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newsletter finesettimana #67

finesettimana #78 / 23 luglio 2022
a cura di
Chiara Sabelli


Buon sabato,
questa settimana parliamo di "impazienza finanziaria", ovvero quella tendenza a preferire una somma inferiore di denaro subito a una somma superiore ma corrisposta nel futuro. Questo comportamento era stato testato solo in paesi ricchi e occidentali e in più i ricercatori si erano convinti che essere poveri aumentasse l'impazienza. Secondo questa ipotesi, le persone in peggiori condizioni economiche sarebbero meno affidabili e lungimiranti nel prendere decisioni. Un nuovo studio ha testato questa ipotesi contemporaneamente e in modo confrontabile in 61 paesi del mondo, coinvolgendo oltre 13 000 partecipanti e ha osservato che si tratta di un comportamento globale. In più, ha evidenziato che più che l'essere poveri, sono le condizioni finanziarie ed economiche del paese in cui si vive a influenzare le nostre scelte sul futuro. Ne abbiamo parlato con Monica Benvenuti, ricercatrice dell'Università di Bologna e coautrice della ricerca, ed Enrico Rubaltelli, professore associato di psicologia all'Università di Padova dove dirige il Judgement and Decision Making Lab.
Poi, una selezione di notizie dai giornali internazionali
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L’impazienza finanziaria è un comportamento umano globale

Immagine da PublicDomainPictures.net.

Nel campo dell’economia comportamentale, confrontare ricompense future con ricompense presenti è noto come problema della "scelta intertemporale". I ricercatori concordano che in genere preferiamo una somma di denaro più piccola nell'immediato rispetto a una più grande nel futuro. Saremmo insomma affetti da una sorta di “impazienza finanziaria”. «Gli economisti chiamano questo effetto “sconto temporale”, mentre gli psicologi lo definiscono “bias del presente”», commenta Enrico Rubaltelli, psicologo dell'Università di Padova dove dirige il Judgement and Decision Making Lab.

«Questa propensione dipende dal modo in cui percepiamo le conseguenze emotive delle nostre decisioni», continua Rubaltelli. «Siamo più o meno in grado di ricordare le emozioni provate in seguito a scelte fatte in passato, molto bravi a percepire le conseguenze emotive di una decisione che stiamo per prendere ora, siamo molto scarsi nell'anticipare le emozioni future».

Finora, però, i ricercatori hanno testato questa ipotesi solo nei cosiddetti paesi WEIRD (Western Educated Industrialized Rich and Democratic), cioè paesi occidentali, istruiti, industrializzati, ricchi e democratici. Si è formata poi l’idea che le persone più povere tendano a scontare maggiormente le ricompense future, perché sono più incerte su ciò che accadrà e più bisognose nell’immediato. Insomma, sarebbero meno affidabili e lungimiranti nelle decisioni. Questa idea ha avuto un impatto sulle politiche di governi e istituzioni. Si pensi ai requisiti eccessivi di risparmio per l'accesso ai mutui, alle condizioni di prestito meno favorevoli per chi guadagna poco o alla concentrazione delle imposte sul reddito senza considerare il patrimonio.

Un nuovo studio, pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Nature Human Behaviour e coordinato da Kai Ruggieri della Columbia University, ha scoperto che l’impazienza finanziaria è effettivamente una caratteristica globale del comportamento umano.

Un'indagine condotta su oltre 13 000 partecipanti da 61 paesi, alcuni dei quali in regioni, come Asia e Africa, normalmente escluse da queste analisi, ha rilevato che tutti, anche se con gradi diversi, preferiamo una quantità di denaro minore oggi rispetto a una maggiore tra un anno. I ricercatori hanno infatti osservato che la variabilità di questa impazienza all'interno dei singoli paesi è maggiore di quella tra le medie dei paesi.

Lo studio ha anche rivelato che più che il reddito sono le condizioni economiche e finanziarie del paese, misurate ad esempio attraverso l'inflazione e i livelli di disuguaglianza, a influenzare il modo in cui ragioniamo sul futuro e la nostra tendenza a scontare le ricompense future. Scrivono gli autori che i «risultati mettono in discussione l’assunzione che le persone con redditi bassi prendono decisioni meno lungimiranti. I dati indicano invece che chi si trova ad affrontare un contesto finanziario negativo, anche se ha un reddito migliore (della media, ndr), è probabile che prenda decisioni che privilegiano il presente rispetto al futuro».

«Lo studio affronta la crisi di riproducibilità con cui il campo della psicologia ha dovuto fare i conti negli ultimi decenni», commenta Rubaltelli. «Inoltre, gli autori hanno coinvolto partecipanti più rappresentativi delle popolazioni che volevano studiare, piuttosto che ricorrere a studenti universitari, una pratica comune in psicologia comportamentale, ma che ha dimostrato di avere molti limiti», aggiunge. Continua a leggere su Scienza in rete

 

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