newsletter #71
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Una nuova epidemia di Ebola è
stata dichiarata il 1° agosto nella provincia
orientale del
Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del
Congo (RDC). Solo il 24 luglio le autorità sanitarie
avevano dichiarato chiusa un'altra epidemia di Ebola,
la nona negli ultimi 40 anni, che aveva colpito il
nordovest del Paese all'inizio di maggio, ma era stata
rapidamente controllata anche grazie all'utilizzo di
un vaccino sperimentale. Al 3 settembre i decessi
erano 82 e le persone raggiunte dal
vaccino, somministrato secondo uno schema ad anelli
concentrici, erano oltre
6 000. Resta comunque molto difficile
intervenire nella zona, poiché tutta la
provincia è interessata dal 2004 dal conflitto tra
le milizie ribelli Allied Democratic Forces e
l'esercito della RDC. La popolazione è infatti
molto provata e alcuni
rifiutano di condurre i parenti
malati nei centri di cura, scoraggiati anche
dall'isolamento cui verrebbero sottoposti e
dall'aspetto degli operatori sanitari protetti dalle
tute anti contaminazione. Ma la ONG
ALIMA (The Alliance For International Medical Action)
sta cercando di superare questi ostacoli, offrendo
assistenza ai casi confermati di Ebola in un nuovo tipo di struttura, installato nella
città di Beni. Qui i pazienti vengono ricoverati
in unità individuali di isolamento chiamate
CUBE, che permettono da una parte il contatto visivo con i parenti
e dall'altra agli operatori di lavorare senza indossare le tute speciali. Nell'immagine: il ministro della salute della
Repubblica Democratica del Congo Oly Ilunga Kalenga
insieme agli amministratori locali accolgono una
delegazione ONU a Beni, nella provincia del Nord Kivu,
il 2 agosto 2018. Credit: MONUSCO Photos /
Flickr. Licenza: CC BY-SA 2.0.
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SMETTIAMO DI CREDERE CIECAMENTE NEGLI ALGORITMI
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Nel suo libro "Hello World: Being
Human in the Age of Algorithms",
appena pubblicato nel Regno Unito,
la matematica Hannah Fry affronta il
tema degli algoritmi e di come
limitare i loro
effetti negativi nella
società. In primo luogo
dovremmo smettere di riconoscere
agli algoritmi un'autorità
superiore. In secondo luogo
potremmo programmarli in modo che
sia esplicita l'incertezza che
è contenuta nei loro risultati. I sistemi di
riconoscimento facciale, per
esempio, potrebbero indicare una
serie di possibili identità e
non una sola e lasciare la scelta
finale agli esseri umani. Secondo
Fry il risultato migliore si ottiene
quando gli algoritmi lavorano
insieme alle persone, come accade
nei sistemi che analizzano le
immagini delle mammografie per
individuare possibili formazioni
tumorali. Il software identifica un
sottoinsieme di immagini in cui
sospetta di vedere un cancro e le
sottopone al vaglio del medico.
[The Wall Street Journal; Hannah Fry]
Intanto alla fine di luglio negli
Stati Uniti il senatare Mark Warner
ha presentato una proposta di legge
sulla regolamentazione dei social
media e delle compagnie
tecnologiche. La proposta
rispetta l'approccio che da sempre
la legislazione americana ha avuto
su questi temi: non limitare
l'accesso ai dati. Warner propone
infatti di favorire l'ingresso di
competitor nel mercato dei
dati, permettendo agli utenti
Facebook ad esempio, di consegnare i
loro dati personali ad altre
compagnie del
settore. Sostanzialmente un
tentativo di interrompere il
monopolio delle big tech. Il secondo punto della
proposta riguarda invece gli
algoritmi, in particolare quelli
utilizzati in alcuni settori
sensibili, come il credito, la
salute, le assicurazioni. I Governi,
propone Warner, potrebbero infatti
esigere che i software utilizzati
in questi ambiti siano sottoposti a
procedure di auditing che ne
accertino la qualità e l'equità.
[Bloomberg Opinion; Cathy O'Neil]
Ulteriori rischi connessi all'utilizzo,
sempre più diffuso, di
sistemi di decisione automatizzati
potrebbero derivare
dall'interazione degli algoritmi
tra loro. Un esempio è
quello dell'High Frequency
Trading (HFT),
lo scambio di titoli sul mercato
azionario affidato a software che
operano su scale di tempo molto
piccole cercando di sfruttare la
volatilità dei
prezzi. L'interazione dei software
di HFT appartenenti a vari fondi di
investimento ha causato nel 2010 il
cosiddetto flash crash, un
intervallo di pochi minuti in cui
due importanti indici azionari
statunitensi persero il 9% del loro
valore, riacquistandone gran parte
nell'ora successiva. Secondo il
fisico Neil Johnson, della George Washington University, altri
mini flash crash si
continuano a osservare sul mercato
dal 2014. Situazioni analoghe si
stanno verificano anche su Amazon
nei sistemi che fissano i prezzi dei
prodotti in vendita. Il rischio,
insomma, è di perdere il
controllo dell'insieme degli
algoritmi che utilizziamo e che
collettivamente si comportano come
un organismo multicellulare in evoluzione.
