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23 novembre 2018
a cura di Chiara Sabelli
Nell'immagine: l'astronauta della NASA Robert L. Curbeam, Jr., a sinistra, e l'astronauta dell'ESA Christer Fuglesang, impegnati nella prima delle tre sessioni di attività extraveicolari della missione STS-116 mission. Sullo sfondo sono visibili le due isole principali della Nuova Zelanda: l'Isola del Sud, a sinistra, e l'Isola del Nord, a destra. Credit: NASA / Wikipedia. Licenza: Public Domain.
Il 20 novembre la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha compiuto 20 anni. Si tratta di un'impresa scientifica e tecnologica nata dallo sforzo congiunto di Stati Uniti e Russia negli anni immediatamente successivi alla fine della Guerra Fredda. Dal 2 novembre del 2000 la stazione è stata sempre presidiata dagli esseri umani. A oggi sono salite a bordo 230 persone appartenenti a 18 Paesi. Il primo europeo è stato Umberto Guidoni, che ha partecipato all'installazione di un elemento fondamentale per il futuro accrescimento della Stazione, il braccio robotico canadese Canadarm2. Altra componente importante della Stazione è il laboratorio giapponese Kibo, trasportato in più missioni che si sono concluse nel 2009. Un pezzo d'Italia è poi arrivato nel 2011, con la consegna del modulo abitativo permanente Leonardo. Il futuro della Stazione è incerto: gli Stati Uniti hanno interrotto il programma Space Shuttle che trasportava gli equipaggi dalla Terra alla Stazione e oggi l'unico modo per raggiungerla è a bordo della Soyuz, la navicella russa che decolla dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan. Di sicuro c'è però che a giugno del prossimo anno Luca Parmitano diventerà il primo italiano e il secondo europeo a dirigere la Stazione, durante la missione Beyond. La ricerca condotta dagli astronauti che negli anni si sono succeduti nella ISS riguarda soprattutto il comportamento degli organismi viventi in condizioni di microgravità, dalle singole cellule fino al corpo umano. Nell'immagine: l'astronauta della NASA Robert L. Curbeam, Jr., a sinistra, e l'astronauta dell'ESA Christer Fuglesang, impegnati nella prima delle tre sessioni di attività extraveicolari della missione STS-116. Sullo sfondo sono visibili le due isole principali della Nuova Zelanda: l'Isola del Sud, a sinistra, e l'Isola del Nord, a destra. Credit: NASA / Wikipedia. Licenza: Public Domain.
L'EUROPA DELLA RICERCA
Più fondi per non perdere progetti eccellenti: l'intervista a Jean-Pierre Bourguignon ospite dell'inaugurazione dell'anno accademico alla Bocconi. Secondo il presidente dello European Research Council (ERC) Horizon Europe dovrà prevedere per l'ERC lo stesso livello di finanziamento degli ultimi anni di Horizon 2020. Così facendo sarà possibile ridurre il numero di progetti eccellenti che restano non finanziati per mancanza di fondi. Per quanto riguarda le procedure di valutazione dei progetti finanziati, Bourguignon è convinto che la strada sia quella di un approccio qualitativo, come quello che l'ERC segue ormai da tre anni. Ma occorre fare attenzione al meccanismo di costituzione e monitoraggio delle commissioni di esperti. [Scienza in rete; Chiara Sabelli]

La bozza di accordo sulla Brexit prevede che i ricercatori che lavorano nel Regno Unito avranno accesso ai fondi del programma Horizon 2020 fino alla fine del periodo di transizione. Nel caso di una no-deal Brexit, il Governo britannico si è impegnato a finanziare tutti i progetti risultati vincitori fino al 29 marzo 2019. A partire dal 1 gennaio 2021 la Gran Bretagna diventerebbe un paese terzo senza alcun diritto di accesso a Horizon Europe. In un documento allegato alla bozza sono previsti dei visti per brevi viaggi da tutti i Paesi dell'Unione, che potrebbero essere sfruttati dagli scienziati europei che vanno frequentemente nel Regno Unito per collaborazioni e conferenze. L'accordo impone inoltre l'uscita dall'Euratom, l'organizzazione che coordina i programmi di ricerca sull'energia nucleare, ma non è chiaro cosa accadrebbe per il progetto ITER e per il suo banco di prova Joint European Torus. [Nature; Elizabeth Gibney, Holly Else]

L'idea di introdurre nel prossimo programma quadro per la ricerca dell'Unione Europea un meccanismo di quote che favorisca i Paesi dell'est si scontra con il cattivo funzionamento della ricerca a livello nazionale, come mostra l'esempio della Romania. Inizierà fra poco al Parlamento Europeo la discussione sul budget di Horizon Europe e si ragiona sulla possibilità di favorire progetti che siano il più possibile inclusivi dal punto di vista geografico. In questo modo, sostiene Dan Nica, il parlamentare promotore della misura, si ridurrebbe il divario nell'intensità della ricerca e dell'innovazione dei Paesi dell'est rispetto a quelli del nordovest del continente. Ma la ricerca rumena è penalizzata dalla mancanza di finanziamenti, solo 325 milioni di euro nel 2018 (lo 0,48% del PIL), dalla scarsa trasparenza dei meccanismi di valutazione, da plagi e frodi nel conferimento dei dottorati. In queste condizioni, sostengono i ricercatori rumeni, un aumento dei fondi europei sarebbe del tutto inutile. Occorre prima riformare la politica nazionale della ricerca e dell'innovazione. [Science Business; Florin Zubașcu]

