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L'evoluzione di Homer

 

Sessanta secondi. Questo l’intervallo di tempo in cui i creatori dei Simpson riescono a condensare i tre miliardi e mezzo di anni che intercorrono fra la cellula primordiale della vita, la madre di tutte le cellule, e quel campione unico e inimitabile del genere Homo che è l’Homer sapiens. Sessanta secondi, infatti, dura la «gag del divano» (così si chiamano le sequenze di apertura degli episodi dei Simpson) sull’evoluzione di Homer, andata in onda per la prima volta nel corso della diciottesima stagione della celebre serie e subito diventata una fra le sequenze video più gettonate del web.

Cinematograficamente parlando, è uno dei tanti remake ai quali quell’orgia citazionistica che sono i Simpson, il più postmoderno fra i cartoni animati postmoderni, ci ha da tempo abituati. Un remake di che cosa? Di riferimenti potenziali ce ne sono per tutti i gusti: dal video del singolo «Right Here, Right Now» del DJ inglese Fatboy Slim, del 1999 (anche lì il percorso evolutivo raggiungeva la sua più alta espressione in un ciccione che trova da sedersi, seppur su una panchina e non sul divano di famiglia), all’animazione della «Sagra della primavera» di Stravinsky in Fantasia, per realizzare la quale la Disney si affidò alla consulenza di scienziati come Julian Huxley, Roy Chapman Andrews ed Edwin Hubble.

La trama è quella classica dell’iconografia darwiniana più pop, tanto che, se proprio si volesse usare questa gag a scopi didattici, una chiave potrebbe essere quella d’invitare gli studenti a individuarvi errori e misconcezioni: dalla discendenza diretta dell’uomo dalle scimmie alla rappresentazione dell’evoluzione come progresso, fino allo spassoso caso di “involuzione” che ha per protagonista il barman Moe. I riferimenti scientificamente plausibili, comunque, compensano abbondantemente le inesattezze, anche se entrambi sono irrilevanti rispetto alla comicità delle sequenze. Si parte, appunto, dalla cellula primordiale, un individuo unicellulare sospettosamente grasso e calvo che, in un tripudio di mitosi e di «D’oh!» (l’esclamazione tipica di Homer), si replica fino a dare vita a una medusa, poi a un pesce, un anfibio, un lucertolone preistorico e così via fino all’uomo. La biologia, a questo punto, cede il passo all’antropologia e alla storia. Consentendo a Homer di compiere il suo destino evolutivo e adagiarsi, spossato da tante fatiche, a fianco dei figli e della moglie, che subito gli chiede come mai ci abbia impiegato tanto ad arrivare.

Qui si condensa tutto in una gag, ma l’evoluzione è un tema ricorrente, negli episodi dei Simpson. I cui sceneggiatori, in gran parte, escono da Harvard, dove hanno avuto occasione d’incontrare Stephen Jay Gould: un vero e proprio eroe della serie, tanto che nel 1997 accettò con entusiasmo di essere la guest star di una fra le puntate più pungenti. S’intitola «Lisa la scettica», ed è interamente dedicata ai conflitti fra scienza, fede e pubblicità. D’altronde, lo stesso Darwin, o meglio «un attore che interpreta Charles Darwin», in un vecchio episodio era stato invitato dal signor Burns, proprietario della centrale nucleare di Springfield, a dimostrare le meraviglie della mutazione, naturale o indotta da scorie radioattive che sia: «Salve Charles, sia bravo», lo sollecitava, «spieghi ai nostri telespettatori la sua teoria sulla selezione naturale». A dimostrazione che il “disegno intelligente” esiste eccome: il suo colore è il giallo, ci fa divertire e riflettere da vent’anni, ed è un disegno animato.

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Darwin
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