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La rivista Sapere: premiata e in chiusura

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Come molti sapranno già, purtroppo l'Editore di “Sapere”, Dedalo, ha deciso per un drastico cambio della struttura editoriale di Sapere, che comporta, fra l'altro, il cambio della Direzione e della Redazione.
A nome dell'USPID desidero ringraziare Carlo Bernardini, Francesco Lenci, Marina Bidetti, Giovanna Dall'Ongaro, Letizia Gabaglio, Roberta Pizzolante e tutti gli amici della Redazione di Roma, con cui molti di noi hanno avuto il piacere di collaborare per anni.
Voglio in particolare ringraziare Carlo che, ormai da trent'anni, dirigeva “Sapere”, più recentemente insieme a Francesco (forse non tutti sanno che Sapere è la più antica rivista italiana di divulgazione scientifica e che già una volta ha avuto bisogno di qualcuno che la facesse "resuscitare", e questo Qualcuno è stato Carlo).
“Sapere” non è stata soltanto una bella rivista di divulgazione scientifica. “Sapere” è stato anche uno dei pochissimi "luoghi" in cui si potesse ancora scrivere di responsabilità etica e sociale degli Scienziati, dove i contributi su argomenti controversi, critici erano i benvenuti.
In particolare, per noi dell'USPID, “Sapere” è stata anche un punto di riferimento per tenersi aggiornati e ragionare su questioni di armamenti e di disarmo, in particolare con la rubrica curata da Francesco Calogero prima e da Nicola Cufaro Petroni poi.

Paradossalmente, il 9 Dicembre "Sapere", assieme a “Coelum”, mensile di divulgazione astronomica, ha ricevuto il Premio dell’Associazione Italiana del Libro come rivista di divulgazione scientifica: “fondata a Milano nel 1935, da oltre settant’anni, ininterrottamente, “Sapere” coglie e racconta le tendenze e i risultati più significativi della ricerca italiana e internazionale, dalla fisica alla biologia, dalla ricerca di base a quella applicativa“. Peccato. 

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Divulgazione scientifica

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Siamo ancora in tempo: possiamo salvare le specie a rischio di estinzione e ripristinare ecosistemi danneggiati, regalando loro una nuova vitalità, e molto è già stato fatto, grazie alle azioni di conservazione, come dimostra uno studio pubblicato su Science.

In copertina: pulcino di fraticello americano. Crediti immagine: Dan Pancamo/Wikimedia Commons. Licenza: CC BY-SA 2.0 DEED

Troppo spesso, di fronte ai crescenti tassi di scomparsa di specie (sono 44.000 quelle che rischiano di estinguersi secondo la IUCN, unione internazionale per la conservazione della natura) si rischia di vedere solo il bicchiere mezzo vuoto, e di giungere all’errata conclusione che sia inutile investire soldi e tempo per la conservazione. Niente di più sbagliato: lavorare per la biodiversità premia e fa ottenere risultati tangibili.