fbpx Big Data: indietro nel tempo per ricostruire i linguaggi | Scienza in rete

Big Data: indietro nel tempo per ricostruire i linguaggi

Read time: 2 mins

Una ‘macchina del tempo automatica’, capace di ricostruire l’evoluzione dei linguaggi più antichi: è questo il risultato di un lavoro di ricerca di un team di scienziati dell'Università della California di Berkley, e della British Columbia di Vancouver, utile ai linguisti per fare sintesi tra le informazioni disponibili su centinaia di civiltà ancestrali.

La frontiera dei “Big Data” - ovvero quell’enorme quantità e aggregazione di dati oggi disponibile, gestibile con tecnologie avanzate – non riguarda solo il flusso di bit del web o di files di testo, audio o video. La gestione dell’intero patrimonio di conoscenza raccolto può essere applicata, infatti, anche a database tutt’altro che digitali. I ricercatori di Berkley lo hanno dimostrato mettendo a punto un programma e un sistema computerizzato in grado di garantire una ricostruzione veloce delle protolingue, antenati dei linguaggi più moderni. Il nuovo sistema computazionale californiano sfrutta un modello probabilistico (il “Monte Carlo”, utilizzato abitualmente anche in biologia per le ricostruzioni di catene di DNA o in fisica teorica per i modelli atomici), che incrocia i vocaboli moderni con diverse radici semantiche, ma in cui si riconoscono suono comune e origini ricollegabili tra di loro.
In ogni fase di calcolo dell’algoritmo, i percorsi evolutivi di linguaggi come il Proto-Indo Europeo o il Proto-Afroasiatico diventano più chiari. Questo programma è in grado, tuttavia, non solo di accelerare i processi di ricostruzione dei linguaggi più antichi su larga scala, ma, di conseguenza, facilita e completa la conoscenza che abbiamo sulle culture delle civiltà, basandosi sui loro vocabolari: una Big Data Analysis del passato, insomma.

“La cosa più entusiasmante del nuovo sistema, è che vengono utilizzate molte delle idee già sviluppate dai linguisti circa la ricostruzione dell’evoluzione storica dei linguaggi, in modo inedito: più dati, più parole, più linguaggio, ma in meno tempo” – dichiara Dan Klein, professore associato di computer science all’università di Berkley e co-autore del paper pubblicato su PNAS.

La scoperta fatta a Berkley è un passo importante per la documentazione e gestione critica delle fonti storiche sul linguaggio e per tutelare la cultura e le conoscenze del passato. Infatti, mentre gli archeologi possono contare solo su fonti scritte, indagando il passato con un metodo comparativo, questo sistema consente di automatizzare l’analisi sulle relazioni tra linguaggi, con più alti livelli di certezza statistica.

La prossima ricostruzione in programma riguarda i proto-linguaggi delle popolazioni indigene del Nord-America.

Autori: 
Sezioni: 
Free tag: 
Linguistica

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.