti e sono andati verso oriente e hanno cominciato ad accumulare mutazioni diverse rispetto al blocco che stava in Africa. Perché le mutazioni genetiche sono casuali e cominciano a differenziarsi quando si differenziano le popolazioni, ovviamente. Solo molto tempo dopo altri gruppi sono venuti verso l'Europa, quindi è troppo recente la nostra origine come specie e il momento in cui abbiamo cominciato, i vari gruppi dei vari continenti, ad accumulare mutazioni genetiche diverse. Questo è l'unico motivo, ma la differenze ci sono ovviamente e noi non le neghiamo le differenze, solo che sono di natura ecologica. La tassonomia e l'ecologia sono due cose fondamentali in biologia entrambe, ma la tassonomia ci deve dire i rapporti di parentela, l'ecologia, invece, sono i rapporti fra gli organismi viventi e l'ambiente in cui vivono. Quindi sono due cose diverse e per questo per noi antropologi e per i genetisti umani questo concetto non può essere applicato alla nostra specie. Ma noi studiamo la diversità biologica nella nostra specie, ovviamente. 

Pietro Greco. Questa continuità genetica che c'è tra le varie popolazioni umane può essere dovuta anche al fatto che, tutto sommato, le popolazioni umane che sono uscite dall'Africa dopo l'out of Africa e poi in Asia e infine in Europa, poi in America, sono rimaste sostanzialmente in contatto? Quindi ci sono stati degli incroci più o meno continui tra le varie popolazioni? 

Gianfranco Biondi. Ci sono stati anche degli incroci continui, sì, ci sono stati. Nelle zone marginali ovviamente, ci sono stati anche degli incroci. Geneticamente si possono identificare le popolazioni dell'Africa dell'Europa, dell'Asia, dell'Australia e così via. Sono anche diverse geneticamente, ma sono diverse per la frequenza di distribuzione di alcune mutazioni. Quindi alcuni caratteri sono più frequenti in alcuni gruppi, meno frequenti in altri e così via. Però c'è questa diversità è abbastanza piccola, ci permette di individuare grandi gruppi ma non ci permette di tagliare come vorrebbe la tassonomia. 

Pietro Greco. Mi chiedono alcuni nostri ascoltatori: ma allora nelle altre specie animali come, come si quantifica una differenza tale da determinare razze diverse? 

Gianfranco Biondi. Questo è un problema. Deve invitare uno zoologo, è più corretto che lui risponda. Anche in molte altre razze animali, adesso sappiamo che non si può applicare questo concetto. Però, insomma, sarebbe bene che li ne parlasse uno zoologo. In molti animali i gruppi, sono molto più isolati e quindi si incrociano molto di più all'interno. Noi come specie lo siamo molto meno. 

Pietro Greco. E quindi questa appunto, insomma, questa difficoltà a chiudersi in isole incomunicanti  rende il fatto che la specie umana non possa essere distinta in razze diverse. Diciamo che in passato la distinzione in razza era, non tanto in ambiente scientifico ma fuori dall'ambiente scientifico, era associata a una differenza nelle capacità cognitive oppure nei comportamenti. Questo falsifica qualsiasi impostazione di questo genere, non c'è differenza delle capacità cognitive o nei comportamenti determinati dalla genetica. 

Gianfranco Biondi. Assolutamente no, quelle erano assolute sciocchezze. C'è una differenza sostanziale che dobbiamo tenere presente. Noi ci riferiamo con Olga Rickards, e gli antropologi in generale, i genetisti umani, alla questione scientifica del concetto di razza. Il concetto di razza come ne abbiamo discusso in questi pochi minuti, quella è una questione scientifica. Quelle a cui lei fa riferimento non sono questioni scientifiche, sono questioni di razzismo, non c'entrano con le scienze sperimentali. Non c'è dubbio che ci sono state tante, troppe, contaminazioni. Molti antropologi hanno fatto delle cose che non avrebbero dovuto fare e i razzisti hanno chiesto l'aiuto della scienza, quelle sono contaminazioni. Ma quella parte non è scientifica come scientifica, come scienza sperimentale. 

Pietro Greco. Quindi lei dice da un punto di vista della scienza sperimentale la razza è un concetto che applicata alla specie umana, non esiste, il razzismo è un'altra questione che va affrontata in altro modo. Il vostro appello ha avuto il consenso, la conferma dell'Istituto italiano di Antropologia: quanto quello che lei ha asserisce quanto è comune ai suoi colleghi antropologi, cioè tutti la pensate allo stesso modo? O c'è qualcuno che invece pone delle obiezioni. 

Gianfranco Biondi. No, “tutti” non funziona mai. M la grande maggioranza degli antropologi a livello mondiale, non usa più questo concetto perché è stato proprio sperimentalmente falsificato. Però ci sono alcuni che insomma, che mantengono delle distinzioni, però la stragrande maggioranza. Tanto è vero che lei non ne non ne sente più parlare. Nelle lezioni universitarie, nella stragrande maggioranza dei libri, insomma, è un argomento che ormai è assolutamente superato. Lei pensi che quando io ero studente ho frequentato il corso di Biologia delle razze umane e quando poi sono diventato professore ho insegnato Biologia delle popolazioni umane. È proprio fuori da noi ormai. 

Pietro Greco. È tutto cambiato. Grazie professor Gianfranco Biondi, antropologo dell'Università dell'Aquila che, insieme ad Olga Rickards, antropologa molecolare dell'Università Tor Vergata di Roma, ha firmato un appello alle autorità italiane per togliere un errore concettuale dalla nostra Costituzione. Un errore concettuale dimostrato dalla scienza sperimentale.

 

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