La paura ci aiuta a sfuggire al pericolo. Ma spesso situazioni minacciose o eventi traumatici possono generare profonde paure che si legano a schemi cerebrali in grado di ripetersi molto tempo dopo, dando vita a disturbi post traumatici da stress (PTSD) e altri disturbi d'ansia. Per questi individui, l'esposizione a determinati stimoli può far rivivere il trauma originale. Un gruppo di scienziati in Francia, utilizzando l’optogenetica nei topi, sta identificando i meccanismi cerebrali alla base di questa espressione della paura.
Il gruppo di ricerca guidato da Cyril
Herry dell’Inserm Magendie Neurocentre, a Bordeaux, da tempo studia ciò che
avviene nel cervello durante diversi tipi di comportamenti legati alla paura. Herry
ha presentato, durante il Fens Forum 2014, una nuova ricerca sui topi. I
risultati sono stati ottenuti utilizzando analisi comportamentali, dati
elettrofisiologici e tecniche di optogenetica.
L’obiettivo era analizzare i legami tra comportamenti generati dalla paura
e memoria emotiva. “Abbiamo usato un nuovo paradigma comportamentale, che
considera molti aspetti clinici dei disturbi da stress post traumatico” dice Cyril
Herry, il cui laboratorio è uno dei pochi che unisce lo studio dell’attività
neurale negli animali all’optogenetica.
Queste ricerche hanno rivelato che una particolare area del cervello – la
corteccia mediale prefrontale – è cruciale per l’espressione dei comportamenti
condizionati dalla paura nei topi. Utilizzando l’optogenetica, Herry e colleghi
avevano già identificato nel corso di studi precedenti specifici circuiti
neurali coinvolti in questi meccanismi. Ora una ricerca più recente ha mostrato
che l’inibizione di particolari neuroni in una zona della corteccia prefrontale
determina la risposta alla paura. Si tratta di una reazione a catena, in cui
l’inibizione di alcune cellule ne attiva altre, che a loro volta attivano le
aree del cervello che poi portano all’espressione della paura negli individui.
Nel caso di PTSD, un elemento tipico è la ‘generalizzazione della paura’,
ovvero la ripetizione dell’esperienza legata al trauma anche in un ambiente
neutro. E questa continua risposta della paura influenza profondamente la vita
di molte persone.
Gli studi condotti da Herry e colleghi sono i primi ad analizzare
l’attività cerebrale durante la generalizzazione della paura indotta da nuovi
contesti. “Speriamo di identificare i meccanismi cerebrali che portano alla
generalizzazione della paura, e comprendere quali sono i circuiti neurali responsabili”
spiega il ricercatore.
Per raggiungere tale obiettivo, l’optogenetica fornisce strumenti
fondamentali. Questo metodo di ricerca, sempre più diffuso, utilizza la luce
per indurre l’attività delle cellule cerebrali. In questo modo gli scienziati
possono stimolare gli impulsi del cervello, ed esaminare nel dettaglio come i
circuiti neurali comunicano tra loro. Il tutto direttamente in vivo e in tempo reale.
“Per studiare il comportamento legato alla paura nei topi, l’optogenetica
permette di attivare neuroni in specifiche aree del cervello, con una
precisione temporale al millisecondo senza precedenti. È anche possibile
attivare o disattivare specifiche cellule o strutture cerebrali” racconta
Herry. “Combinando queste tecniche, siamo in grado di spiegare meglio come le
risposte alla paura si manifestano nel cervello, e chiarire quali circuiti le
generano”.
La speranza è che una migliore comprensione di questi meccanismi nel caso di PTSD possa portare ad avanzamenti nella cura di disturbi simili. “I nostri studi sugli animali potrebbero offrire nuove spiegazioni su come il cervello umano processa la paura, facilitando lo sviluppo di nuovi trattamenti per i disturbi da stress post traumatico e altre condizioni psichiatriche correlate”.