Ottant’anni di sfide per carpire i segreti del neutrino

Dall'annuncio del primo esperimento di Opera sono stati pubblicati numerosi studi scientifici per tentare di demolire la misurazione oppure di rivedere la teoria della relatività. Fabrizio Tamburini e Marco Laveder dell'Università di Padova ricorrono alle idee di Ettore Majorana per giustificare la violazione del tetto della velocità della luce. "Rileggendo i suoi appunti di circa 80 anni fa - spiega Tamburini in una nota diffusa dall'Istituto nazionale di astrofisica - mi sono convinto che la sua teoria non è in disaccordo con i dati di Opera. L'idea di Majorana prevede che i neutrini possano avere massa "immaginaria". Sarebbero dunque "svincolati dai limiti imposti dalle equazioni della relatività e potrebbero viaggiare più veloci della luce".
La scoperta, se confermata, potrebbe ottenere il premio Nobel per la fisica.
Il tempo, però, per assegnare un premio Nobel a una scoperta importante dipende da quanto sia convincente il risultato. Il Nobel per la fisica assegnato probabilmente entro un anno dalla sua scoperta è stato quello del quarto quark a Ting e Richter nel 1976. Samuel C.C. Ting aveva trovato un eccesso anomalo di particelle in un esperimento nei laboratori di Brookhaven. Il segnale era enorme, invece di pubblicarlo, informava discretamente i suoi concorrenti in giro per il mondo, chiedendo loro di controllare gli esperimenti. Burton Richter, allo SLAC di Stanford, fu il più veloce e la scoperta fu pubblicata dai due gruppi nello stesso numero della stessa rivista. Il Nobel arrivava entro l'anno, perché tutti erano convinti della solidità oltre che dell’importanza della misura.
L’assegnazione dei premi Nobel, in realtà, non è sempre stata così facile. Basti ricordare Paul Dirac, brillante matematico e fisico britannico che dedusse l’esistenza di una particella opposta all’elettrone risolvendo in chiave relativistica un’equazione che oggi porta il suo nome. Nel 1931, Dirac intuì e propose l’esistenza dell’antielettrone. Era un’ipotesi ardita che diede luogo, tra i fisici, a contrastanti discussioni. Nell’estate del 1931, Wolfgang Pauli assisteva a un seminario di Robert Oppenheimer sul lavoro di Dirac. Si racconta che nel bel mezzo di quella lezione, scattò in piedi, afferrò un pezzo di gesso camminando verso la lavagna e lì davanti si fermò brandendolo come per intervenire, poi disse: “Ach nein, das ist ja alles falsch!”…tutto questo è certamente sbagliato!”. Più tardi Pauli scrisse, a proposito della spiegazione che Dirac ha dato dei risultati della sua teoria “non crediamo che tutto questo debba essere preso sul serio”.

La teoria della relatività e quella dei quanti non solo sono distinte l’una dall’altra, ma si oppongono l'una l'altra. Dirac trovò una riconciliazione feconda tra le due. Solo quattro anni più tardi, l’antiparticella in questione fu denominata positrone (elettrone positivo) dal suo effettivo scopritore Carl David Anderson, che riuscì a dimostrarne l’esistenza analizzando le particelle che compongono i raggi cosmici e a soli 31 anni fu insignito del premio Nobel per la fisica.
La storia delle scienze non sempre ha reso il giusto tributo a coloro che ne sono stati i veri artefici.  L’esempio è Nikola Tesla. Le sue più grandi scoperte e invenzioni sono state fatte nel campo dell'elettrotecnica e dell'elettromagnetismo. Sua l'invenzione della radio e non di Marconi come stabilì la Corte Suprema degli Stati Uniti in una decisione il 21 giugno 1943. Tesla sosteneva: “L'uomo di scienza non mira a un risultato immediato. Egli non si aspetta che idee avanzate siano immediatamente accettate, il suo dovere è fissare i principi fondamentali per quelli destinati a venire dopo e indicare la strada”. Questo è accaduto spesso nella sua vita, perché egli ha aperto la strada, nella creazione d’importanti innovazioni, a uomini di scienza divenuti più famosi di lui.
Si ricorda anche il contributo dell’astrofisico ucraino George Gamow che compì studi rilevanti nel campo della fisica nucleare e della biologia suggerendo la struttura “a triplette” del DNA. Nel 1948, George Gamow espresse una nuova idea sul Big Bang. Se l’universo si era formato con un’esplosione improvvisa e cataclismatica, quell’esplosione doveva aver emanato una quantità di radiazioni ben precisa. Queste radiazioni dovevano essere rilevabili e uniformi in tutto l’universo. Nei due decenni successivi si ebbe la prova empirica dell’ipotesi di Gamow. Nel 1965, due ricercatori Arno Penzias e Robert Wilson s’imbatterono casualmente in una forma di radiazione fino allora inosservata. La cosiddetta "radiazione cosmica fondamentale” era diversa da qualsiasi altra cosa proveniente dall’universo, poiché era straordinariamente uniforme. Questa radiazione era l’eco del Big Bang, che si propagava ancora dai primi momenti della grande esplosione. Gamov aveva indovinato! Grazie alla scoperta, Penzias e Wilson ricevevano il Nobel senza conoscere la teoria che stava alla base della loro scoperta. In occasione della premiazione dei due americani, Gamow né riceveva alcun premio né alcuna menzione.
Ritornando ai neutrini, queste masse piccolissime ci fanno compagnia da ottanta anni ma li conosciamo ancora poco. Gli sforzi compiuti per studiarli sono stati spesso ricompensati da un premio Nobel: Reines (1995 neutrino elettrone), Leon Lederman, Melvin Schwartz e Jack Steinberger (1988, neutrino mu), Koshiba e Davis (2002 neutrini cosmici). Sapremo cogliere i frutti di tale sforzo? Queste inafferrabili particelle elementari sembrerebbero svelare una caratteristica intrinseca incredibile, infatti sarebbero capaci di viaggiare a una velocità superiore a quella della luce nel vuoto di oltre 7 chilometri al secondo. Tale scoperta porterà a un futuro Nobel? Lasciamo che il futuro affermi la Verità, e richiamando il pensiero di Tesla: “Giudichiamo ciascuno secondo la propria opera e i propri obiettivi”.

Ioghà Antonella

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