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Social media e monitoraggio ambientale

 

Alla sede ONU di New York si discute in questi giorni degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, che dal 2015 prenderanno il posto degli Obiettivi del millennio. Ma se le strade da perseguire sono ormai abbastanza chiare (protezione dell’ambiente, accesso universale all’acqua e alle risorse, attenzione alle foreste e così via), meno chiari sono i metodi che saranno utilizzati per monitorare i progressi. Su Nature di questa settimana, Angel Hsu, direttrice del programma per la misura delle performance ambientali dell’Università di Yale, propone, assieme a due colleghi, di utilizzare internet e i social media, coinvolgendo i cittadini. Il potenziale di questi strumenti -  sostengono i tre esperti su Nature - è infatti grandemente sottostimato, a dispetto del fatto che i limiti dei metodi usati attualmente sono invece ormai ben chiari. Questi ultimi dipendono da difficoltà tecniche (raramente si riescono ad avere le informazioni locali e puntuali, necessarie a programmare politiche di sviluppo sul territorio). Ma anche dall’atteggiamento di molti governi, spesso restii a fornire i dati dei monitoraggi, e non di rado critici verso quelli satellitari o che derivano da programmi di ricerca internazionali, specie se questi evidenziano politiche inadeguate.

E allora «coinvolgiamo la società civile» propongono Hsu e colleghi, «infatti, è sempre maggiore il contributo che i singoli danno al monitoraggio ambientale, attraverso i social media, il crowdsourcing e i database opensource come OpenStretMap, una mappa gratuita ed editabile del mondo». E a completare il quadro potrebbero anche contribuire le informazioni detenute dalle Ong e dalle aziende (per esempio, la Coca Cola, che per guadagnare un dollaro ha bisogno di 9 litri d’acqua, ha il più completo database sulle risorse idriche mondiale).
Del resto, i cittadini che vogliono essere coinvolti sono molti e che gli strumenti per aiutarli a farsi parte attiva già esistono, o saranno presto disponibili. Fra questi, Nature cita i sensori da applicare agli smartphone e ai tablet per monitorare la qualità dell’aria, le app che permettono di segnalare emergenze ambientali, gli stessi social network e così via. Esistono inoltre diversi siti creati ad hoc, come World Water Monitoring Challenge (dedicato all'acqua: 250.000 visite da 66 Paesi nel 2012) o PlayingWithData, che sta portando avanti un programma di monitoraggio del plancton marino.

Margherita Fronte (@mafronte)

 

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