[The Guardian; Andrew Smith]
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GLIFOSATO: DALLA SCIENZA AL TRIBUNALE E RITORNO
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Il processo mediatico era stato celebrato a giugno del 2017 sui giornali di mezzo
mondo. Il primo atto del
processo ufficiale si è
concluso invece lo scorso 10 agosto, quando il giudice Suzanne
Ramos Bolanos della Corte Suprema della California ha condannato
in primo grado l'azienda agrochimica Monsanto al pagamento di 289
milioni di dollari di
risarcimento a Dewayne Johnson, un ex giardiniere di 46 anni
colpito da una forma terminale di linfoma della pelle. La giuria
ha giudicato verosimile il nesso causale fra il glifosato contenuto
nell'erbicida Round Up, commercializzato dall'azienda fin dagli
anni '70, e la malattia di Johnson, a cui restano ormai
pochi mesi di vita.
[The Guardian; Sam Levin]
La sentenza, seppure solo di primo grado,
incoraggia gli oltre 4 000 querelanti sparsi
negli Stati Uniti che hanno fatto causa alla
Monsanto e che attendono di andare a
processo (il prossimo verrà celebrato
all'inizio del 2019 a St.Louis,
Missouri). All'origine di queste cause
c'è anche la monografia pubblicata
nel 2015 dalla International Agency for Research
on Cancer (IARC), che ha dichiarato il glifosato
contenuto nell'erbicida RoundUp probabile
cancerogeno per gli esseri umani. Ed
è proprio su
questa monografia che i legali di Johnson hanno
basato la loro argomentazione insieme,
ovviamente, ai Monsanto Papers, che hanno
usato per dimostrare che l'azienda sapeva da
decenni degli effetti negativi del Round Up per
la salute umana, ma ha taciuto e anzi ha
ingaggiato scienziati che scrivessero studi
favorevoli facendoli apparire indipendenti.
[The Guardian; Carey Gilam]
La Monsanto, da giugno una divisione della
tedesca Bayer che la acquistata per 62,5 miliardi
di dollari, promette di ricorrere in appello
affermando che la sentenza ignora una grande
mole di studi che smentiscono le conclusioni
raggiunte dal gruppo di esperti autori della
monografia IARC. Numerose sono infatti le
critiche mosse al contenuto della monografia e
ai metodi utilizzati da IARC per classificare le
sostanze in categorie di
cancerogenicità. Da una parte viene
criticato il fatto che l'agenzia scelga di non
considerare i livelli di esposizione e dunque di
non indicare soglie di sicurezza al di sotto
delle quali le sostanze possono essere
considerate sicure. Dall'altra vengono chiamati
in causa i pareri di altre autorevoli agenzie
internazionali, come EFSA, ECHA e la stessa OMS,
e i risultati recenti dell'Agricultural Health
Study pubblicati a novembre del 2017. Su questi
elementi si baserà molto probabilmente la
linea degli avvocati di Monsanto nel processo di appello.
[Scienza in rete;
Chiara Sabelli]
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RICERCA E SOCIETÀ
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Questa settimana ha segnato l'inizio del nuovo anno scolastico in
numerose regioni
riaccendendo
così il
dibattito
sull'obbligo
vaccinale: è
uno strumento utile
a risolvere il
problema del calo
delle coperture?
Secondo
l'epidemiologo Vittorio
Demicheli andrebbe
accompagnato da
altri interventi,
che tengano in
considerazioni le
diverse cause del fenomeno. L'obbligo,
imponendo sanzioni,
è efficace
solo per uno dei
determinanti (il
rifiuto ideologico),
ma non si occupa
degli altri due
(difficoltà
di accesso ai
servizi vaccinali e
diffidenza). Prima
del decreto
Lorenzin, che
comunque ha il
merito di stabilire
uno standard comune
a tutto il
territorio
nazionale, la
legislazione
italiana promuoveva
l'adesione
volontaria e
consapevole. Per questa
c'è bisogno del
potenziamento dei
servizi e
di interventi
culturali. In
particolare è
necessario che il
dibattito sulle
vaccinazioni ritrovi
toni pacati e smetta
di essere una guerra
di religione.
[Scienza in rete;
Vittorio Demicheli]
Pubblicati a fine luglio i progetti vincitori di un ERC
Starting Grant, il
finanziamento dello
European Research
Council ai giovani
ricercatori. L'Italia
è seconda, per
nazionalità
dei vincitori, dopo
la Germania, ma
prima nella
classifica dei Paesi
che vedono i loro
scienziati andare
all'estero per
spendere i fondi
ottenuti. Dei 42
ricercatori italiani
premiati, 27 hanno
scelto come host
institution
un'università
o un centro di
ricerca
straniero. Una
situazione che si
ripete uguale a se
stessa da ormai
diversi anni e trova
spiegazione nella
peggiore condizione
dei laboratori e
delle strutture
italiane, ma anche
nelle burocrazie
respingenti. Se
l'Italia registra il
saldo negativo
più elevato,
la Gran Bretagna,
malgrado Brexit,
ottiene il saldo positivo
più alto: 22 i
ricercatori
britannici vincitori
di un grant,
ma 67 i progetti che
verranno svolti nel Regno Unito.
[Scienza in rete; Pietro Greco]
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