DONNE NELLA SCIENZA
La National Science Foundation (NSF) sospenderà l'erogazione di fondi agli scienziati colpevoli di aver molestato sessualmente studentesse, colleghe, o altre donne dello staff. È quanto ha deciso France Córdova, presidente dell'NSF, un ente che distribuisce ogni anno 5 miliardi di dollari per la ricerca (nel 2017 sono stati 40 000 i ricercatori che ne hanno beneficiato). Questa misura, secondo Córdova, è necessaria per aumentare la presenza delle donne nelle università americane, dove oggi occupano solo il 30% delle posizioni permanenti. Di recente altre scienziate che presiedono grandi fondazioni o prestigiosi laboratori hanno stanziato finanziamenti o borse destinati esclusivamente alle donne. Un rapporto sul tema, presentato a giugno dalle National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine, ha sottolineato infatti che la forma di gran lunga più diffusa di discriminazione contro le donne non è la molestia sessuale, bensì il gender harassment, definito come l'insieme di comportamenti verbali e non verbali che comunicano ostilità, oggettificazione, esclusione o inferiorità. [The New York Times; Amy Harmon]

Le donne rappresentano ancora una minoranza nelle imprese che sviluppano software e raramente depositano un brevetto nell'area delle ICT. Colpa del fatto che poche intraprendono studi di indirizzo scientifico e tecnologico. A stabilire questa connessione è il nuovo rapporto dell'OCSE "Bridging the Digital Gender Divide", che ha rilevato che meno del 9% dei brevetti sono stati assegnati a donne tra il 2010 e il 2015, il 7% se si considera solo l'area delle ICT (Information and Communication Technologies). Inoltre l'OCSE ha constatato che tra il 2012 e il 2017 i software open source in linguaggio R sono stati sviluppati da gruppi di soli uomini in oltre il 75% dei casi. A determinare questo stato di cose sarebbe la scarsa percentuale di ragazze che intraprendono degli studi universitari nelle discipline STEM, frutto a sua volta di un minore interesse già nell'adolescenza. Secondo i test PISA infatti, solo lo 0,5% delle ragazze di 15 anni dichiarano di voler lavorare nell'area delle ICT, contro il 5% dei coetanei maschi. Bisogna dunque partire dall'istruzione e dall'educazione per ridurre il divario di genere in ambito digitale. [Financial Times; Valentina Romei]

È iniziata la revisione comune del libro "Data Feminism", pubblicato in versione preliminare da MIT Press Open. Il libro analizza il ruolo dei dati e della loro visualizzazione nel determinare gli equilibri di potere e le disuguaglianze all'interno delle società. Non si concentra esclusivamente sulla discriminazione contro le donne, ma più in generale utilizza il pensiero femminista come strumento di critica alle strutture di privilegi che esistono nel mondo. Le autrici del libro sono Lauren Klein, professoressa al Georgia Tech, e Catherine D'Ignazio, ricercatrice all'Emerson College di Boston. [MIT Press Open; Catherine D’Ignazio, Lauren Klein]

RICERCA E SOCIETÀ
Crisi di finanziamento per il CNR: i direttori dei 100 istituti chiedono 100 milioni per non bloccare la ricerca. Il fondo di finanziamento ordinario che il Ministero destina al Consiglio Nazionale delle Ricerche servirà al 98,7% per coprire le spese per il personale e il funzionamento delle strutture. Finora i ricercatori del CNR erano riusciti a fare ricerca grazie alla capacità di raccolta di fondi competitivi europei e internazionali, ma quest'anno è diverso a causa dell'aggiornamento, dovuto, dei contratti e della stabilizzazione, altrettanto dovuta, di molti precari di lungo corso. [Scienza in rete; Rino Falcone]

Il CNRS ha reso pubblico il 13 novembre il suo piano per l'integrità e la deontologia scientifica. La presentazione arriva dopo tre anni caratterizzati da diversi scandali di frode scientifica da parte di ricercatori del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS). L'ultimo riguarda la biologa e presidente ad interim del CNRS Anne Peyroche, accusata di aver manipolato i dati in alcune sue pubblicazioni. Il nuovo presidente, Antoine Petit, ha nominato ad agosto un referente all'integrità scientifica che sarà affiancato, secondo quanto previsto dal piano, da un gruppo di cinque esperti. Le segnalazioni di cattiva condotta o di frode potranno essere presentate a questo gruppo, ma non potranno essere anonime. Petit è infatti convinto che il clima generato da piattaforme come PubPeer, che permette di commentare e segnalare errori anonimamente, sia stato estremamente dannoso. [Le Monde; David Larousserie]

La società Genomic Predictions può prevedere quali embrioni hanno un alto rischio di avere un quoziente intellettivo (QI) basso prima dell'impianto. Il test si basa sulla valutazione del cosiddetto polygenic risk score, la probabilità che la configurazione congiunta di una serie di regioni del DNA dia origine a certi tratti complessi, come l'altezza, alcune malattie cardiache, il diabete di tipo 1 e 2 e anche disabilità mentali. La Genomic Predictions promette di non offrire la possibilità di usare il test per selezionare gli embrioni con QI più alto, ma solo per identificare quelli con QI inferiore a 25. Tuttavia è probabile che altre compagnie lo faranno. Si entrerebbe così in un mondo in cui i genitori potrebbero conoscere il livello di intelligenza dei loro figli, almeno la parte influenzata dai geni e non dall'ambiente, e decidere di conseguenza come educarli. Alcuni potrebbero addirittura pensare di selezionare gli embrioni più dotati per il bene della Nazione. [Financial Times; Anjana Ahuja]


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