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Cervelli in fuga, il problema esiste

Ho qualche perplessità sulle sue conclusioni a cui giunge Pietro Reichlin nel suo articolo Non piangete sui cervelli in fuga. Siamo tutti d'accordo, credo, sul fatto che non ci sarebbe niente di male se ogni anno N1 giovani italiani talentuosi andassero all'estero e N2 giovani stranieri talentuosi venissero in Italia, purché N1 fosse circa uguale ad N2.

Il problema (grave) esiste perché N1 è molto maggiore di N2. Poi, molti studiano le ragioni per cui gli Italiani vanno all'estero. Pochi studiano le ragioni per cui gli stranieri non vengono in Italia.

Eppure ci sarebbe molto da dire, perché, credo, la risposta qualunquista “perché la ricerca in Italia non vale niente" spiega poco e male.

A mio parere, i fattori sono molteplici. Provo a elencarne alcuni, anche se non saprei valutare bene l'ordine di importanza:

  • La lingua. Parliamoci chiaro, la nostra ricerca è meglio di quella Australiana o Neozelandese. Ma il "fringe benefit" di "imparare bene l'inglese" supera di gran lunga quello di "imparare bene l’italiano”. Inoltre spesso l'inglese lo si sa già, mentre l'italiano bisogna impararlo. E la vita è comunque molto più semplice per chi non sa l'olandese in Olanda che per chi non sa l'Italiano in Italia. 
  • La burocrazia e la legislazione italiana sembrano fatti apposta per scoraggiare l'immigrazione qualificata (anzi: ogni tipo di immigrazione tranne forse quella clandestina). Parlo del riconoscimento dei titoli esteri, dei permessi di soggiorno, e di tutti i parafernalia cartacei. Avete mai tentato di avere uno stagista vietnamita per due mesi?
  • In Italia, a parità di "valor medio della ricerca", abbiamo una varianza molto più bassa. Cioè: rispetto (per esempio) agli Stati Uniti (ma anche Inghilterra, Giappone, e tanti altri paesi) abbiamo molte meno “Università disastrate" (e indegne di questo nome) e molti meno "centri di eccellenza". Come un panorama piatto, senza avvallamenti profondi e senza vere montagne. Al talentuoso straniero non importa se ci sono decine di migliaia di College (negli USA) che non valgono granché. Lui cerca di andare a Stanford.
  • In Italia c’è, anche tra gli italiani, una scarsissima mobilità (rispetto ad altri paesi). Anche a livello universitario, la percentuale di autoctoni è molto più alta che altrove. Ne consegue che le strutture (case, alberghi, residence, asili nido, eccetera) necessarie ai "neo-arrivati" scarseggiano e le poche sono molto dispendiose. 

Di sicuro mi sono sfuggiti tanti altri fattori importanti. Ma mi sembra chiaro che ci sono fattori per i quali non si può far molto, ci sono fattori ai quali i rimedi sarebbero comunque molto dispendiosi, ma ci sono anche dei fattori (per esempio la burocrazia asfissiante) ai quali si potrebbe porre rimedio a costo zero. Basterebbe che chi al Governo si occupa di università e ricerca esigesse procedure più snelle per l’importazione di cervelli.

ritratto di Franco Brezzi Franco Brezzi
Matematica, Istituto Universitario di Studi Superiori (IUSS) di Pavia